“TUTTI AR MARE, TUTTI AR MARE, A MOSTRA’ LE CHIAPPE CHIARE, CO’ LI PESCI IN MEZZO ALL’ONNE NOI S’ANNAMO A DIVERTI’

di MARINA MARUCCI ♦

Così cantava Gabriella Ferri negli anni ’70, con quella sua voce  graffiante, ripetendo sempre  lo stesso ossessivo ritornello che  era  poi la canzone. Questa mi sembra proprio la foto del momento attuale: gli italiani, o almeno  la maggiorana,  hanno scelto di non andare a votare per i referendum, preferendo le spiagge affollate, la leggerezza del disimpegno, non la leggerezza consapevole,  di cui parlava Italo Calvino, quale risposta alla pesantezza del vivere  e neanche quella di Milan Kundera, relativa al proprio essere ed esistere, ma il disimpegno totale, l’affidarsi a qualcuno che pensa, agisce e si sostituisce al tuo volere, con risvolti inquietanti nei confronti della  democrazia e della partecipazione.

Credo che questo malessere venga da lontano e non a caso il brano “Le elezioni” scritto nel 1976 dal  visionario  Giorgio Gaber, nel suo teatro- canzone si esprimeva così:

“E’ proprio vero che fa bene un po’ di partecipazione, con cura piego le due schede e guardo ancora la matita, così bella e temperata , io quasi me la porto via… Democrazia”.

  La sua era una provocazione ma forse già  si insinuava, in  quei tempi di assemblee tumultuose, dove grandi masse di persone  si riconoscevano nella sinistra italiana, il germe di una partecipazione che nel tempo si sarebbe svuotata dai contenuti, dalla possibilità di cambiare, per le decisioni prese in altre sedi politiche,  per la difficoltà di incidere veramente  nel tessuto sociale.

Certo,  la  disgregazione dei partiti novecenteschi e dei nuovi movimenti,  privi di una chiara prospettiva strategica, vent’anni di Berlusconismo, di televisioni generaliste e in questi tempi sempre più i social media,  hanno affossato  l’aspirazione ad intervenire, ad essere presenti.

Recentemente  ho partecipato ad  un convegno che si è svolto presso  l’Accademia delle Belle Arti a Frosinone sul tema: Il ruolo delle comunità locali nel governo del patrimonio culturale. Dalla Costituzione alla Convenzione di Faro”.

Il tema si incentrava soprattutto sullo stato della Certosa di Trisulti, a me molto cara, ed era presente il Prof. Tommaso Montanari, storico dell’arte e Rettore dell’Università per Stranieri di Siena.  La sua  riflessione ed analisi  si è distinta per la capacità di evidenziare  il caso specifico  a paradigma di problemi più ampi, dell’intero patrimonio italiano. Egli ha sottolineato come il caso Trisulti sia emblematico per comprendere fino in fondo il concetto di custodia del  nostro patrimonio ma soprattutto  quanto sia necessario coinvolgere le comunità locali nel governo del territorio, facendo riferimento alla enciclica “Laudato SI” di Papa Francesco.

I beni culturali non hanno un carattere esclusivo ma sono “di tutti” e questa dimensione lo rende ”una grande scuola di responsabilità” quindi non solo del Ministero della Cultura,  cioè dello Stato ma  di “ciascun cittadino e cittadina della Repubblica” e soprattutto per coloro che vivono nel territorio. Inoltre ha ricordato che proprio il nostro patrimonio culturale  è stato definito “il petrolio d’Italia” ma il petrolio brucia, non lascia nulla intorno, anzi distrugge, mentre tali beni  andrebbero definiti  come “l’ossigeno della nazione”, concludendo che la Certosa, dove si è sperimentato “fortissimo il senso della perdita” , sono un valore inestimabile proprio perché offrono la possibilità di “sperimentare una sottrazione a una vita totalmente orientata soltanto alla produzione”. Sono “ luoghi di vita contemplativa in cui pensiamo, respiriamo”, rappresentano “una specie di polmone da cui si torna più umani” e nel contempo ci insegnano” l’importanza fondamentale della cura del patrimonio”.

Montanari rifletteva sul degrado culturale del nostro paese e della sua decadenza morale, dovuta a vari fattori, anche a quello di aver privatizzato una parte del nostro patrimonio culturale, allontanando i cittadini dalla conoscenza, dalla valorizzazione e condivisione del bene, contribuendo all’imbarbarimento del clima intellettuale e formativo.

La professoressa Loredana Finicelli, docente di storia dell’arte, ha concluso gli interventi con un’introduzione alla Convenzione di Faro. Adottata a Faro nel 2005, questa Convenzione del Consiglio d’Europa sottolinea il valore del patrimonio culturale per la società, ponendo l’accento sulla sua natura ed adattabilità  e sulla necessità di un coinvolgimento attivo delle comunità locali.

 Vicinissimo a noi, il Castello di Santa Severa, sta subendo un deterioramento strutturale, la Regione Lazio, custode della costruzione è ormai latitante, anzi sta tentando di farlo diventare un “Albergo diffuso” ,  così si è costituito  un Comitato Cittadino a difesa  del  Castello e del paesaggio circostante,  strettamente legati.

 Ma cosa centra tutto questo con il mancato quorum al referendum dei giorni 8 e 9 giugno?

Azzardo una riflessione:  e  se ricominciassimo a coinvolgere i cittadini,  non soltanto per  momenti   spot, ma attraverso una strategia in cui , tra i  numerosi problemi che abbiamo di fronte, ci sia anche la salvaguardia del patrimonio culturale, partendo dal   ruolo fondamentale delle comunità locali e delle associazioni? Insomma coinvolgendo  la cosiddetta cittadinanza attiva  che nel caso di Trisulti ha  fatto la differenza nel restituire la Certosa alla salvaguardia del bene comune.

MARINA MARUCCI