AMALIA

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Come lo stanco fiume mette foce alla fine del lungo percorso Amalia sei andata.

Sotto il peso del tempo, regina della giovinezza, hai ripiegato le ginocchia stanche e le sfiorite palpebre.

Un giorno mi dicesti che era dal nulla che venivamo e nel nulla entravamo. Era languida quella sera quando io, impertinente, ti promisi il regno misterioso: solo un Dio garantirà da quella rapina ed annullerà l’annientamento.

Sorridevi di quel sorriso smagliante che sempre accompagnava i tuoi occhi vivaci e adagiata su una ottomana con la mano poggiata a sostenere la testa recitasti il tuo credo : “ma ipse dixit,  Dio è morto e le chiese sono solo il luogo della divina putrefazione”.

Aprimmo la finestra, aprimmo al mondo, aprimmo a quell’affollamento di umanità vagante e tu illanguidita sussurrasti: “la vita è oscillare tra l’essere in un dato attimo di tempo ed il nulla permanente. Dal nulla alla vita al nulla”.

 Ero inquieto per quella tua melodia struggente, speravo fingessi, ma allora non riuscivo a contrastarti.

Amalia, come si può sfuggire alla rapina del nulla?

 Questo ancora ti chiedo, ora che possiamo parlarci solo con i sussulti, con l’esitante sensazione, con l’ombra del sogno.

Solo ora sento che nella notte che ti ha accolto tu non puoi essere preda del nulla. Tu sei solo uscita fuori del cono di luce dell’apparire. Ma il tuo entrare nella notte ed uscire dal giorno non è un entrare nel nulla ma è solo un uscire dall’apparire.

Guardo il mare tumultuoso in questa pallida giornata di febbraio col vento che agita e crea forme continue. Noi, Amalia, si è come l’onda che si forma e che monta e si gonfia, s’impenna, s’arruffa, si curva e poi lentamente si smorza e si perde per ritornare ad essere ciò che era da sempre: mare!

Non può entrare nel nulla ciò che è stato, pur nell’attimo, un “essere”.

 E’ solo la forma degli esseri che muta, si forma, si aggrega, si ricompone, si dissolve, si ricompone. Ma l’Essere (il mare) è tutto in tutti.

Tu Amalia non sei stata il tuo corpo vibrante, non sei stata la tua identità, non sei stata le tue passioni, i tuoi istinti, il tuo profilo, la tua fluida chioma, le tue gote, i tuoi seni, la vivacità dei tuoi occhi, i tuoi silenzi, i tuoi magnetici pensieri, le tue ansie. Il vero Tu di te era nel profondo, oltre l’io fumoso che ti faceva d’ostacolo.

 Il non l’ego eri te. Il mare, Amalia, non l’onda eri te.

Quel Amalia non può esser mai nato, perché è sempre stato.

E se qualcosa non è nato non potrà mai morire.

CARLO ALBERTO FALZETTI