“AGORA’ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – BASKET COME EDUCAZIONE DI VITA
di STEFANO CERVARELLI ♦
Per molti anni ho praticato, prima come giocatore e poi come allenatore, il Basket. Questo è stato il primo sport che ho conosciuto data la mia vicinanza, solo 50 metri dal palazzo dove sono nato, con la “Conchiglia” mitico campo di Pallacanestro come si chiamava allora, che si trovava in via Cialdi. Questo era ricavato con molta buona volontà dalle macerie del grande hotel e in particolar modo sul fondo di quello che poteva essere stato un campo dai Tennis o un pista da ballo.
Nel mio avvicinamento avrà senz’altro contribuito il fatto che avevo un cugino e una cugina che praticavano quello sport e che la squadra maschile fosse formata in maggior parte da ragazzi del ghetto, quartiere dove sono nato, al punto che uno di loro abitante in via Tarquinia amava definirsi scherzosamente “oriundo”.
Perdonate dunque se oggi, nel proporre queste note, farò riferimento a questo sport, facendone il principale portatore di valori ed insegnamenti che senz’altro possono e devono trovare spazio in qualunque altra attività sportiva.
Il Basket è molto più di uno sport: è amicizia, inclusione, sostegno reciproco. Proprio per le sue caratteristiche diciamo così “strutturali” che ne vedono alla base un campo ristretto, vicinanza fisica molto accentuata, velocità, rispetto delle regole tecniche, necessità di non sentirsi mai fuori dall’azione.
Nella sua pedagogia il fare canestro non è l’unica cosa che conta. Senza dubbio lo è nei piccoli quando mandare la palla nella retina dona una grande soddisfazione ed è il premio al bambino che in tutti i modi cerca di far passare la palla attraverso quel “lontano cerchio”. Devo aggiungere però che il fascino di fare canestro equivale all’emozione di colpire un bersaglio: a porta vuota è facile segnare, a “canestro vuoto” è molto, molto più difficile.
Dunque stavo dicendo che fare canestro, per quanto non sia facile, non è l’unica cosa che conta. Nella relazione tra giocatori e membri della società – qualunque ruolo questi svolgano – esiste il segreto per crescere sia come atleti che come persone. E’ in questo modo che il divertimento diventa anche benessere.
Il Basket infatti è uno sport di squadra con particolari doti di sviluppo della concentrazione, del senso dell’orientamento, dell’agilità, promuovendo in tal modo un benessere non solo fisico ma anche mentale e sociale.
Questo nasce soprattutto dal fatto che il Basket è per eccellenza uno sport di squadra in quanto se a fare canestro è uno solo, l’azione nasce dalla partecipazione, dal lavoro, di tutto il team, dal gioco che si fa insieme, palleggio dopo palleggio, passaggio dopo passaggio.
Un giovane giocatore di 16 anni, così come una giocatrice, ha un sogno: diventare professionista nel mondo del Basket; però per arrivare a questo o perlomeno tentare, sa che la bravura, il talento da soli non bastano.
Oggi ci sono atleti di ogni altezza e corporatura, ma come il talento, il fisico da solo non basta. L’importante è la dedizione, la motivazione, la voglia di sacrificarsi per cercare di raggiungere l’obiettivo.
Ho visto giovani in possesso di ammirevoli doti che hanno attirato l’attenzione di club professionistici, perdersi poi banalmente per difetto proprio di quelle qualità caratteriali di cui sopra.
C’è un’altra dote importante che nel Basket trova la situazione adatta per svilupparsi: è quella di dominare, essere padroni delle emozioni.
Il Basket è uno sport, come accennavo all’inizio, che per le sue stesse caratteristiche, per le modalità con le quali deve essere giocato, per il continuo contatto fisico, per la necessità di concludere l’azione entro un tempo non certo lungo (24 secondi) mette alla prova lo stato emozionale di chi gioca.
Sport veloce, tempi stretti, avversario che ti sta letteralmente addosso, regole tecniche da rispettare, controllo del pallone sotto pressione, richiedono una forte capacità d’autocontrollo emozionale. Importantissima poi è la fiducia reciproca che si crea nella squadra, accompagnata dal rispetto e dal lavoro di gruppo. Nel Basket, giocando in cinque, difficilmente qualcuno viene escluso dall’azione corale: tutti hanno una mansione, tutti sono importanti. Capacità che ancor più devono emergere quando le cose non vanno bene.
La sconfitta, presa nel verso giusto, può trasformarsi in valore. Prima di tutto perché la sconfitta non è mai un fallimento e questo vale per lo sport come in qualunque altro ambito sociale.
La sconfitta va vista come un momento da cui ripartire.
In questo importante è anche il lavoro, il ruolo della famiglia: non dimentichiamo che stiamo parlando di giovani e giovanissimi.
Se il compito dell’allenatore è quello di guidarli nel percorso di crescita tecnica-fisica, la famiglia ha il compito di sostenere i giovani in un percorso di crescita a livello umano.
Ci sono club di serie superiore che mettono a disposizione figure professionali con lo scopo di aiutare i giocatori a stare bene, sotto ogni punto di vista: preparatori atletici, mental coach, psicologi sportivi e anche nutrizionisti.
Lo scopo? Imparare a prendere per il meglio ogni situazione, specialmente quelle negative; diventare delle persone prima ancora che bravi atleti.
E’ chiaro che tutto questo presuppone la figura di una guida.
Nelle società bene organizzare la prima figura in questo senso è quella del team manager.
“Ma qual’è il suo compito?”
Sentiamo una manager, Camilla Temore: “Organizzo le giornate degli atleti: terapie, trasferte, trasferimenti in pullman, eventuali soggiorni in hotel”
E quali qualità ci vogliono per fare questo?
“Passione, determinazione capacità organizzativa; bisogna essere pronti a risolvere imprevisti che sono all’ordine del giorno”
“Anche con i giovani?”
“Soprattutto con i giovani che in certe situazioni, presi magari dall’emozione della trasferta del viaggio, dell’albergo sono alquanto “turbolenti”; i professionisti sanno già come gestirsi e cosa fare, per loro è un lavoro”.
“Per i ragazzi – continua Camilla – sono una seconda mamma. Si confidano, mi raccontano, della scuola, dei loro rapporti con gli amici, se hanno screzi con qualcuno o qualcuna”.
E come può non essere così? Tra gli obiettivi dello sport vi è anche quello di promuovere la socialità ed a questo fine il Basket è un’attività completa.
Mi fermo qui. Mi ero riproposto di fare una breve escursione nelle qualità positive che possiede lo sport, usando come mezzo d’esempio lo sport che più conosco, che mi ha dato modo di vivere tutto quello di cui ho parlato, sia come giocatore che allenatore.
Sensazioni, emozioni, ricordi di avvenimenti e di compagni che non ho mai dimenticato e mai dimenticherò ad iniziare dal mio primo allenatore: Giorgio Vercesi.
STEFANO CERVARELLI
