L’AVVENIRE DI UNA ILLUSIONE.

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

Da tempo l’Occidente gettando lo sguardo sul proprio mondo pensa che non sia più possibile vivere così come oggi si vive.

Ed una melanconia sociale avvolge l’esistenza.

Ed un senso di colpa originario comincia ad insinuarsi tra la gente.

 Stanchezza della democrazia; dispendio; carneficine; disuguaglianze insopportabili; crisi climatiche incontrollabili; futilità; inquietudine; insicurezza; antichi valori  trasformati in disvalori; pura gestione di interessi economici e tanto altro di simile.

E’ possibile una vita sociale diversa da quella dominante nella nostra Europa?

La Vetusta Signora satura di scienza, tecnologia, filosofia, letteratura avverte che l’incantesimo del dominio culturale è perso dopo millenni di trionfi.

La Storia ci consegna un insegnamento che sovente si è fatto regola per governanti: alla base di ogni dominio c’è sempre una “idea del mondo”. Non vale solo il potenziale economico, militare vale l’idea che fonda l’azione con i suoi miti, simboli, liturgie, riti.

Vale la visione dell’avvenire.

Vale la grammatica attraverso la quale creare il linguaggio del potere.

 Chi sono, oggi in Occidente, i pensatori che costruiscono tale linguaggio? Quale è l’identità dell’Occidente? Quale la visione?

Se si  vince solo riuscendo a darsi una identità propria con un linguaggio culturale appropriato, l’Occidente sembra allora destinato ad un ruolo secondario.

La Cina ha vinto è un recente testo di Alessandro Aresu. L’ascesa di questa grande comunità non sembra più qualcosa che si svolge all’interno delle regole di un sistema altrui, quello capitalistico occidentale, ma qualcosa che prospera attraverso una civilizzazione sua propria.

Ma la vera beffa è quella per cui se l’Occidente ha smarrito il suo patrimonio, i suoi grandi pensatori sono declinati secondo la sintassi di altri. E la Cina ne è ora la casa accogliente.

Un indizio può chiarire meglio. Wang Huning potrebbe essere evocato quale emblema di tutto questo. Filosofo ispiratore del potere cinese da decenni. “ Molti sono chiamati a scrivere di filosofia, pochi gli eletti che portano il peso di scrivere con la penna del potere, nella carne degli uomini. Platone ha inseguito il tiranno di Siracusa. Il segretario fiorentino, sconfitto, si è rifugiato nei classici. Il commentatore di Hegel, Kojeve, ha spedito le sue opere a Stalin senza successo. L’alchimista Kissinger ha trasformato la politica nella cosa più fatua, il denaro. Solo uno è destinato a rimanere in piedi “( Aresu). E Wang sembra essere proprio l’erede del pensiero che un tempo abitò la casa europea. Il filosofo che ha quella possibilità preclusa a tanti predecessori: influenzare il potere contaminandolo con il sapere. Non con l’utile immediato, non con il futile, non senza la visione oltre il mero presente.

Una commistione di autoritarismo e di capitalismo. L’autoritarismo serve alla compattezza e stabilità. Il capitalismo è “sopportato” perché porta in dote il dinamismo necessario. Ed il grande collante di tutto ciò è una sorta di “burocrazia celeste” di antica impronta confuciana dove “scrivere la vita minuziosamente per il popolo è meglio che viverla”.

Nulla di tutto questo avviene in Russia. La grande idea della “Terza Roma”, di quel ruolo destinato a “trattenere l’Anticristo occidentale” (katéchon) si è dissipata trasformandosi in un isolamento che si alimenta con la guerra come criterio di identità. Aleksander Dugin ha fallito la sua missione escatologica di salvatore della cultura slava dalla peste occidentale.

Negli USA si assiste al venir meno del ruolo egemonico e tutto sembra risolversi in calcolo per  interesse economico. Manca anche qui un racconto identitario.

E’ dunque la Cina l’avvenire?

Non potrà mai essere, se non imposto con la forza! Ma non è questo che più ci interessa.

Il  punto che voglio far rilevare è altro. Siamo noi europei al centro del problema. 

Quello sguardo sul mondo che l’Occidente sta facendo per ora è solo e soltanto attesa, speranza verso una possibilità che sembra fino ad ora remota. Ma è questa speranza illusoria?

Ecco il vero punto focale: l’avvenire di questa illusione. E non per pochi la risposta cinica sembra essere una sola: le illusioni non hanno avvenire!

Ma veramente è solo una grande illusione quella di sperare ancora, non certo in una egemonia economica, ma in un riavviarsi della identità propria, nel far rivivere la pianta dalle antiche grandi radici? Grecia, Roma, il Medioevo, l’Umanesimo- Rinascimento, l’Illuminismo, la rivoluzione scientifica, la filosofia e letteratura ottocentesca, il Novecento della fisica, della chimica, della logica e dei fondamenti delle scienze: tutto questo è stata  l’Europa nonostante le sue drammatiche contese! L’Europa ha partorito la ragione, il pensiero pensante. Ora siamo immersi in un epoca di pensiero calcolante, siamo nel momento della frenetica energia poietica, del dominio assoluto del tecnologico che rende in servizi, prodotti ed esperienze l’immenso sapere accumulato nella grande stagione dell’ Ottocento- Novecento europeo. L’epoca del fare è ormai prerogativa di altri.

Freud intitolava La fine di una illusione la decadenza del religioso in una società moderna. Veramente possiamo pensare di estendere quella illusione a tutto il mondo della cultura europea? Siamo in presenza di una illusione? Sono in molti a pensarlo anche se i più sono immersi nel loro quotidiano sopore.

Le illusioni:  parte maledetta dell’uomo, autoinganno, velo di Maja, ombre riflesse sul fondo della caverna, oppio a buon mercato. Ancora una volta: le illusioni “illudono”, non hanno avvenire! Le illusioni debbono essere solo smascherate dalla ragione. Eppure….

Un grande europeo riflettendo sul concetto diceva parole che oggi,  di fronte a ciò che va accadendo e che sempre più accadrà alle generazioni che ci sostituiranno, sembrano essere di grande conforto dal momento che ogni uomo vive teso verso il futuro ed il presente sembra essere non ancora giunto.

“Le illusioni per quanto siano illanguidite e smascherate dalla ragione, tuttavia restano ancora nel mondo, e compongono la massima parte della nostra vita.

E non basta conoscere tutto per perderle, ancorché sapute vane.

E, perdute una volta, né si perdono in modo che non ne resti una radice vigorosissima, e continuando a vivere, tornano a rifiorire in dispetto di tutta l’esperienza, o certezza acquistata”.

  ( ZibaldoneLeopardi).

Ancora una volta la nottola di Minerva s’invola al tramonto?

Dobbiamo non sperare ma credere che sia così! L’icona dell’articolo, il ratto d’Europa da parte di Zeus, rende in immagine questa credenza.

CARLO ALBERTO FALZETTI