L’irrazionalità è la nuova normalità: cosa ci insegna Dan Ariely sulle nostre scelte sbagliate

di SIMONE PAZZAGLIA ♦

L’arte di sbagliare con coerenza

Ci piace pensare di essere razionali. Di fare scelte logiche, ben ponderate, basate su dati e motivazioni solide. Eppure, ogni giorno prendiamo decisioni che, a guardar bene, non hanno alcun senso. Paghiamo di più per qualcosa solo perché è in offerta, ci aggrappiamo a oggetti inutili solo perché sono “nostri”, procrastiniamo scelte importanti per un piccolo piacere immediato. E quando ce ne rendiamo conto, ci sorprendiamo… ma non smettiamo.

In Predictably Irrational, il brillante economista comportamentale Dan Ariely ci accompagna in un viaggio attraverso questi paradossi quotidiani. Il punto di partenza è chiaro e tagliente: non solo siamo irrazionali, ma lo siamo in modo sistematico. Facciamo errori di giudizio prevedibili, ricorrenti, misurabili. Ma non per stupidità, bensì perché la nostra mente segue regole che, in certi contesti, funzionano… e in altri, decisamente no.

Ariely appartiene a quella generazione di studiosi – insieme a Kahneman, Tversky e Thaler – che ha messo in discussione l’idea dell’essere umano come decisore razionale. Ma a differenza di molti colleghi, lo fa con uno stile narrativo, diretto, autoironico. I suoi esperimenti sono semplici, sorprendenti, spesso divertenti. E il suo obiettivo non è giudicare, ma comprendere. Mostrare che dietro i nostri comportamenti più assurdi si nascondono meccanismi profondi, evolutivamente radicati, che ci rendono umani.

Predictably Irrational è un libro che si legge con il sorriso, ma che lascia anche un retrogusto inquieto: perché ci fa capire quanto poco conosciamo davvero noi stessi, anche quando siamo convinti di agire “con la testa sulle spalle”. Eppure, è proprio da questa consapevolezza che può nascere un nuovo modo di pensare le nostre scelte. Più umile, più curioso, e – paradossalmente – più razionale.

Un autore fuori dagli schemi – Quando la scienza nasce dal dolore

Dan Ariely non è uno scienziato come gli altri. Non lo è mai stato. Il suo interesse per il comportamento umano non è nato sui banchi di un’università, ma in un reparto di ospedale, dopo un terribile incidente che lo ha segnato nel corpo e nella mente. Da adolescente, in Israele, Ariely riportò ustioni gravissime sul 70% del corpo a causa dell’esplosione di un razzo. Rimase ricoverato per anni, sottoposto a procedure mediche estenuanti, spesso dolorose. Fu lì, in quella condizione estrema, che cominciò a farsi domande che nessun medico sembrava porsi: perché certe decisioni sembrano razionali a chi le prende, ma sono terribilmente sbagliate per chi le subisce? Perché ci comportiamo in modi così incoerenti, anche quando ne paghiamo il prezzo sulla nostra pelle?

Da quelle domande nacque la sua ossessione per lo studio del comportamento. Ariely non voleva descrivere teorie astratte: voleva capire la realtà, e soprattutto capire le persone. Dopo anni di studio, dottorati e ricerche negli Stati Uniti, ha portato la psicologia comportamentale fuori dai laboratori e l’ha messa in scena nel mondo reale: nei supermercati, nelle università, nelle aziende, nelle strade. Il suo stile di ricerca è diretto, ingegnoso, spesso sorprendente. Crea esperimenti che sembrano giochi, ma rivelano meccanismi profondissimi. Mette alla prova sé stesso e gli altri, smonta le illusioni del buon senso e mostra quanto poco ci serva per essere indotti in errore – sempre allo stesso modo.

Ariely si distingue anche per un’altra cosa: l’onestà con cui racconta la propria fragilità. Non si presenta mai come un “esperto” freddo e distante, ma come un essere umano che sbaglia, riflette, prova, sbaglia ancora. I suoi libri sono pieni di aneddoti personali, di fallimenti divertenti, di intuizioni nate da esperienze quotidiane. È questa combinazione di rigore e vulnerabilità, di empirismo e umorismo, che rende la sua voce così riconoscibile.

Negli anni, Ariely ha insegnato al MIT, poi alla Duke University, collaborando con enti pubblici, aziende, start-up e organizzazioni no-profit. Ma, al di là della carriera accademica, ha mantenuto uno stile accessibile e inclusivo. Predictably Irrational, il suo primo libro per il grande pubblico, è diventato un best-seller internazionale proprio perché riesce a parlare a tutti, senza mai semplificare davvero. È una lettura che fa sorridere, ma che – come le migliori commedie – dice cose serissime sulla natura umana.

Gli errori che facciamo ogni giorno – Storie di irrazionalità (prevedibile)

Dan Ariely parte da un presupposto semplice quanto spiazzante: non siamo creature razionali che occasionalmente sbagliano. Siamo, al contrario, esseri strutturalmente imperfetti, che commettono errori sistematici e prevedibili proprio a causa del modo in cui la mente umana è progettata. I suoi esperimenti, raccontati con ironia e precisione, mostrano come questi errori non siano eccezioni, ma vere e proprie regole non scritte del nostro comportamento.

Uno degli esempi più sorprendenti è legato al concetto di prezzo relativo. Ariely mostra che non valutiamo mai il valore assoluto di un prodotto o di una scelta, ma solo come si colloca rispetto ad altre opzioni disponibili. In un esperimento diventato celebre, offre agli studenti universitari tre opzioni per abbonarsi all’Economist: solo online a 59 dollari, cartaceo + online a 125, solo cartaceo a 125. Quando c’erano solo le prime due opzioni, la maggior parte sceglieva la più economica. Ma introducendo la terza opzione – identica nella sostanza alla seconda, ma meno vantaggiosa – improvvisamente tutti sceglievano l’abbonamento doppio. La presenza di una scelta “decoy”, inutile in sé, orienta il giudizio. In altre parole: ci facciamo influenzare da confronti che non hanno senso, solo perché sembrano guidarci verso un affare.

Un altro esempio riguarda il potere della parola “gratis”. Ariely dimostra che il valore zero esercita un’attrazione irrazionale fortissima. Se ci offrono una barretta di cioccolato a 1 centesimo o un tartufo belga a 15 centesimi, molti scelgono il tartufo. Ma se abbassiamo entrambi i prezzi di 1 centesimo – cioccolato gratis, tartufo a 14 – la scelta si inverte. La differenza è minima, ma il concetto di gratuità scatena una reazione emotiva sproporzionata. Ecco perché le offerte “omaggio” sono così efficaci: non ci fanno solo risparmiare, ci fanno sentire intelligenti, fortunati, vincenti.

Il possesso psicologico è un altro tema centrale. Quando qualcosa diventa “nostro”, anche solo per poco, tendiamo a sopravvalutarne il valore. In un famoso esperimento, Ariely distribuisce tazze da caffè a metà degli studenti e chiede agli altri quanto sarebbero disposti a pagarle. Risultato: chi possiede la tazza la valuta circa il doppio rispetto a chi vorrebbe acquistarla. È un effetto chiamato endowment effect, e spiega perché vendiamo a malincuore oggetti che non usiamo mai, perché ci intestardiamo a difendere decisioni sbagliate, perché restiamo legati a prodotti, idee o relazioni solo perché sono “nostre”.

Ariely affronta anche l’irrazionalità nel rapporto col tempo e con l’autocontrollo. In un esperimento, mostra come le persone siano disposte a impegnarsi a consegnare elaborati scolastici più in anticipo quando possono stabilire da sole le scadenze, anche se questo comporta una “perdita” di flessibilità. L’idea è che sappiamo di essere incoerenti nel tempo, e siamo disposti a porre dei vincoli alle nostre scelte future per proteggerci da noi stessi. È lo stesso meccanismo per cui sottoscriviamo abbonamenti in palestra a gennaio, pieni di buone intenzioni, per poi smettere di andarci dopo due settimane. Non è solo mancanza di forza di volontà: è un’errata percezione del futuro sé.

Infine, uno dei temi più provocatori del libro riguarda la disonestà. Ariely mostra che le persone tendono a barare quando possono razionalizzarlo, cioè quando possono dirsi che non è poi così grave. In un esperimento con test a punti, chi può autovalutarsi tende ad “aggiustare” i risultati. Ma se viene messo in una condizione in cui la frode è troppo evidente, la disonestà cala. Il punto non è solo la possibilità di rubare, ma la possibilità di farlo conservando una buona immagine di sé. La morale, per Ariely, non è assoluta: è negoziata continuamente tra ciò che possiamo ottenere e ciò che siamo disposti a raccontarci.

Questi esempi, solo alcuni tra i tanti presenti in Predictably Irrational, non servono solo a stupire. Mostrano che le nostre decisioni, anche quelle che ci sembrano più razionali, sono frutto di contesti, emozioni, illusioni e automatismi. Ma proprio perché questi meccanismi sono sistematici, possono essere studiati, compresi, e in parte corretti. La chiave è riconoscerli per quello che sono: non fallimenti individuali, ma schemi collettivi. E, come tali, sono anche una porta d’accesso per cambiare – non solo come individui, ma come società.

Perché è importante saperlo? – Dall’irrazionalità alla progettazione delle scelte

Il grande valore del lavoro di Dan Ariely non sta solo nella sua capacità di svelare i piccoli inganni della nostra mente, ma nel farci capire che l’irrazionalità umana non è un ostacolo da rimuovere, ma un dato di partenza da cui costruire. Se le persone sbagliano sistematicamente nel prendere decisioni, allora dobbiamo smettere di aspettarci che si comportino “come dovrebbero” e iniziare a progettare ambienti, politiche e sistemi che tengano conto di come effettivamente si comportano.

In economia, ad esempio, le teorie classiche basate sull’homo oeconomicus presuppongono che i cittadini sappiano valutare rischi, ottimizzare costi e benefici, pianificare con coerenza. Ma gli esperimenti di Ariely mostrano che spesso ci facciamo guidare da contesti ambigui, dalla presentazione delle opzioni, dal momento in cui ci viene chiesto di decidere. È per questo che un bonus fiscale automatico funziona meglio di un incentivo da richiedere manualmente: non perché le persone siano pigre, ma perché le barriere cognitive, anche minime, hanno un peso enorme.

In ambito sanitario, sapere che il “gratis” ha un impatto sproporzionato può aiutare a incentivare vaccinazioni, check-up preventivi, o l’adozione di stili di vita salutari. Anche una piccola riformulazione del messaggio può fare la differenza: se diciamo a qualcuno “hai diritto a una visita gratuita” otteniamo un’adesione molto maggiore che dicendo “puoi prenotare una visita se vuoi”.

Ariely mostra anche come la disonestà non sia una devianza marginale, ma una variabile psicologica diffusa e modellabile. Se vogliamo ridurre comportamenti scorretti – dal copiare agli esami all’evasione fiscale – non basta inasprire le sanzioni: serve creare contesti in cui le persone si identifichino con norme etiche visibili, condivise e facilmente internalizzabili. Anche una semplice firma in calce a una dichiarazione di onestà, posta prima della compilazione di un modulo, può ridurre drasticamente la propensione a mentire. Perché agisce su quel fragile equilibrio tra l’interesse personale e l’immagine che vogliamo avere di noi stessi.

Nel campo dell’educazione, Ariely ci insegna che le scelte future non sono valutate con oggettività, ma con distorsioni temporali profonde. Uno studente sa che iniziare a studiare per tempo è meglio, ma finisce per rimandare fino all’ultimo. Il motivo non è l’ignoranza, ma una sottovalutazione sistematica del valore futuro e una sopravvalutazione delle ricompense immediate. I corsi ben progettati, perciò, non lasciano tutto alla motivazione individuale, ma offrono strumenti di autovincolo, scadenze graduali, meccanismi di accountability condivisa.

Anche la comunicazione politica e sociale può trarre molto da Predictably Irrational. Le campagne che fanno leva sulla razionalità astratta spesso falliscono. Quelle che parlano ai nostri automatismi cognitivi, con messaggi semplici, simbolici, coerenti con le nostre identità, hanno molta più probabilità di attecchire. Capire l’irrazionalità non significa manipolare, ma accettare che le scelte umane sono costruite, non spontanee, e che ogni contesto decisionale è un contesto architettato, anche quando non ce ne accorgiamo.

In definitiva, Ariely ci invita a spostare il focus dalla colpa al contesto. Se le persone sbagliano, spesso è perché le condizioni attorno a loro sono costruite in modo tale da incentivare l’errore. Cambiare quelle condizioni, con intelligenza e realismo, è il modo più efficace per promuovere comportamenti migliori, più sostenibili, più coerenti con ciò che realmente desideriamo per noi stessi e per gli altri.

Una lettura che ci mette davanti allo specchio – E ci fa sorridere dei nostri stessi errori

Predictably Irrational non è un libro da leggere per sentirsi più intelligenti. È, semmai, un libro che funziona quando ci costringe a sorridere – a volte amaramente – di quanto poco conosciamo noi stessi. Ma non è una risata cinica. È il tipo di risata che arriva quando capiamo qualcosa di nuovo, qualcosa che ci riguarda profondamente. Quando leggiamo un esperimento di Dan Ariely e pensiamo: “l’ho fatto anch’io”. E capiamo che non siamo soli, che non siamo stupidi, che non è una questione di forza di volontà, ma di come è fatta la mente umana.

Ariely non scrive per giudicare o per semplificare. Scrive per esplorare, per raccontare, per farci vedere quello che normalmente ignoriamo. Lo fa con uno stile diretto, narrativo, pieno di aneddoti, ironico ma mai superficiale. Anche i concetti più complessi – come l’effetto ancoraggio, la dissonanza cognitiva o l’overconfidence – vengono spiegati attraverso storie vere, esperimenti concreti, situazioni quotidiane. Il lettore non si sente mai escluso. Al contrario, è sempre parte della conversazione. È uno dei “soggetti” di cui si parla, ed è anche colui che può fare qualcosa con ciò che apprende.

Il libro non offre soluzioni miracolose, ma fornisce lenti migliori per osservare il mondo. E per osservare sé stessi. Leggerlo significa iniziare a vedere le piccole trappole che ogni giorno ci condizionano: quando ci facciamo ingannare da un prezzo barrato, quando posticipiamo una scelta scomoda, quando difendiamo un acquisto solo perché è costato tanto. Non per correggersi una volta per tutte – l’irrazionalità non si cancella – ma per imparare a navigarla con più consapevolezza.

Per chi lavora nella comunicazione, nel marketing, nella politica o nell’educazione, Predictably Irrational è anche uno strumento operativo. Aiuta a progettare messaggi, ambienti e percorsi decisionali più adatti alla mente reale, non a quella ideale descritta nei manuali di economia. È un libro che parla a tutti: studenti, professionisti, genitori, cittadini. Perché tutti, ogni giorno, prendiamo decisioni. E tutti, ogni giorno, le prendiamo nel modo sbagliato… ma in un modo molto umano.

Chi ama questo libro può proseguire con gli altri testi di Ariely – The Upside of Irrationality e The Honest Truth About Dishonesty – oppure esplorare l’opera di autori affini come Richard Thaler, Annie Duke o Cass Sunstein. Ma forse la lettura più utile dopo questo libro è quella del proprio comportamento quotidiano. Un piccolo diario delle scelte, dei pensieri, delle contraddizioni. Perché solo osservandoci davvero possiamo iniziare a cambiare.

E se anche non cambiamo del tutto, almeno sapremo perché ci comportiamo così. E questo, a volte, basta per iniziare a scegliere un po’ meglio.

SIMONE PAZZAGLIA