Libri in prestito.
di SILVIO MORETTI ♦
Confuso sulla bancarella di libri di Porta Portese mi ci trovavo bene.
Il rigattiere che mi aveva messo in vendita: un volume tre euro, se ne prendi tre dieci. Non doveva intendersene troppo di libri. Era uno di quelli che ne comprano un tanto al chilo.
Mi aveva caricato su un furgone, insieme a tanti altri oggetti, quando aveva svuotato la casa di una vecchia signora dopo pochi giorni che era morta.
«Si prenda tutto quello che c’è» avevano detto i figli. «Dobbiamo metterla in vendita al più presto. Sa, non abitiamo qui. L’abbiamo affidata ad un’agenzia e vogliono che sia sgombra prima di farla vedere a possibili acquirenti».
È incredibile, al giorno d’oggi quanto tempo ci vuole per mettere su una bella biblioteca e in quanto poco tempo ce se ne disfa.
Sono stato lì per un po’ di tempo.
Già, ma non ho ancora detto chi sono!
Sono “I coetanei” di Elsa De’ Giorgi, una vecchia copia in prima edizione.
Elsa De’ Giorgi era una grande attrice del cinema italiano degli anni della Seconda Guerra, di famiglia antifascista e lei stessa antifascista sposata col conte Sandrino Contini Bonacossi. Elsa alla fine degli anni cinquanta ebbe una relazione con lo scrittore Italo Calvino. A lui era stato affidato il libro, una sorta di diario pubblico con molti riferimenti alla lotta partigiana e al cinema romano del periodo intorno alla guerra, per l’editing finale.
Era una bella domenica di sole quando, rigirandomi tra le mani per saggiarne lo stato e assicurarsi che tutte le pagine fossero intatte, un signore di una certa età aveva deciso di acquistarmi.
Era un distinto signore con barba bianca e cappello a larghe tese, nero. Aveva tutta l’aria di essere un appassionato lettore e certamente un intenditore. Aveva sotto un braccio altri libri, anch’essi mi sembravano vecchie e pregiate edizioni.
Stavolta casco bene avevo pensato. E sì, perché anche a noi libri fa piacere essere apprezzati, trattati con la cura che è necessario riservare a un libro. Dentro ci sono storie, c’è la vita dei personaggi e tramite loro l’anima dell’autore.
Dalla bancarella alla libreria il passo era stato breve.
Libreria niente male, in legno bianco, nel salone di una casa signorile. Il sole, la mattina batteva proprio lì e ci riscaldava. Perché non ero solo, ovviamente. Collocazione: autori del ‘900. Il mio nuovo “padrone” doveva essere un tipo preciso, pignolo oserei dire, dal modo in cui aveva disposto i libri nella enorme libreria che occupava un’intera parete della sala.
Da una parte quelli storici. Più sotto tutto Vittorini, e Pavese nella edizione Einaudi degli Struzzi. Su un altro ripiano tutta la letteratura francese: da Dumas a Flaubert, Maupassant e Stendhal e tanti altri. E poi ancora i grandi romanzi russi.
Uno scaffale era dedicato ad Achille Campanile, probabilmente vera passione del mio nuovo “padrone”: Ce n’erano vecchie edizioni degli anni trenta e le ristampe BUR, a partire dagli anni Settanta. E ancora altri libri di metà novecento; Emilio Cecchi, Leonetta Pieraccini, Ercole Patti, Silvio D’Amico, Cardarelli. Sembrava di vedere il ritratto “Gli amici al caffè” del Caffè Aragno, che ora si trova Galleria Nazionale d’ Arte Moderna e Contemporanea a Roma. E tanti autori italiani che sarebbe lungo l’elenco per ricordarli tutti. E anche una sezione speciale riservata alla dinastia dei Kennedy, sicuramente altra grande passione del mio nuovo acquirente.
Ed erano solo una parte perché avevo sentito sua moglie lamentarsi per tutti quelli che aveva in mansarda che ancora dovevano essere sistemati «Vorrei sapere quando ti deciderai a fare un po’ d’ordine là sopra» gli aveva detto. «Ma quanti sono? E quando riuscirai a leggerli tutti?»
Naturalmente molti ignorano la potenza della scrittura e il fatto che i libri, anche se a volte non si leggono tutti, sono una preziosa compagnia. Ed è sempre bene averne in casa, come i medicinali. Non devi usarli per forza ma all’occorrenza. Questo mi pareva di averlo sentito dire da Umberto Eco.
Non avevo dubbi ormai: il mio nuovo “padrone” doveva essere un gran collezionista, di quelli seri, forse un po’ pedante ma affezionato ai suoi libri e forse anche un po’ geloso.
Se poi sei un libro di quelli rari, introvabili come è un po’ nel mio caso (almeno che qualche editore non abbia pensato ristamparlo), allora per il possessore perderlo è un vero colpo al cuore.
Sui libri prestati e mai più riconsegnati ci si potrebbe scrivere un romanzo. Si potrebbe raccontare di fantomatiche storie, narrate dagli “usurpatori” di libri. Di innocenti gatti che strappano a pezzi interi romanzi. E magari qualcuno ci crede. O storie di individui a cui sono stati prestati i libri, dei quali si perdono le tracce perché cambiano continuamente indirizzo.
Dopo quello che ho visto potrei raccontarne di fatti!
«Sarebbe stato meglio perdere dei soldi» ho sentito dire a qualche sventurato a cui quelli che lui credeva amici avevano sottratto dei volumi approfittando della sua bontà.
Al mio proprietario gli si leggeva sul viso la preoccupazione quando qualcuno, dopo aver espresso parole di sincera ammirazione per la sua libreria, si avvicinava prendendo in mano questo o quel volume.
Infatti a taluni non basta scoprire l’autore o l’editore. No! Il curioso deve prenderlo in mano, toccarlo, sfogliarlo non sempre con la stessa cura che il proprietario vorrebbe. E a volte si tratta di libri antichi, rari, dalle pagine ingiallite e un po’ consunte, la cui rilegatura incerta dovrebbe indurre ad una particolare cautela. E invece no: quelli sfogliano, come se tra le pagine cercassero qualcosa. Forse pensano di trovarvi qualche banconota che per sbaglio il proprietario vi ha lasciato come segnalibro. Chissà?
E pur mal sopportando questa operazione i proprietari dei libri lasciano fare, per educazione forse, fino a quando non viene pronunciata la fatidica frase «Me lo presteresti? Lo leggo in pochi giorni e te lo rendo».
Già di uno che dice “te lo rendo” ci sarebbe da diffidare. Magari fosse vero! È la fine! Mentre il poveretto sente torcersi le budella, sa che nel momento in cui dirà di sì, quel libro in quella casa non ci tornerà più. Potete starne certi.
E non sempre va a stare meglio. Magari rischia di rimanere a lungo dimenticato su un comodino coperto da un sottilissimo velo di polvere. O peggio ancora con l’alone lasciato sulla copertina da una tazza o da un bicchiere chissà perché appoggiato proprio sul libro, quando di spazio sul tavolo ce n’era quanto ne volevi.
In questi casi è meglio che il libro non ritorni dal legittimo proprietario. Ne soffrirebbe troppo.
Alcuni pur di non tormentarsi più a lungo preferiscono regalarli, nella speranza che possano avere una buona sorte «Puoi tenerlo» dicono «tanto l’ho già letto». Se solo sapessero gli altri quanto è costata quella frase al poveretto, anche il più duro di cuore credo che si sentirebbe un po’ in colpa.
A me è accaduta una cosa ben peggiore. La mia sfortuna è stata forse quella di essere stato prelevato un bel giorno dalla libreria in cui me ne stavo tranquillo e portato su un comodino perché il mio possessore voleva leggermi la sera prima di addormentarsi. Fossi rimasto dov’ero, sarei passato inosservato. Poco conosciuto, come sono, non pensavo che avrei fatto la fine che spesso fanno i libri di autori famosi.
Non fui prestato ma sottratto dalla suocera del mio proprietario. Sì, proprio sottratto, quella è la parola giusta.
L’anziana signora l’ho vista introdursi nella camera da letto, adocchiarmi e in un attimo mi sono trovato nel buio della sua borsa. Inizialmente ho pensato che fosse affetta da “cleptomania libraria”. Pare che ce siano molti in giro che soffrono di questa specie di malattia. E ho provato sincera pena per lei.
Questa suocera deve appartenere a quella categoria di persone che una volta avuto un libro in prestito sembra che smarriscano la memoria dimenticandosi che l’hanno ricevuto e soprattutto da chi. Per non parlare di quelli che sono certi che il libro è sempre stato loro e che non gli è affatto stato prestato.
Per dirla tutta, però, ci sono libri che amano esser passati di mano in mano. Per loro passare da una libreria all’altra è come un viaggio di piacere. Non era il mio caso!
Dopo la sottrazione la signora non si è nemmeno degnata di darmi uno sguardo. Mi aveva appoggiato sopra un mobile della sala da pranzo e lì sono rimasto per settimane intere.
Potete immaginare la disperazione del mio proprietario. «Eppure mi ricordo che stava sul comodino. Ne sono sicuro» lo sentivo ripetere. Aveva chiesto a sua moglie se per caso nel rassettare la camera fosse scivolato dietro la testiera del letto. Macché! Avevano spostato il letto, si era infilato sotto ma di me nessuna traccia.
I libri, si sa, sono pieni di parole, parlano alle persone ma non riescono a farsi sentire. L’avrei voluto chiamare, gridare per dirgli «Sono qui!» ma la voce non usciva.
Aveva anche pensato, il poveretto, di averlo prestato a qualcuno. Ma a chi? Quando?
Sua moglie, figlia della signora, aveva anche chiesto alla madre se per caso avesse preso per caso il libro in questione. «I coetanei? Elsa De’ Giorgi? Mai sentito nominare». Questo aveva rafforzato in me il convincimento della cleptomania.
Il mio proprietario si era quasi sentito in colpa per aver mosso le accuse, forse ingiustamente, contro la povera vecchietta. Senza contare i rimproveri della moglie. «Chissà dove lo avrai messo. Sempre a dar la colpa a quella poveretta!»
Fino a quando, un bel giorno, alla moglie, recatasi in casa della madre mentre quest’ultima era in vacanza, non sono caduti gli occhi proprio su di me, attirata dalla copertina celeste. Mi aveva preso e infilato nel suo zainetto. Finalmente sarei riornato a casa.
«Guarda cosa ho trovato!» aveva detto tornando a casa rivolta al marito con aria trionfante.
«E dov’era?»
«Indovina?»
«Ho già capito, come sospettavo. A casa di tua madre».
«Esatto!»
«E tu che…».
«L’hai ritrovato, no? Di cosa altro ti lamenti adesso!»
Mi ha preso con affetto stringendomi a sé. Se i libri potessero parlare quante cose potrebbero dire. Ero stato fortunato io, ma non per tutti è così.
O forse alcuni libri non tornano più perché offesi di essere stati dati prestito e poi dimenticati dai loro proprietari.
Pare che Anatole France dicesse: “Non prestare mai i libri perché nessuno te li restituisce; i soli libri della mia biblioteca sono quelli che mi hanno prestato”.
SILVIO MORETTI
