La signora delle rose.
dii SILVIO MORETTI ♦
La guardo spesso quando passo sotto le sue finestre per andare al lavoro. È una vecchina che sta sul balcone della sua casa, al primo piano di un palazzo signorile del centro.
Non la conosco ma la vedo da tanto tempo e pur non conoscendoci certe volte i nostri occhi si salutano.
Spesso sta lì seduta a guardar passare la gente. Non so nulla di lei, se vive sola o con qualcuno.
Chissà quante cose avrebbe da raccontare della sua vita? Cosa avrà fatto quando era più giovane, se è stata sposata.? Se ha dei figli?
Talvolta l’ho sentita parlare e confesso che, credendo di non essere scorto, ho indugiato per ascoltare cosa dicesse.
In un primo momento ho pensato che fosse il segno di una forma di demenza senile.
Poi ho capito: parlava ai suoi fiori o meglio con i suoi fiori. Perché, anche se loro non rispondevano, sembrava un colloquio, fatto di domande, di piccoli rimproveri, come se quelle piante potessero ascoltarla.
E forse l’ascoltavano veramente.
Sono bellissime rose che si arrampicano su una grata di legno sulla parete del terrazzo e surfinie o petunie che sporgono dai vasi oltre la ringhiera del balcone.
Vergognandomi un po’ per il mio errore e per averla spiata, continuavo comunque a guardarla muoversi così allegra in quel suo piccolo Eden, incurante di tutto il resto.
“È incredibile” ho pensato “come certe volte si riesca a stabilire una sorta di corrispondenza di sensi tra persone che neppure si conoscono e che non si sono mai parlate. Più di quanto avvenga talvolta tra individui con i quali ci si frequenta quotidianamente”.
Nei giorni successivi a quell’evento non l’ho più vista affacciata o intenta a dare l’acqua ai suoi fiori, come era solita fare.
In un primo momento ho voluto pensare alla non coincidenza tra il mio orario di passaggio sotto le sue finestre e le sue abitudini. E pur pensando alla metodicità con cui gli anziani scandiscono le loro giornate (le medicine, il pranzo, la televisione, la cena, la visita di qualche parente), spesso sempre uguali ma in fondo diverse, sono stato tuttavia assalito da un senso di sgomento. Per non averle neppure una volta rivolto un saluto.
Poi dopo qualche giorno, una mattina mentre ero preso dai pensieri del lavoro che avrei dovuto affrontare nella giornata, ho sentito una voce dall’alto che diceva. “Buongiorno, ha visto che belle rose” indicandomi i suoi bellissimi fiori. “Ho visto come le guardava, sa! ” ha proseguito.
“Sono bellissime” ho detto.
“Non faccia caso se ci parlo, non sono una vecchia rimbambita. Ah, loro mi ascoltano, sa, hanno un’anima, sicuro!”
Sorpreso e confuso ho ricambiato il saluto, accompagnato da un semplice gesto della mano ma confortato dalla sua presenza e di averla rivista.
Si sentiva un vento leggero ed un profumo di maggio che non ho più dimenticato.
SILVIO MORETTI

Quando un giorno tornerai a passare sotto la finestra avrai nostalgia di non vederla più al balcone.
Ma, come avrai già intuito lei sarà solo trasformata in rosa.
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Rosa, ae, rosa di maggio, memoria, ae ❤️
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Si sente il profumo di borotalco mischiato al profumo delle rose
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Che meraviglia il tuo racconto, leggero come il profumo delle rose…Mi hai fatto tornare alla mente una poesia imparata a memoria alle Elementari, “Gioia perfetta” di Diego Valeri
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