Come eravamo- Le “figurine Panini”

di MARIA ZENO ♦

Stavolta, un altro ricordo della mia infanzia, credo condiviso da alcuni di voi che mi state leggendo: la raccolta delle figurine Panini dei calciatori.

E come mai, una ragazzina negli anni Sessanta coltivava questa passione per il calcio?! All’epoca non era un fatto comune, ora ci sono giornaliste sportive, ma all’epoca vigeva la pressoché rigida divisione dei ruoli anche nel gioco: bambole e cucine giocattolo per le femmine, calcio e mazzafionda per i maschi.

Ora vi racconto: ho avuto una bella infanzia, abitavo in un palazzo davanti all’Oratorio Salesiano, pieno centro, dotato di un grande cortile e le famiglie di questo palazzo, al pari della mia, avevano figli tutti fra i 5 e i 12 anni, eravamo una bella squadra di femminucce e maschietti e giocavamo in cortile, molto spesso nella promiscuità dei giochi. A volte, poi, si univano ragazzini transfughi dal campetto dei Salesiani, attratti dal mistero del cortile di fronte e forse anche dall’emergenza di nascondere il pallone da calcio sottratto all’Oratorio; quale che fosse il motivo dell’incursione, il gioco si faceva ancora più partecipato.

Nel palazzo adiacente al mio,  confine segnato da un muretto e dal tetto del portierato, ad un certo momento venne a vivere una famiglia con due figli , uno dei quali di pochi anni più grande di me. Era dotato di uno straordinario talento per il calcolo aritmetico a mente, cosa che mi stupiva perché altri erano i miei talenti: io imparavo a memoria con grande facilità le poesie, ma la matematica non è stata mai la mia passione.

Questo ragazzino era amante del calcio, spesso scavalcava dal suo terrazzo e veniva  a giocare a casa mia poi di lì scendevamo  nel sontuoso cortile condominiale, pieno di mamme con i bambini (bambine e bambole), di indiani armati di cerbottana ( bambini e copricapo improvvisati), tutti avevamo biglie di vetro per giocare a lanci improbabili. Nota di colore: le biglie di vetro erano anche il tappo delle gazzose, tenute su dal gas della bevanda che a Napoli serviva anche a tagliare il vino bianco.

L’amore per il calcio passò anche a me, così come quello per l’Inter, quella di HH, Helenio Herrera, di cui ricordo ancora la formazione (Sarti Burgnich Facchetti etc etc fino al numero 11 Mariolino Corso, ma il mio preferito era Giacinto Facchetti, gran signore e gigante gentile, “biondo era e bello e di gentile aspetto”…) e con la passione per il calcio ecco arrivare quella per le figurine.

E qui devo aprire una parentesi: non sono sistematica, non sono troppo ordinata, non sono aristotelica da questo punto di vista, ma ogni tanto mi prendono le collezioni: mai sistematiche, mai scientificamente fondate, ma, nel corso della vita ho avuto una tendenza  a raccogliere angioletti della nota marca dal nome poco italico , pupazzetti  nell’ovetto, cartoline e figurine del calciatori.

Avevo imparato a memoria , dei calciatori di serie A, dati anagrafici e luogo di nascita e la mia prodigiosa memoria si alimentò anche di questo esercizio oltre che delle poesie  e devo dire che ancora la memoria mi accompagna gagliardamente.

Ero pure diventata molto ordinata nel raccogliere le panini, le fascettavo per squadra , mettevo da parte gli scudetti, che erano di carta stagnola e coloratissimi e mio padre ( lui sì ordinatissimo ) era soddisfatto di questo: finalmente mi vedeva tenere in ordine qualcosa e così incoraggiò la mia passione.

Alternavo questo spasso con giochi più tradizionalmente femminili, ma il calcio era un fedele compagno della mia infanzia per forza di cose poco mobile: mentre i miei compagni di cortile giocavano a calcio (anche alcune  ragazzine) , io avevo il ruolo di arbitrare da una sedia gentilmente messa a disposizione dalla portiera… non la portiera della squadra, ma la portinaia del condominio. Era strana questa posizione da arbitraseduta, più adatta al tennis che al calcio, di cui però imparai le regole, anche le più aleatorie ed interpretabili liberamente come il fuorigioco.

L’apoteosi, ed insieme la fine, della mia mania collezionistica fu raggiunta in un momento tanto topico quanto inopportuno : il ritiro per la Comunione.

Come tutte le raccolte che si rispettino, c’erano figurine rare: all’epoca non si trovava lo scudetto del Lanerossi Vicenza. Ebbene, durante il ritiro, nella Chiesa dei Salesiani, adocchio un ragazzino seduto nella panca a sinistra ( noi ragazzine eravamo a destra, rigidamente separate) con in mano DUE scudetti del Lanerossi Vicenza, QUINDI l’abbondanza rendeva possibile  lo scambio. Mi sporgo dalla mia seduta, attiro l’attenzione e gli propongo lo scambio: gli avrei dato intere squadre  in cambio. Mentre la non facile trattativa era sommessamente – come l’ambiente richiedeva- in corso, ci vede il Parroco, ci sgrida entrambi e minaccia di non farci fare la Comunione il giorno dopo.

Così finì la mia carriera diplomatica poco esperta in trattative. Il gusto per la raccolta pian piano scemò, anche perché il mio compagno di giochi aveva biecamente tradito ed era passato alla Juventus nel momento in cui l’astro di Helenio Herrera cominciava  a tramontare, mentre io rimasi fedele al cuore nerazzurro ( ancora lo sono! ); erano gli anni fine Sessanta- inizio Settanta in cui emergevano nuovi astri, quali la Fiorentina ed il Cagliari, scudettate la prima nel ’69 e  la seconda nel ‘70 : il vento di rinnovamento soffiava, forse effimero ma forte, anche nel calcio, il calcio epico di giggirriva, detto proprio così, come un epiteto omerico, tutto legato e saldato dalla forza della pronuncia sarda.

E per anni ho conservato un bustone di figurine, le buttai non senza rimpianto mentre già ero studentessa liceale, del Classico, ovviamente, perché la matematica “ Non sarà mai il mio mestiere”, con tutto il rispetto per la nobile scienza  e con tutto l’amore per il Liceo Scientifico in cui ho lavorato con piena soddisfazione per decenni.

MARIA ZENO