MATER AMABILIS

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Il sonno non si impietosisce del mio tormento.
Perché vengono a galla ciò che l’oblio aveva opportunamente protetto?
Dovrei essere felice. La folla del mio antico Paesino mi ha accolta festosa. Il canto. Verdi!
Quei versi scritti per me. “S’inchini il mondo intero, come si inchina il Tevere”. Mio Dio! Il genio che viene da Parigi e torna nella città che accolse il primo vagito. Questa gente per la sua semplicità esagera: ogni cor giulivo intorno…..Però sono stato bene. Il mio caro Cialdi, persona squisita… Forse sono i polpetti, la frittura, i calamaretti che s’agitano nello stomaco. Il sonno mi dimentica.
Ma che cosa mi turba?
La piazza, l’angolo della palazzina, la prima strada. Ecco il mio turbamento. D’un tratto ho rivisto il ragazzo che correva attorno alle aiole, agli alberi esotici, al grande fontanile. La salita, la chiesa tenebrosa. Quel ragazzo correva, giocava con gli amici, eppure una tristezza lo ammantava.
Dove era lei? Mamma dove eri allora? Dove sei ora?
Forse ti ho sempre vista nel volto di mille donne. Forse ti ho ritratta. Forse era lì, in quell’angolo della piazza. Il fritto mi angustia, non prenderò mai sonno.
Il presente è sempre contaminato dal passato. Il passato non può mai passare. Non dovevo venire qui, dovevo restare a Roma. Ma Cialdi…
Il tempo è come un gomitolo. Il passato non sta alle spalle ma si riannoda tante volte intorno al presente. Il fritto! Ecco sento il suo odore acre, forte. La signora Maria. Sto camminando con lo zio nella piazzetta e sento l’odore. Vorrei entrare. La signora sulla porta mi fa cenno. Lo zio non vuole. Lei viene incontro e mi offre…certo, mi offre il polpetto croccante. Che sapore immenso! Lo stesso sapore di ieri.
Perché sono andato lì? Potevo farne a meno. Non dovevo. Non dovevo tornare nei luoghi tristi, nei luoghi dello smarrimento.
Dov’è lei? In quale angolo si nasconde? Perché non posso vederla? Eppure è qui il suo spirito, nella sua città….
Forse non mi ha mai abbandonato. Forse non è qui, in questo luogo, ma dentro di me. Questo luogo l’ha solo richiamata dal profondo del mio animo. Il tempo è un gomitolo che tutto si riannoda e tutto contamina. Il presente ha sempre l’ombra del passato. Forse tutta mia esistenza, la mia vita a Parigi, i miei amici, le mie opere, forse tutto ciò che ho vissuto era un vivere il mio passato. Il mio passato si è mescolato sempre in ogni mio atto.
Era dentro di me quando feci la mia prima incisione, la Mater Misericordiae. Aveva in braccio il bambino. Quel bambino avrei voluto essere io. Era lei quando incisi da Ingres quella madonna così bella.
C’e’una magia nella incisione che un lapis, un pennello non potrà mai rendere. Nero, chiaro mezza tinta, combinazione di tagli e punte per far sentire che un drappo e’ di seta o di velo o di velluto. L’ingrata arte che consiste nel far dire ad ogni cosa: io sono di marmo, io sono lana, io sono acqua …Eppoi s’ha da parlare sì ma a bassa voce acciò non disturbi la maestà della forma impressa dal maestro cui ci si riferisce….Ma quel volto, no! Ero io, solo io il creatore, io a darle spirito. Io che contemplando l’originale. Io che lo animavo, gli davo un senso.
Madre,
che non ti ho mai visto,
madre che ti ho solo sfiorato,
madre che ti ho tanto cercato,
inconsapevolmente attraverso i miei gesti, i miei ardori, le miei mani operose, i miei occhi sensibili.
Ma forse eri te che cercavi me.
Ed ora mi scuoti, perché io rammenti ciò che è sepolto in un abisso.
Ora avverto chiaramente tutta la tremenda angoscia di quel tempo, la solitudine, l’esser diverso, l’abbandono, il gelo di una mano certo caritatevole ma priva del calore materno.
Cinquantasette!
Tanti sono gli anni che sono passati da quando ho lasciato questo posto. Domani sarò a Roma. Sarò lontano da tutto questo. Sarò veramente lontano.
No! Forse sto mentendo a me stesso. Non potrò mai sentirmi lontano….

A Rosalba Dinoia e Maria Grazia Verzani attraverso le quali Calamatta si è manifestato in tutta la sua umanità.

CARLO ALBERTO FALZETTI