“AGORA’ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – NICOLA PIETRANGELI

di STEFANO CERVARELLI

Se ne è andato anche il secondo famoso italiano di Tunisi.

Dopo Claudia Cardinale infatti ci ha lasciato recentemente anche Nicola Pietrangeli, un vecchio ragazzo, un simbolo dell’Italia del novecento, come ampiamente dimostrato dalla valanga di pagine  dei quotidiani che riportano storie, ricordi testimonianze di ogni tipo levatesi da ogni parte della società.

Riprova questa di quanto il personaggio, nella sua trasparenza, al limite quasi dell’arroganza e con il suo stile di vita, tendente alla sdrammatizzazione, era entrato nell’affetto e nella storia dell’Italia.

Nicola era arrivato a Roma da emigrante; la sua vicinanza al tennis avvenne in un campo di concentramento dove suo padre era prigioniero; lì, a soli 10 anni, giocò la sua prima partita proprio in doppio con suo padre, vinsero e per premio – come ricordava Pietrangeli – ricevettero un pettine fatto con le schegge di bombe.

A Roma, da ragazzo, abitava nei pressi di piazza di Spagna, era soprannominato ER FRANCIA perché non capiva una parola d’italiano e parlava solo francese e russo, lingua questa appresa dalla madre, una contessa “bianca” bolscevica.

Nicola se la cavava bene anche con il pallone; per tre anni giocò, nel ruolo di centravanti, nelle giovanili della Lazio, era in procinto di passare in prestito alla Viterbese ma fu proprio allora che, tra calcio e tennis scelse il tennis, asserendo che in quello sport si viaggiava di più: mai scelta fu più oculata!

Fu il primo italiano a vincere due slam: il Roland Garros, nel 1959 e nel 1960; perse una semifinale a Wimbledon al quinto set contro Rod Laver; conquistò due volte gli internazionali d’Italia.

In coppa Davis, da giocatore, portò due volte la nostra nazione in finale, nel ’60 e nel ’61. Perdemmo contro l’Australia di Emerson, Fraser e Lover a casa loro.

Rimarcare la bravura di Nicola, sarebbe offendere la vostra intelligenza, dirò solo che nel rovescio e nel passante aveva due colpi veramente eccellenti; Nicola non era né magro, nè snello ma possedeva una forma atletica invidiabile: non ha mai perso un match per stanchezza!

Ma per il momento vorrei lasciare il Pietrangeli tennista per parlare del Pietrangeli uomo.

Nicola era cosmopolita, ironico, qualità che, unite alla sua eleganza, lo rendevano quasi “ingombrante”, diventando ben presto la “racchetta” della dolce vita romana.

Di se stesso diceva: “Da vigliacco ho sempre cercato Dio nel momento del bisogno. Confesso che l’ho pregato di farmi vincere, ma anche di far commettere un doppio fallo all’avversario”.

Con i sui capelli banchi, il viso abbronzato, gli occhiali da sole posti a riparo dei suoi occhi azzurri, Nicola era personaggio di un’altra epoca: “Ai miei tempi – raccontava – con il Tennis ci si divertiva, venivamo ospitati nei migliori alberghi del mondo, ma i soldi erano pochissimi e la fame tanta. Andavo avanti a panini e Coca-cola offerti dall’amico barman Renato dell’Hotel Posta di Cortina”. Pietrangeli poi era solito frequentare le osterie di Trastevere insieme a Tiriac, Nastase e Manolo Santana. Apro una parentesi: mi piacerebbe, se fosse possibile, attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, vedere una simulazione di un incontro tra Sinner e uno di questi “mostri sacri”.

Riprendiamo la nostra chiacchierata. Qui devo dire che alla compagnia di campioni in giro per Trastevere spesso si univa la prima campionessa del  nostro tennis femminile, la capostipite di una scuola che poi negli anni ci avrebbe dato grandissime soddisfazioni. Lea Pericoli era amica di Nicola e sua compagna nel doppio misto. Alcune voci, per la verità non poche, sostenevano che Lea non fosse sua compagna solo sui campi da Tennis.

“Ci giocavamo la colazione a carte – raccontava la Pericoli – Ramino e scala quaranta, una notte ci ritrovammo con Nicola per uno strip poker, lui ritornò in camera con un asciugamano intorno alla vita”.

Le cronache sportive del tempo raccontano che insieme i due avrebbero potuto vincere di più ma la Pericoli, si rifiutò di continuare a giocare in doppio con Nicola perché: “Lui era troppo galante con le avversarie” e come si fa a non ripensare a … quelle voci?

Pietrangeli si sposò nel 1960 con l’indossatrice Susanna Artero dalla quale ebbe tre figli, Marco, Filippo e Giorgio (morto a luglio a soli 59 anni).

Nicola – e non poteva essere altrimenti, considerando i personaggi – era molto amico di Marcello Mastroianni, di lui il tennista disse: “Ci univa il comune senso della pigrizia. Per questo ho fatto sempre la metà della metà di ciò che potevo fare”.

Di Nicola Pietrangeli, i media, o perlomeno la maggior parte di questi, ne hanno sempre voluto fare un ritratto d’uomo nostalgico, che viveva nel passato, che frequentava re e principesse, tipo una vecchia Hollywod sul viale del tramonto.

Veniva rappresentato come un vecchio narcisista, chiuso nei suoi ricordi e geloso dei suoi eredi moderni.

Chi lo conosceva bene sostiene che questo non era vero: il presente gli piaceva (e come poteva non essere per uno amante della vita come lui) non faceva confronti, voleva solo uguale rispetto per la sua epoca.

Era ammiratore di Federer, rispettava Nadal e Djokovic. Ricordava che quando vinse a Parigi come monte-premio gli dettero 93 mila lire, lui a Roma pagava 55 mila di affitto. “Mi avevano pagato due mensilità” ricordava ridendo.

Pietrangeli fu protagonista di un episodio che oggi sembrerebbe tratto dal libro “Cuore” e  non so quanti campioni sarebbero capaci oggi di farlo.

L’americano Jack Kramer gli aveva offerto un importante contratto (tra l’altro in dollari) passare tra i professionisti e lui accettò.

Era l’anno delle Olimpiadi romane. Nicola andò alla cerimonia inaugurale, si commosse a vedere la bellezza di quella cerimonia: gli atleti sfilare nelle loro colorate divise, le bandiere sventolare al sole di Roma, la fiaccola olimpica portata da un giovanissimo civitavecchiese; insomma finì che si commosse e stracciò il contratto, preferendo rimanere tra i dilettanti e giocare con la nazionale la coppa Davis.

E questo accenno alla Davis ci porta all’ultimo “capitolo” di questo breve ricordo di Nicola Pietrangeli.

Nel 1976, da capitano non giocatore, ebbe un duro scontro con la politica, o perlomeno buona parte di essa. L’Italia doveva recarsi in Cile, dove vigeva la dittatura di Pinochet, per giocare contro la nazionale di quel paese la finale della Davis. Buona parte della politica, specialmente quella di sinistra e diversa stampa erano contrari a che si andasse mentre una parte più moderata sosteneva il contrario. Nelle piazze si gridava “non si giocano volèe con il boia Pinochet”.

Ma diamo la parola a Pietrangeli: “Prevalse il buon senso e andammo, e alla fine fu un bene, perché la nostra vittoria “pesò” sull’opinione pubblica mondiale molto più dell’astensione.

Nonostante il successo però al ritorno ci accolsero all’aeroporto coprendoci di insulti: dovemmo scappare come ladri da un’uscita secondaria”. Sulla vittoria disse: “In campo ci vanno i giocatori, ma mi prendo il merito e non lo divido con nessuno di averli portati a Santiago”.

Certamente Pietrangeli era un protagonista, un POWER TO THEPLAYERS ma non l’avrebbe mai detto, per questo Panatta e compagni rifiutarono la sua riconferma.

Ma di fatto Nicola e Gianni Clerici sono gli unici italiani nell’International Hall of Fame del tennis  e il campo del foro italico, inaugurato nel 2006, porta il suo nome.

I mass-media negli ultimi tempi hanno voluto “aizzarlo” contro Janik Sinner, lui si limitò a dire: “Sinner in Davis non batterà mai il mio record di 164 match giocati e 120 vinti”. Però disse pure che nessun italiano, a 18 anni, è mai staro forte come Sinner.

Nicola Pietrangeli nella biografia scritta con Paolo Rossi “SE PIOVE RIMANDIAMO” alludeva al suo funerale.

Era così: irriverente? arrogante? Forse perché una delle sue qualità era la trasparenza e questo non lo rendeva tanto simpatico. Però era un uomo buono  al quale piaceva molto scherzare, per qualcuno al limite dell’irriverenza, ma di certo amato dalla gente. Ne è la prova la grande esplosione di affetto, oltre che degli addetti ai lavori, anche della gente comune pervenuta al suo funerale tenutosi al Foro Italico sul campo che porta il suo nome.

Sicuramente avrà detto: “Aho! Che sono quelle facce! Io quassù ho trovato nuovi avversari per giocare: ammazza quanto sono forti! Volano da una parte all’altra del campo, chi sono? Dicono di chiamarsi angeli! Ciao a tutti, non scordatemi!”.

STEFANO CERVARELLI