È tremendo
di ANDREA BARBARANELLI ♦
“Questa incredibile storia è vera ed è tratta dalla cronaca. Ci parla della Colombia degli anni ’80”
— È tremendo, — disse Alicia, — è davvero tremendo. E tutti i giorni succede qualcosa di tremendo, non lo dico solo io, lo dicono tutti.
Guardò il marito che stava in piedi appoggiato allo stipite della porta, ma abbassò subito lo sguardo, smarrita in quella nuova forma di delirio che da qualche tempo la portava a parlare a lungo, quasi senza prender fiato, a farneticare, come diceva Horacio.
— Il mondo ormai è marcio, e tu non te ne accorgi nemmeno, o fai come se tutto procedesse in modo normale, — continuò a dire. — Te ne stai lì, dietro alle tue sciocchezze, tutto preso dalle tue pazzie, e non ti degni nemmeno di… sì, devo proprio dirtelo, sennò non ce la faccio più, non ti degni nemmeno di far caso a quello che succede a pochi passi da te, anche dentro questa stessa stanza.
Si alzò, venne avanti gesticolando, verso di lui, poi si sedette di nuovo sul letto, questa volta dalla parte dei piedi, si sporse in avanti allungando il braccio per arrivare al televisore, collocato su un mobiletto a un metro scarso dalla sponda del letto, e, facendo ruotare la manopola, annullò il volume del suono. Le immagini continuarono a passare sullo schermo.
Così sarà molto più interessante, pensò Horacio, attratto dalle scene che si componevano e scomponevano in sequenze apparentemente insensate. Molto più interessante. Riuscirei ad appassionarmici anch’io.
Lei staccò gli occhi dallo schermo e li fissò su di lui, che era rimasto accanto alla porta, con le mani affondate nelle tasche e la testa piegata di lato.
— Te ne stai lì, e intanto il mondo diventa sempre più marcio. Lo sanno tutti, meno te. Tu ti preoccupi solo di quello che succede a te.
Horacio abbozzò un sorriso; gli occhi gli si illuminarono, per un brevissimo momento, di un brillìo ironico.
— E tu ti aspetti che io mi opponga alla corruzione del mondo? — disse. — Figurati! Adesso si verrà a sapere che il mondo è in decadenza per colpa mia, perché io non ci trovo un rimedio. Se non ti dispiace, me ne torno al lavoro, così potrai dedicarti in tutta tranquillità alle tue profonde considerazioni sullo stato del mondo.
— Non è giusto che tutte le volte che si comincia a parlare, tu te ne vada, — disse Alicia. — Non ti si può più parlare. Una volta era diverso. Parlavi con me, mi spiegavi le cose. Adesso mi hai abbandonata. Non credere che non me ne sia accorta. È comodo andarsene. Ma tu te ne puoi andare, mentre io non posso far altro che restare qui in casa. E appena dico qualcosa, te ne vai. Non capisco da dove ti venga tanta ostilità verso di me.
— Bene, ti ascolto, — disse Horacio, — così non potrai dire che ti sono ostile, quando chi tratta con ostilità sei proprio tu, anche se, probabilmente, non te ne rendi conto.
Lasciò cadere il peso del corpo sulla gamba destra, flettendo la sinistra, per stare più comodo, appoggiato di spalle allo stipite della porta.
— Bene. Puoi parlare. Ti ascolto.
— Te l’ho detto. È troppo tremendo! Non so se sia possibile parlarne.
Tacque, per riprendere fiato, e tornò a guardare l’uomo in piedi accanto alla porta: — Hai capito?
— No, rispose Horacio, non ho capito. Non so assolutamente di cosa stia parlando.
— È proprio come se degli orribili piedi, tutti sporchi di escrementi e di fango, fossero entrati dentro casa e avessero insudiciato il pavimento, — disse Alicia aggrottando le sopracciglia in un gesto di repulsione. — Non importa di chi siano quei piedi e non importa nemmeno di che cosa siano sudici, perché magari non sono sporchi di fango o escrementi, ma magari di sangue: la casa ormai è tutta sporca, tanto sporca che non si può più pulire.
Si alzò, camminò intorno al letto stando attenta a dove metteva i piedi, evitando le invisibile macchie di sangue e di sporcizia che i suoi occhi vedevano sul pavimento, pensò Horacio, e tornò a sedersi dalla parte della testiera.
— Ora mi sento quasi più tranquilla, — disse. — Vedi che mi ha fatto bene parlare?
— Ne sono davvero contento.
— Se ti raccontassi quella storia terribile, tornerei a vedermela davanti, in tutti i particolari, e mi ci sentirei di nuovo male. Tu non sai che storie impressionanti si vengono a conoscere guardando la televisione! Tu che lavori fuori casa, magari non puoi capirlo. Ma tu pensa un po’ a queste due persone di cui ti sto dicendo, anche se non ti sei nemmeno accorto che già da un po’ ti sto parlando di loro, di quelle due persone, che avevano affittato un appartamento in un quartiere di ricchi, due persone giovani con tanto di titolo universitario, tutt’e due, laureati in legge o in economia, non ricordo: con un bambino di quattro, cinque anni. Così hanno detto in televisione, l’ho visto io stessa, coi miei propri occhi, lo posso giurare. Ho sentito i cronisti che hanno intervistato i vicini di casa. Li ho visti e li ho sentiti. Gente moderna, di quella che si vede fotografata nelle riviste. Gente che veste all’ultima moda, come in Europa o negli Stati Uniti. Sì, sì, aspetta, non ti spazientire, ma devo spiegarti, devo dirti prima certe cose, sennò non puoi capire la storia. Infatti, se non ti dico che al piano di sopra c’era un’altra coppia, con una bambina della stessa età del loro bambino, l’intera storia non funziona più, non può andare avanti. Dunque, fa’ attenzione, ci sono due coppie e due bambini più o meno della stessa età, ciascuno figlio di una delle due coppie, un maschietto e una femminuccia, in quell’edificio di appartamenti moderni, con aria condizionata, antenna televisiva parabolica, moquette: una coppia che ci vive da tempo, con una femminuccia di quattro cinque anni, e una coppia arrivata da poco, i due laureati, con un maschietto della stessa età. Capisci? Proprio a causa dei figli, come succede, stabiliscono una relazione di buon vicinato, che poi è diventata sempre più stretta, di confidenza, si potrebbe dire d’amicizia. Sai in che modo vive la gente di quel tipo, nelle grandi città? Cocktail, whisky, cene fredde in piedi, lo si vede nelle telenovelas oltre che nelle riviste: quel tipo di persone vive così, è proprio la gente che si vede nelle telenovelas. Frequentano tutti gli stessi club, con piscina, palestra, sauna e jacuzzi, che sono cose che noi nemmeno c’immaginiamo, di cui sappiamo solo i nomi; magari sono iscritti a un club ippico, come si dice, perché lì, in quell’ambiente, andare a cavallo non è una cosa da contadini, come qui da noi, ma uno sport caro e per la gente più fine. Te lo dico perché tu possa capire bene quello che è successo, e per capirlo bene bisogna vederle lì, quelle persone, in quell’ambiente, che non ha niente a che fare col nostro, non perché nel nostro ambiente una storia così non potrebbe succedere, ma perché, forse, se avessi saputo che si trattava di gente rozza e ignorante, di gente cresciuta nella miseria, o la mediocrità, la sporcizia e le malattie, mi avrebbe fatto meno impressione… Aspetta, non te ne andare, non ho nemmeno cominciato a raccontare; abbi un minimo di pazienza, con me; non vedi che sono sconvolta?
Si fermò e si asciugò le labbra con un lembo del lenzuolo. Horacio, immobile accanto alla porta, continuò a guardare le immagini che passavano, frenetiche e silenziose, nello schermo del televisore.
— Allora, ti dicevo, fila tutto liscio fino al giorno in cui i genitori della bambina ricevono una telefonata. Non sanno chi gliel’ha fatta, quella chiamata, non chiedono il nome di chi sta al telefono, sono troppo preoccupati e sconvolti per farlo, l’unica cosa che capiscono è che c’è stata una disgrazia, un incidente o un malore, un infarto, che devono correre immediatamente dai genitori della signora, perché la disgrazia è capitata a loro. E qui è il primo problema: non sanno che fare con la bambina, non se la possono portare dietro, non la possono lasciare sola in casa. Ma ci sono quegli amici così gentili, con quel bambino che è diventato tanto amico della bambina! Ma certo, sì, con piacere, gli rispondono, quando glielo vanno a chiedere; non devono preoccuparsi, la bambina giocherà col suo amichetto, proprio nessun fastidio, nessun problema. Arrivano all’altro capo della città, dove vivono i genitori della signora, ma i genitori non ci sono, in casa non c’è nessuno. Poi in giro per gli ospedali, per i commissariati di polizia, come si fa in questi casi. È una storia confusa, non si sa dove siano andati a finire i genitori, in quale ospedale si siano recati, o li abbiano portati, dev’esserci stato un errore, una confusione di persona. Tornano a casa, dopo ore e ore, senza averli rintracciati, e bussano subito alla porta dei vicini. Non risponde nessuno. Pensano che siano usciti a far due passi, magari avranno portato i bambini a mangiare un gelato. Aspettano una, due ore. A questo punto, che avresti fatto, tu? Chiamano la polizia. Sfondano la porta, entrano, e allora si vede chiaramente che la gente che stava lì è partita all’improvviso, ci sono segni più che evidenti, cassetti vuotati e lasciati aperti, e tutto il resto. Non t’immagini la fine della storia? No, nessuno se la può immaginare. Eccotela, così come l’ho sentita io, come l’hanno raccontata in televisione. Su un volo internazionale, la hostess s’accorge che quella bambina, salita a bordo in braccio alla madre, avvolta in una coperta, proprio imbacuccata, da quando è iniziato il viaggio non ha fatto altro che dormire, senza muoversi mai, senza dare un sospiro, un solo segno di vita. È rimasta sempre avvolta in quella coperta, per tante ore, fra le braccia della madre, seduta accanto al marito che tiene sulle gambe un altro bambino, questo sì sveglio anche se un po’ stranito, lamentoso. La hostess si è avvicinata due tre quattro volte alla madre con la bambina, anzi ha capito che era una bambina solo perché ha intravisto un visuccio pallido pallido con le palpebre bluastre, un visuccio delicato, bianco bianco, immobile, che non poteva essere che di una bambina. Ha cercato di parlarci, con la madre, ha chiesto ripetutamente se aveva bisogno di qualcosa per la bimba, magari del latte caldo o una bibita o del tè, ma quella le ha sempre risposto, con una gentilezza fredda e scostante, mettendosi un dito sulle labbra, per invitarla ad abbassare la voce, a bisbigliare, che no, che non aveva bisogno di niente, che la bambina voleva solo dormire. La hostess s’è impressionata. Non sapeva perché, come ha dichiarato poi, ma s’è turbata, profondamente turbata: sono proprio le sue parole, l’ho sentita io, quando l’hanno intervistata alla TV: profondamente turbata, così ha detto. Allora va e parla col comandante dell’aereo e il comandante parla con l’aeroporto di arrivo, all’estero. Così, quando sbarcano, quando scendono a terra, ad aspettarli c’è la polizia. Adesso si scopre tutta la faccenda e qualcuno potrebbe pure pensare che alla televisione si sono inventati tutto, per fare colpo, come si dice, per aumentare gli ascolti, e invece è tutto vero, perché ci sono troppi testimoni: la hostess, il comandante dell’aereo, il capo della polizia dell’aeroporto di arrivo, i medici dell’aeroporto, tutti con le loro uniformi e i loro camici, nei loro uffici, sull’ambulanza, in ospedale, e con certe facce che non potevano essere di persone pagate per recitare. Quei due distinti signori, il distinto signore e la distinta signora, con le facce e il contegno e l’accento della gente fotografata nelle riviste, avevano ammazzato la bambina, l’avevano svuotata delle viscere, le avevano riempito il pancino di buste di cocaina e l’avevano ricucita. Hai capito? Ma hai davvero capito? La bambina che giocava con il loro bambino. Hai capito? Avevano organizzato tutto, fin dall’inizio, fin da prima di andare a stare in quell’edificio. Un piano studiato nei minimi particolari, come ha poi rivelato la polizia, che li ha fatti confessare, quei due, tanto ormai avevano scoperto tutto. Un piano preciso, come in un film poliziesco. Capisci? Avevano scelto quell’edificio perché ci abitava quella famiglia che aveva quella bambina dell’età del loro bambino; avevano frequentato quella famiglia, fatto carezze e complimenti alla bambina, fatto in modo che i due bambini si affezionassero, facessero amicizia. Hai capito? E poi, quando era stato il momento in cui doveva scattare il loro piano, avevano chiamato al telefono per avvisare che il padre della signora aveva avuto un incidente o un infarto, non so più. E quei poveretti dei nonni della bambina morta li hanno ritrovati poi, molto più tardi, per caso: erano stati sequestrati e nascosti da qualche parte. Hai capito? Quella bambina era stata scelta per essere uccisa, svuotata di tutte le sue viscere, non ci posso pensare: svuotata di tutte le sue viscere…. Capisci la mostruosità della cosa?…. Una femminuccia che ancora doveva crescere, ma era già una femminuccia completa, che sarebbe diventata una donna, svuotata di tutti gli organi interni del suo corpo per essere usata come un contenitore di sacchetti di cocaina…. perché aveva tutti i requisiti giusti per essere usata come un contenitore. La sua sorte era segnata e nessuno l’avrebbe potuta salvare. E infatti nessuno l’ha salvata. Non è stato per un errore, o per un equivoco, non è stato un incidente, che sempre c’è la possibilità di salvarsi all’ultimo minuto. No. Era stata scelta come si sceglie una valigia dal valigiaio, così ha detto il capo della polizia dell’aeroporto: secondo il modello, le dimensioni e la resistenza del materiale, hai capito? Una storia così non può essere stata inventata; uno che inventa storie, uno di quelli che scrivono libri o che fanno film, non può inventare una storia come questa, perché una storia come questa non è una storia da poterla raccontare, è troppo spaventosa perché la si possa raccontare in un libro o in un film. Lo hanno detto tutti quelli intervistati in televisione, che speravano che a nessuno venisse l’idea di farci un film. Io invece spero che ce lo facciano, un film, sennò questo che è successo fra meno di un mese sarà già stato dimenticato, come se non fosse mai successo. Tu capisci quello che hanno fatto, quei due, per i quattrini? E credi che sia possibile pulire il mondo da una cosa così sporca? Eppure pensa che c’è già un sacco di gente che gli ha scritto in carcere, a quei due assassini, gente che s’è appassionata alla loro storia, che li considera una specie di eroi. Così hanno detto alla televisione. Perciò ti dico che il mondo ormai è marcio e corrotto.
Si fermò e lo guardò. Si mise le mani davanti agli occhi, mentre lui le si avvicinava.
— Ma cosa dici? — disse Horacio, che ormai le stava sopra e si piegava su di lei che s’era lasciata andare distesa sul letto. — Che cosa stai dicendo?
— Non voglio più parlare, — disse Alicia. Continuò a coprirsi gli occhi con le mani, in una posizione innaturale, scomoda, che le avrebbe provocato sicuramente, più tardi, dei dolori lancinanti alla schiena. — Va’ pure alla tua macelleria, a fare a pezzi quelle povere bestie, a cavargli le viscere e il cervello, perché io voglio riposare. Lascia il televisore così, che mi aiuta a prendere sonno.

Tremendo, non aggiungo altro, iam satis est
Maria Zeno
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