MYSTERIUM VITAE
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Dal 1 gennaio ai primi di giugno del 2023 sono stati commessi in Italia 47 femminicidi. Trentanove delle vittime sono state uccise nell’ambito a loro più caro. L’ultima aveva nel suo seno un figlio. Se solo per un attimo potessimo ascoltare il lamento di Demetra e saper penetrare nel grande Mistero che ogni donna racchiude. Se solo potessimo dedicare a queste donne il lamento della Dea e capire, tramite lei , che cosa significhi essere depositaria del Misterium Vitae.
Si potrebbe fare molto di più che ”compilare” un lamento. E’ vero!
Immagino udire rimostranze in proposito.
Ma a ciascuno la sua parte. Provo così a dare il mio piccolo contributo.
. . .
Accostati, figlia ed ascolta ciò che la luna, colei che chiama nella notte, invoca.
Ascolta il Mistero della vita.
La Terra è Madre, vaso ricolmo, perché fa sgorgare vite traendole dalla “propria sostanza”.
La Terra è viva perché fertile
la Terra è Madre
e padrona dei luoghi
e matrice della vita
e custode dell’humus dove riposano morte le forme.
Io, l’augusta Demeter ho nelle mani la melagrana rossa, rossa per il suo rosso sangue dei suoi innumerevoli semi di fertilità. Io rappresento la fase sanguigna uterina quando l’endometrio, si riempie di energia per accogliere l’uovo . Sangue e uovo , rubeido, l’opera al rosso, pura estrema dynamis, potenza del produrre.
Ma quando sangue e uovo non trovano che il vuoto essi, allora, si disperdono. Alla fase rossa subentra l’opera al nero, nigreido, e tu, figlia, divieni Persefone, il sacer mensis, la fase nera uterina che tutto libera.
Rispettando l’eterna legge selenica tu appari, allora, come Kore: l’opera al bianco, albeido, quando lo scorrer via del sangue ti ha purificato. Fosti sprofondata nell’oscurità , nella caverna oscura, nell’Ade, ora sei risorta perché il sangue, nell’Athanor, ha compiuto la sua Transustanziazione e ti ha trasformato nella Dea Bianca dei fiori selvatici, nella cista mystica, nella primavera dei colori, nella tenera peonia, sessualmente non più riferita ad alcun seme maschile, autonoma, non asservita ad altra volontà.
Ora gli iniziati danzano nel telèsterion l’inizio del nuovo ciclo mensile. Odo le loro grida, Evoè.
Noi, tenera Kore–Persefone, siamo ierofanie seleniche solidali al suo ciclo.
il divino uranico-solare potrà continuare ad oltraggiare il Mistero, ridurlo ai suoi voleri, mortificarlo a semplice segno dissolvendolo come simbolo.
Riesci ad udire il tremendo? Il grande proclama del dio uranico-solare: “ventre di donna sei solo deposito (horreum) ove il maschio tracotante si compiace di deporre l’homunculus già in evoluzione perché possa essere solo ospitato e ben custodito”.
Ma , figlia, il Mistero rimarrà intatto, credimi, qualunque significante si vorrà infliggere al significato.
Ricorda ancora e racchiudi con cura nella memoria, l’odorosa di incenso Eleusi attraverso cui i nostri nomi si originano, è solo lieve sussurro di una storia eterna che respira nel tempo e nello spazio, attraverso gli innumerevoli miti, le saghe perpetue, i riti ancestrali che l’umanità ha generato nella sacra tonalità della Grande Madre, daimon dai molti nomi.
Ora sono Demeter, ma Ecate potrei
e Iside e Maria…
. . .
Il Dio uranico-solare è sempre presente minaccioso. Lo è nelle religioni. Lo è nella non-religione. Lo è nel laicismo. Lo è nell’opinione che il Mistero sia semplice consueta banalità, organo, fermentazione chimica e non, invece, “Vaso alchemico” dove rampolla luminoso il miracolo della Vita.
Ma, non è così nel pensiero che pensa.
Non lo è nel pensiero mistico, nella teologia del femminile che Demetra ha ora cantato.
Infinite ierogamie, infinite Potnie hanno generato dei.
In quel templum, in quello spazio sacro, dove ha origine il Mistero, fu concepito, un giorno, un dio per partenogenesi.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Colgo un passaggio dal tuo intenso contributo…”Non è così nel pensiero che pensa”…Appunto, in molti casi il nostro tempo psicopatico ha rinunciato a pensare, l’anestesia del pathos è forse alla fonte di questo è di altri orrori, come se la loro moltiplicazione avesse creato abitudine e, più o meno confessata, l’assenza di stupore.
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