E poi accade…
di MARIA ZENO ♦
Sì, accade che una sera di inverno, mentre torni a casa raggiungi la tua macchina cadi, quasi da ferma, cadi, pensi lì per lì ad un banale incidente e invece ti fermi per circa due mesi.
Esco dalla narrazione impersonale e mi intesto la caduta, la sosta forzata e soprattutto la rabbia e la paura, lo smarrimento di quando ti senti tradita dalle tue non molte certezze. Una delle mie certezze è la mia gamba destra, quella buona, come la chiamo da sempre, fa parte del lessico familiare.
Mai cadendo mi era capitato di farmi male alla mia gamba forte e questo nuovo accadimento mi ha dato modo di riflettere anche sotto metafora. E che vuoi, se per una vita l’altra tua certezza è stata la letteratura, un po’ devi giocare con il pensiero, soprattutto se sei costretta ad una semi immobilità.
Già, semi, perché, fortunatamente proprio ferma ferma sono stata per un tempo relativamente breve, ma appena ho cominciato a muovermi con vari ausili (ho liberamente interpretato l’indovinello della Sfinge “Qual è quell’animale che si muove al mattino a 4 di giorno a 2 poi di sera a 3 zampe…”) ho scoperto che la riottosa non era la gamba colpita dalla caduta, ma l’altra, la sinistra, quella alla cui debolezza sono abituata da sempre.
Ecco! Chi è abituato a faticare e a sacrificarsi è obbligato di fatto a continuare a lavorare e naturalmente ciò lo costringe a portare per le lunghe i suoi acciacchi. E la riottosa continuava a reclamare la forza della lavoratrice ad oltranza. (Gamba) sinistra contro destra, per carità, gli aggettivi sono scevri da qualsiasi allusione politica, almeno in questo caso.
E questa caduta mi ha confermato certi miei modi di essere: non mostrare debolezze, non lamentarti mai, non spaventare gli altri, continua a lavorare malgrado etc etc.
Però ho anche dovuto chiedere aiuto: alla mia famiglia per le incombenze quotidiane, a mia madre soprattutto che pur nella sua età avanzata si è fatta carico, alle amiche ed amici che discretamente e variamente hanno chiesto informazioni e hanno sopportato i miei lunghi silenzi restii a tornare sull’incidente, al Barista sotto casa che per un mese ha risposto ai miei messaggini per la colazione inviandomela a casa ogni mattina, al Parrucchiere, all’Istruttrice di Gyrotonic, all’Estetista che hanno prestato la loro opera a domicilio finché non ho potuto muovermi da casa, alla Scuola di Inglese che ancora mi trasmette le lezioni on line, all’Unitre che invece riceve le mie lezioni on line. E che fatica la famigerata DaD, reminiscenza del periodo Covid, altra era geologica ormai nell’immaginario collettivo e soprattutto nella rimozione collettiva: sto sperimentando quanto sia arduo seguire ( e impartire) una lezione on line, avevo sperimentato le riunioni, ma sono comunque tutta un’altra cosa.
E Spazioliberoblog mi ha accompagnato ogni mattina con i suoi articoli. Non ho informato tutti dell’incidente, mi faceva troppo male parlarne , una ferita alla mia smodata voglia di autonomia e al mio inveterato istinto di normalizzazione, ma chi lo ha saputo non ha mancato di farsi sentire e di esserci con affetto e solidarietà. “Nessuno si salva da solo” è stato detto e io posso aggiungere “Nessuno cammina da solo”.
MARIA ZENO

capita anche a chi ha entrambe le gambe forti; invito a cena in centro storico, metto un bel vestito e le scarpe con il tacco a cui ormai siamo tutte disabituate con l’uso perenne delle snikers; il tacco sinistro si infila in una buchetta tra un sanpietrino e l’altro e faccio un volo atterrando sul ginocchio destro, cercando di attenuare il colpo con la mano sinistra; non entro nei particolari; mi succede spesso: ho l’arco plantare eccessivamente arcuato e poco appoggio a terra; spero di rompermi il femore che a via di cadute la gamba destra ne ha risentito negli anni; ma non voglio rinunciare ogni tanto al tacco; In bocca al lupo Maria
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Refuso: Spero di NON rompermi il femore
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Refuso: Spero di NON rompermi il femore
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un articolo molto intelligente che dimostra la forza e la resilienza di una donna con la D maiuscola . Maria Zeno sei proprio una forza stella natura
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Grazie per i vostri riscontri, ho avuto qualche titubanza a pubblicare, temevo un eccesso di personalismo, poi ho ricevuto un incoraggiamento da uno degli amici del blog e mi sono detta che questa testimonianza era utile a me e forse ad altri.
Maria Zeno
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Capisco Maria, a mia volta in convalescenza per rottura di femore. Tu molto brava come Catone, lui con il greco, tu con l’inglese… Io a divorare la mia biblioteca, perfino con Notre dame de Paris di Victor Hugo. Auguri carissima!
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Nom anonimo, Mario Dei Giudici
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ciao, Mario!
Maria Zeno
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caduta su uno scoglio e rottura del braccio destro. Adesso ho un braccio bionico con placca metallica e 18 punti nella ferita. Per fortuna il reparto ortopedia dell’ospedale San Paolo è stato meraviglioso. Ho recuperato tutto l’uso. Volevo fare la capretta ai marinai d’Italia. Maria spero ora stai bene, il tuo racconto è molto tenero. Lisa
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grazie, Lisa , sto molto meglio, in via di “risanamento “.
E grazie a tutti voi per la partecipazione e per l’affettuosa accoglienza dedicata alla mia “confidenza”, come molto appropriatamente la definisce Francesco.
Maria Zeno
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Brava Maria, una bella prova di coraggio e di “resilienza”. Grazie della tua testimonianza. Nicola Porro
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grazie, Nicola, si fa di necessità virtù, Penia è sempre madre di tutte le arti.
Maria Zeno
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Maria, Maria sei al confino, all’isolamento che a volte si vuole, altre volte non si vuole. Ricordati quando andavamo a trovare Vittoria Zagari!
Ti aspetto al bar sotto casa a discettare dell’inutile poesia.
Stammi bene, Maria. Paola
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cara Paola, sono stata al confino, vero…e mi ci sono anche un po’ crogiolata perché non volevo parlare dell’incidente…ora metto il.naso fuori dalla porta e il bar è il mio locus amoenus per cui…a presto!
Maria Zeno
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Maria, secondo me certe esperienze non devono creare remore a condividerle, qualora se ne senta un poco di impulso (e lo dice uno tendenzialmente schivo a parlare di sé!). Mi dispiace non aver avuto la possibilità di aiutarti, ma allo stesso tempo sono stato felice di sapere che non ce n’era bisogno poiché eri già “attrezzata” di persone vicine. “Chi è ricco di amici è scarso di guai”, proverbio eternamente attuale.
Michele Cap.
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e chi ti dice che non mi hai aiutato? Il.pensiero, la premura, l’interessamento mi hanno aiutato e ne ho avuto!!
Maria Zeno
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Parlare di sè, delle proprie fragilità, è una grande prova di coraggio. Un brano che ha il pregio dell’autenticità che ho divorato con trasporto ed empatia.
sono felice di averti letto, spero che ora tu stia benone!
elena
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