Una critica al tecno-conformismo nell’ultimo libro di Simonetta Bisi

di PATRIZIO PAOLINELLI ♦

Oggi l’ideologia liberal-liberista non ha praticamente rivali e può permettersi di appropriarsi di parole che un tempo appartenevano al vocabolario di chi la contestava. Una di queste parole è: “critica” (a cui si possono aggiungere: “riforma”, “rivoluzione” e così via). Naturalmente la parola “critica” è risemantizza e ha lo scopo politico di far funzionare l’attuale fase di trasformazione del capitalismo. Perciò è davvero meritorio l’intervento della sociologa Simonetta Bisi che col suo ultimo libro riassegna al concetto di critica la sua autentica funzione: combattere l’inconsapevolezza.

Il titolo del libro è L’eclissi del pensiero critico. Elogio del dubbio al tempo dell’algoritmo, (Bordeaux edizioni, Roma, 2025, 156 pagg.). Come risulta chiaro si parte da un dato di fatto: il pensiero critico è in ritirata. Affinché l’eclissi non si trasformi in perenne oscurità Bisi ci esorta a porci domande scomode. Per esempio: i nostri pensieri sono davvero nostri? Le parole che usiamo ci appartengono? Siamo davvero liberi?

Queste domande sono calate dalla Bisi nella nostra attualità, ossia in una società ipertecnologica dominata dagli algoritmi. Per sbarazzare il campo da ogni equivoco diciamo subito che Simonetta Bisi non è affatto una tecnofoba. Tutt’altro. Ma non è neanche una cieca tecno-entusiasta. Si interroga sulla direzione che sta prendendo l’epocale transizione sociale di cui siamo tutti testimoni e denuncia la retorica che accompagna gli sviluppi della tecnologia producendo un generalizzato conformismo.

La perdita della capacità di pensare criticamente, tipica del conformista e dell’omologato, contribuisce all’affermazione di una tecnologia che non è prodotta per il bene comune, ma per aprire nuovi mercati e generare nuovi profitti. Di conseguenza nascono nuove disuguaglianze, nuove contraddizioni, nuove disfunzioni.  Tutte criticità che Simonetta Bisi porta allo scoperto. Capitolo dopo capitolo il suo libro analizza le conseguenze dell’innovazione digitale rilevando le promesse non mantenute: Internet, i social network, gli smartphone avrebbero dovuto facilitare la comunicazione tra le persone e invece l’hanno messa sotto controllo; avrebbero dovuto favorire il dialogo e invece hanno polarizzato le opinioni; avrebbero dovuto far circolare meglio della carta stampata la verità dei fatti e invece si fatica sempre di più a distinguere il vero dal falso.

Come si esce da questa situazione? Come si esce da una società messa al servizio della tecnologia? Come si ripristina una tecnologia al servizio della società? Dinanzi a queste domande il ragionamento della Bisi si fa più propriamente politico, pertanto invita all’azione. È vero, le Big Tech hanno accumulato un enorme potere, ma ognuno di noi può fare la sua parte per contrastarlo e non siamo dall’anno zero. A dispetto del dilagante tecno-conformismo nella società sono presenti energie, soggettività, gruppi, reti informali, comunità locali che attivano un’autentica riflessione critica, gettano le basi per una nuova etica, mettono in moto momenti di partecipazione che lasciano sperare nell’umanizzazione della tecnologia.

PATRIZIO PAOLINELLI