ULTERIORI RIFLESSIONI SUL TESTO DI SIMONETTA BISI: L’ECLISSI DEL PENSIERO CRITICO.

di CARLO ALBERTO FALZETTI La vera posta in gioco nel Mondo è la dissoluzione del sistema democratico in vista di un sistema governato dalla più avanzata tecnologia. I soggetti di tale mutamento globale sono i “predatori classici”(gli autocrati, USA, Cina, Russia, Islam). Ma con la loro azione si raggiunge, consapevolmente o meno, un obiettivo intermedio: ottenere il caos abolendo le certezze del diritto internazionale, dissolvendo l’azione dei tecnocrati e dei poteri contrapposti. Ma esiste, al di là dell’azione caotica un vero obiettivo finale. Un obiettivo perseguito da altri predatori:  è il dominio da parte delle “big tech” fondato sulla persuasione occulta. Questi sono i “nuovi predatori”( Giuliano da Empoli, L’ora dei predatori). L’IA costituisce una delle più importanti conquiste dell’uomo, il coronamento del grande progresso scientifico degli ultimi decenni. Ma, come sempre accade, è l’uso il problema. In un mondo dove l’etica ritarda rispetto alla velocità di diffusione della tecnologia anche l’IA può caricarsi di aspetti decisamente negativi.  Per ottenere il dominio necessita creare caos (compito degli autocrati) ovvero dissolvere la democrazia farraginosa e sostituirla con la decisionalità tecnologia. Questo uso dell’IA può rivelarsi drammatico. La conseguenza appare sempre più lo svuotamento della dignità umana. L’uomo ridotto a semplice utente di una tecnologia che decide in modo efficiente. L’uomo semplice “funzionario della tecnica”. L’uomo ridotto ad una dimensione! Il pensiero critico un tempo nutrito dalla lentezza e dalla riflessione si frantuma in slogan, in verità preconfezionate. .  .  . Noi viviamo nella menzogna! Altro non ci viene proposto che menzogna. L’agitarsi nel mondo dei vari Stati , il richiamo a principi “sacri” come Dio Nazione Famiglia in versione americana e ripetuto nella corale del populismo italico, la difesa del sacro suolo e dei confini, il” Dio è con noi” dei vari fondamentalisti altro non perseguono che l’Economico, molla, fine, primo principio di tutto. Altro idolo non c’è. “Dio è con noi” significa solo Mammona è con noi! La folla attratta dalla tecnologia invadente, dall’effimero, dall’ entertainment sia esso sportivo, di moda di cinema, di cronaca nera, di politicanti in lite, testimonia il fatto che si abbia più paura della verità che della morte abituati come siamo ad ignorare quest’ultima per un vecchio timore apotropaico e per l’abitudine  a vederla realizzata nelle fiction televisive e cinematografiche. Abitudine che ci ha “educati” a sopportarla  come evento normale anche nelle atroci guerre in atto. La verità ripugna più della morte! Ecco perché possiamo vivere nella menzogna. Ma la più alta menzogna è quella di credere di vedere noi stessi ma non vediamo che l’ombra di noi stessi (Simone Weil). Se siamo davvero disgustati da questo orrido mondo, dall’ipocrisia, dalla menzogna allora, prima ancora di agitarci contro questo mondo necessita riflettere su noi stessi, facilitati come siamo dall’età in questa impresa.  Nella menzogna la pratica dell’antico “conosci te stesso” è improponibile. L’uomo in rivolta è certo colui che di fatto si oppone contro, che rischia , che sfida. Ma, mi si permetta di dirlo, è anche colui che nel suo intimo tenta di concentrare tutte le sue energie e sa affrontare la lotta contro la “propria menzogna”, quella che proviene dalla volontà propria. La finzione, cioè, che noi facciamo a noi stessi: i valori, le opinioni, le certezze che ci illudono di essere una data persona. Ma il termine persona , come è ben noto, significa maschera che occulta la verità, pura illusione, conformismo. Se ci appare assurdo che la difesa dei “sacri valori” sia proposta da gente (si pensi ancora una volta al Maga ed ai suoi epigoni ) che usa questi valori come comodo mezzo per raggiungere i propri interessi, ancor più necessita fare i conti in casa propria. Nel rumore assordante che “l’esser in connessione” produce, noi abbiamo bisogno di una compagna spesso tradita, spesso ignorata, spesso ripugnata: la solitudine. Non intendo la solitudine fisica, troppo comune a tante persone di “età alta” che vivono con sofferenza questa situazione. Intendo parlare della “solitudine interiore”. Compagna assente proprio in chi è in felice relazione con gli altri. Spesso la menzogna che noi facciamo a noi stessi è proprio quella di costruirci relazionalità intense fingendo di aver così scacciato la solitudine. Certo, la solitudine fisica è messa all’ angolo ma il costo che si sopporta è quello di aver rimosso quello che gli antichi chiamavano “l’uomo interiore”. Il vero problema che caratterizza il presente è rappresentato, nel testo di Simonetta Bisi, da un frammento di Kierkegaard (l’aforisma del clown): nel teatro della vita le persone si trovano incapaci di separare la finzione dalla realtà. Ma esiste qualcosa di più grave: l’illusione che l’IA possa essere interpretata come supporto per chi è sopraffatto dalla solitudine. Ma questa esperienza è definita, nel testo di riferimento, semplicemente come empatia simulata. Duo sunt in homine! Dice l’io alla sua coscienza interiore: “ mentre io ero affannosamente in rapporto con l’esterno, tu eri con me ma io non ero con te e non ti vedevo”. Il termine antico per chiamare questa coscienza interiore è daimon , ciò che ci costituisce nella nostra più propria natura. Ma l’io non permette di penetrare oltre i suoi confini. Stare nel perimetro dell’io significa dimorare nella tranquillità dell’amor sui nel grande dominio della volontà propria, nella calda rassicurante egomania. L’io è una barriera che oscura il fondo dell’animo. Ecco perché il silenzio interiore è così potente. Esso permette l’ascolto dal profondo semplicemente perché si è riusciti per qualche attimo a produrre il “distacco” dall’io.  Si può obiettare: che c’è di tanto male a vivere nel solo dominio dell’io, delle passioni immediate, nei desideri concreti, nel mondo? E’ questa una domanda lecita che rivendica semplicità, immediatezza, desiderio di essere al mondo conformemente a tanti altri. Domanda certo lecita ma che ha un costo. Il costo di vivere presso l’accidentale, il costo di vivere senza una “conoscenza di se stesso”. Il costo di ignorare uno degli appelli più elevati che l’umanità abbia prodotto: l’appello delfico, ma che è anche l’appello induista delle Upanishad e della Bhagavad Gita e di tutta la tradizione metafisica europea. Forse, immersi in un mondo come questo, l’appello antico si riveste di una estrema attualità. Conosci te stesso. Tenta di capire chi “veramente” sei. Non le tue passioni, i tuoi desideri, le tue capacità, non ciò che ti è accidentale, che ti appartiene perché il caso ha così voluto. Chi sei in termini di quella “universalità” che dimora in te. Come non rammentare la “grande strada del Convito platonico” che ci invita ad accedere a ciò che è sempre più grande. Non il bello accidentale che riscontriamo nelle cose del mondo ma il Bello assoluto, ciò da cui ci è permesso di vedere il bello nella nostra esistenza. Pensate che queste siano fumose astrazioni? Provate allora a confrontare questo nostro canone occidentale con la miseria espressa dalla cultura populista, dalla cultura Maga, dall’antieuropeismo della destra, da quel Dio, Patria, Famiglia ipocrita ed ateo che, come sottolineato significa solo razzismo, xenofobia, sessismo ed interesse proprio. E’ su questo terreno preparatorio che il “predatore” tecnologico trova la sua base. Svuotato l’uomo della sua dimensione più umana è facile preda di un mondo effimero e banale (basta rammentare il contenuto ipocrita quanto elementare del “messianismo americano” e delle sue simbologie farneticanti). Teniamoci ben stretti, fin che possiamo, questo nostro “astrattismo” come vessillo da sventolare contro quella ignavia che va dilagando in Occidente, inconsapevole strumento dei nuovi predatori tecnologici. Tra i frammenti di un codice binario, spunta un seme antico. La verità. (frammento della poesia in esergo al testo). CARLO ALBERTO FALZETTI