Sii queer!
di VALENTINA DI GENNARO ♦
In una delle più famose interviste ad Enrico Berlinguer, quella rilasciata durante il mitico programma televisivo Mixer di Minoli nel 1983, alla domanda su quale fosse la propria qualità a cui il segretario del PCI fosse più affezionato, la risposta fu: “il fatto di essere rimasto fedele agli ideali della mia gioventù.”
Quali erano gli ideali della gioventù: quella incapacità di dividere passione politica, civile e vita privata. Quella smania di vivere partecipando, essendo strumento, servizio. Quella impossibilità di rimarcare il confine tra famiglia d’origine, di sangue e famiglia d’elezione, civile, politica.
Io che ho vissuto le ultime vestigia del Novecento in un partito che, nonostante la sua grande capacità di innovazione in fatto di tempi, di punti di vista e di visione, non tradiva una certa nostalgia della formazione dei grandi partiti di massa del secolo scorso, ho conosciute le famiglie allargate delle campagne elettorali, delle manifestazioni e del vivere quotidiani di partito, in cui si creavano solidi legami di appartenenza reciproci: in cui si era sempre figlio o figlia di qualcuno, il più delle volte fratelli e sorelle, altri mariti e mogli di militanza. Ma non ci si chiamava certo così, si sapeva già allora che le categorie familiari tradizionali non sarebbero bastate.
Michela Murgia, nell’intervista in cui ha raccontato la diagnosi che non lascia scampo, la storia di cui si conosce già la fine, e lo fa da donna single, senza figli biologici, ancora per poco nubile, racconta di avere quella che le chiama una famiglia queer.
Una famiglia divergente, colorata, che sovverte l’istituzione così come siamo abituati a conoscere. E ha inserito questa parola in una cornice di normalizzazione. In molti, da quel momento, la stanno usando parlando di sé stessi e delle loro vite. Ormai tolta dal tavolo della conversazione su cosa sia queer, la categoria della sessualità. Sgombrato il campo da qualsiasi riferimento a rapporti che si fondino per forza sul sesso.
Perché non bisogna avere paura di usare parole nuove, in questo splendido lavoro e leggiadra fatica di quando si parla e si scrive cercando di trovare la parola più giusta per descrivere, per far capire, tra milioni di parole, quella che ha il sapore giusto, l’odore giusto. Anche se inglese, anche se straniera, perché arriva dritto al punto e definisce senza costringere.
Perché alla fine, coltivare e gestire meravigliose famiglie queer significa continuare ad essere fedeli agli ideali della propria gioventù, quando si passava tutto il tempo a disposizione insieme, si mangiava, si parlava di quel che ci si muoveva dentro, cercando anche lì di trovare sempre le parole più giuste, davanti ai cinema, ai teatri, alle discoteche, alle riunioni di partito, nello sport, nell’associazionismo, tra i banchi di scuola. Essere queer è non dimenticare quel sentimento di apertura verso l’altro, che non sapevamo chiamare solo amico, era qualcosa di più. Era per dirlo come Rossana Rossanda: “un tranquillo deposito di sé.”
Chi è riuscito a rimanere queer e anche adulto ha condiviso le responsabilità di figli non biologici, genitorialità, case, affitti e passioni.
Siate anche voi fedeli agli ideali della gioventù, rimanete queer!
VALENTINA DI GENNARO

Rispetto chi si sente Queer. Trasversale, libero.
Ma vorrei lo stesso rispetto per coloro che invece Queer non si sentono, e che hanno vissuto la loro vita (e tuttora la portano avanti), con le “regole” e le “convinzioni” che hanno permesso alla nostra specie, di tirare avanti migliaia di anni.
Sarò boomer.
Ma forse è meglio pet tutti sentirsi un pó di più …. “boomerang”.
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Quando nella società era diffusa la povertà le famiglie superavano i confini del “sangue”. Le famiglie con tanti figli e pochi o pochissimi soldi venivano soccorso da chi aveva un tozzo di pane in più che crescevano i loro bambini, li accoglievano nelle loro case. Diventavano figli loro. Erano famiglie queer?
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Da ragazzi siamo tutti un poco queer, poi crescendo le cose cambiano per quasi tutti; ritrovare o mantenere quello spirito queer è cosa che appartiene a pochi
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Mi spiace ma non comprendo il post in risposta. Limite personale evidentemente 😃
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Valentina, io sono per l’amore universale che non ha bisogno di etichette. Se poi vogliamo parlare del PCI e di Pier Paolo Pasolini, eretico di sinistra, è un altro conto, un’altra “narrazione”.
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