“AGORA’ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – GHIACCIO ALL’EQUATORE.
di STEFANO CERVARELLI ♦
Non c’è niente da fare, lo sport, con le sue innumerevoli discipline, arriva in ogni angolo del pianeta.
Ne volete una prova?
Se vi capita di andare a Nairobi scendete al Panari hotel che si trova lungo la strada che conduce dalla capitale all’aeroporto; salite al secondo piano dove c’è il ristorante, proprio di fronte troverete una piccola pista per il pattinaggio su ghiaccio: qui si allena il Kenya Ice Lions la sola squadra di hockey su ghiaccio dell’Africa equatoriale.
Qui, mentre mangiate, vi capiterà di sentire riecheggiare il rumore sordo delle mazze, quello dei corpi dei giocatori che, non potendo frenare la loro corsa, finiscono contro le tavole che delimitano il campo; se sarete fortunati potrete anche assistere a qualche partita amichevole giocata sopra una pista grande quanto un quarto di quella regolamentare.
Come saprete, in Kenya esiste una notevole disparità tra ricchi e poveri, a Nairobi l’hockey su ghiaccio sta provando a colmare il divario, se non altro in parte.
Infatti la squadra è composta da “persone di umili origini e persone che vengono da contesti internazionali” racconta il capitano trentenne dei Lions, Benjamin Mburu che lavora come architetto e direttore di cantieri.
I giocatori sono per la maggior parte studenti e disoccupati, lo sport per qualcuno di loro ha rappresentato veramente un’ancora di salvataggio, come Chumbana Likiza Muhusini, di anni 21 e cresciuto i uno Slum.
Niente di tutto ciò conta sul ghiaccio, qui non ci sono differenze “a nessuno interessa il passato degli altri” dice Mburu.
Lo scorso anno il Kenya è diventata la quinta nazione africana e la seconda nazione subsahariana a entrare nella International Ice Hockey Federation (IIFH) l’ente professionale mondiale di questo sport. Sono stati necessari dieci anni prima che i Lions riuscissero a ottenere l’agognato riconoscimento.
La squadra, ufficiosamente, è nata nel 2016. Alcuni giovani kenyoti che lavoravano alla pista come istruttori di pattinaggio, si stancarono di vedere sempre ex pat occidentali giocare a hockey e quindi presero la decisione di provarci loro stessi.
Iniziarono con il reclutare altri giocatori prendendoli dalla comunità di pattinatori a rotelle di Nairobi; cercarono maglie e attrezzature girando nei mercati dell’usato della città e indossando un miscuglio di accessori che venivano loro regalati.
“Faceva un freddo micidiale e non riuscivo a controllare i miei pattini” racconta Mbaru “Da africano il mio contatto più ravvicinato con l’hockey su ghiaccio erano i film di Natale in TV”.
Comunque non è occorso molto tempo prima che iniziasse a girare la bella e originale storia di questa squadra di hockey all’equatore.
Nel 2018 una multinazionale cinese, precisamente l’ADIBABA, venuta a conoscenza dell’esitenza di questa squadra attraverso Facebook, ha invitato alcuni giocatori in Sudafrica per registrare uno spot televisivo il cui slogan era: “Hockey su ghiaccio in Kenya? Nessun sogno è troppo grande”. Indubbiamente la pubblicità scaturita ha contribuito in maniera notevole a far conoscere la rappresentativa kenyiota, ma gli Ice Lions non avevano ancora una squadra contro cui giocare.
La situazione restò tale fino a quando, nello stesso anno, una catena di ristoranti canadese, Tim Hortons, invitò i giocatori ad allenarsi in Canada; per l’occasione venne girato un documentario che li mostrava mentre ricevevano set di attrezzature complete e maglie del Kenya. Incontrarono vecchie leggende del loro spot e giocarono una partita contro una squadra canadese. Finalmente su una pista regolare.
I Lions rientrarono in Kenya ancora più determinati a realizzare il progetto desiderato: creare una comunità di hockey su ghiaccio nel loro paese e, come se questo non bastasse, la ex atleta professionista, Saroya Tinker, sta ora lavorando per aiutare gli Ice Lions a creare una squadra femminile di hockey su ghiaccio.
Si è anche dato il via a un campus giovanile, aperto un giorno a settimana, il sabato, con l’intento di avvicinare i giovani all’hockey nella speranza, successiva, di creare campioni per il futuro; al campus, dalle ultime notizie, hanno aderito settanta ragazzi.
La squadra maggiore è allenata dal coach canadese Tim Colby che prima di trasferirsi in Kenya per dieci anni ha allenato squadre nei campionati minori di Ottawa
Colby dice “Com’è facile immaginare la principale difficoltà per la squadra è il costo della pista di ghiaccio a Nairobi: a 100 dollari americani all’ora è troppo cara, inoltre è troppo piccola” a questo bisogna poi aggiungere che, sia i giocatori sia i componenti dello staff sono volontari e non certo è facile mandare avanti, a tempo pieno, la squadra di uno sport professionistico solo su base volontaria.
Ma nonostante le difficoltà e gli ostacoli che si presenteranno sul loro cammino gli Ice Lions sperano di poter partecipare al primo African Nations Cupin assoluto, che dovrebbe svolgersi il prossimo giugno a Città del Capo in Sudafrica.
Ma facendo loro lo slogan “Nessun sogno è troppo grande” i ragazzi kenyoti intendono farsi strada nelle divisioni del campionato mondiale con l’obiettivo finale di qualificarsi per le Olimpiadi invernali. “Nulla è impossibile” afferma Beniamin Mburu.
STEFANO CERVARELLI

Grazie Stefano, come sempre. Ma non posso non esprimere lo sconcerto di un’iniziativa lodevole per molto versi ma del tutto avulsa dall’ambiente e non esportabile in contesti quotidiani (scuole di hockey si ghiaccio nelle baraccopoli?!). Inoltre, la questione dei costi, in un Paese che soffre tanto la povertà…
Michele Cap
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