Homo Faber: intervista ad Alessio Gismondi.
a cura di RITA BUSATO ♦
Alessio, ti conosciamo per le tue opere in legno, e invece parliamo di un libro. Come diventi scrittore?
Avevo la necessità, di raccontare il mio mondo, quel mondo che vivo da tanti anni, il mondo del legno. Un materiale affascinante che siamo abituati a vedere lavorato su mobili, carpenterie e altro. Un materiale che a differenza, durante le lavorazioni genera emozioni diverse, stimola i nostri cinque sensi, il suo profumo stimola l’olfatto, ci sono tipi di legno come ad esempio il Cedro del Libano che continuano a cedere aromi anche dopo anni dalle lavorazioni, oppure il Cirmolo che proviene dall’albero del Pino Cembro, la sua fragranza è spesso usata negli arredi di stanze da letto in quanto riesce ad avere un effetto rilassante sul corpo umano favorendo il sonno e regolarizzando la respirazione.
Le trame del legno sempre diverse nella molteplicità di forme e colori che cambiano a seconda del tipo di albero coinvolgono e conquistano la vista.
È multiforme al tatto senso molto importante nella lavorazione la mano si ferma sulla superficie leggermente grassa di una tavola di Pino mentre scorre facilmente sulla facciata setosa di una tavola di Castagno, questo aiuta molto nel riconoscere un’essenza.
Nelle lavorazioni tramite l’udito ci comunica quando lo stiamo trattando nel modo sbagliato, ogni tavola ha un suo carattere e va trattata con rispetto, se una lavorazione non è eseguita nel modo giusta la tavola potrebbe prenderla come uno schiaffo e il legno è lì tramite il rumore dell’utensile che entra nelle fibre, a dirci che stiamo sbagliando.
Certo nelle lavorazioni del legno non è facile stimolare il gusto, ma se pensiamo ai sapori che riesce a trasferire ad un buon bicchiere di vino invecchiato in botti di rovere, o ad una grappa barricata in botti di ciliegio, ecco che dal palato le suggestioni arrivano al cervello stimolando piaceri e ricordi.
Nasce da qui la volontà di provare a far arrivare ai lettori ciò che si nasconde dietro quella che è una banale lavorazione di una tavola di legno.
Nel libro incontriamo un mix di personaggi che si intrecciano con storia, tecnica, creatività del mondo del legno.
È stato necessario trovare un filo conduttore che potesse coinvolgere il lettore nell’affrontare la parte tecnica. Quello che per noi del settore è la vita quotidiana, fatta di entusiasmi e delusioni, di pazienti attese e accelerazioni, alimentava il rischio di allontanare anziché avvicinare il lettore al nostro mondo.
L’idea di un romanzo che racconti la vita di uno di noi, un uomo che si alza ogni mattina per andare a lavoro, un uomo con i suoi rapporti sociali, con le sue amicizie, con i suoi amori, mi ha aiutato a costruire quel personaggio nel quale è possibile identificarsi, è un uomo che sa parlare di problemi sociali e lo fa con umiltà, ma allo stesso tempo con ferma decisione, un uomo che non si nasconde dietro i propri fallimenti, non a caso la prima frase del libro è tratta dal brano ‘the road di Jackson Browne’ che testualmente il cantante Ron ha tradotto nella sua versione italiana ‘raccontare dei successi, e dei fischi non parlane mai’.
Un uomo che ama il lavoro e allo stesso tempo pratica sport per la cura del suo corpo, ama la buona cucina e nutre un affetto importante per il territorio in cui vive. C’è tanto bisogno di questo in una società che tende sempre di più a diventare individualista.
Homo Faber ‘diario di un falegname’ è un libro autobiografico?
Questa è una domanda alla quale è molto difficile rispondere. Sicuramente è autobiografico riguardo tutta la parte tecnica e non poteva essere altrimenti.
Le suggestioni di anni e anni di lavoro hanno determinato una formazione professionale che viene raccontata nel libro, una formazione che parte dagli anni settanta ad oggi, l’evoluzione delle tecnologie hanno modificato totalmente le lavorazioni. Allo stesso modo i rapporti con i colleghi tramite il confronto, poggia sulle stesse basi di un tempo ma molte cose sono cambiate anche in questo frangente, abitudini modificate che oggi esistono soltanto nei ricordi e che hanno lasciato spazio ad un modo nuovo di condividere la giornata lavorativa, un esempio riguarda le sigarette, prima si fumava sul luogo di lavoro mentre adesso non si può più fare, questo comporta che durante la pausa sigaretta ci si divide tra fumatori e non fumatori. Poi ci sono incontri con persone che toccano la professione, alcune in modo molto marginale alcune in maniera più profonda. Incontri avvenuti prevalentemente nei miei desideri, le persone che fanno parte di questo viaggio, non esistono, albergano nelle pagine del racconto e rimangono confinate lì.
Tutto questo è frutto di tante persone incontrate nella mia vita ma trattate diversamente da quello che in realtà sono, volute immaginare in un’altra forma attribuendogli e allo stesso modo sottraendogli doti e difetti, tutto questo nell’economia di un racconto a supporto di una figura del falegname che nella realtà mi somiglia in alcuni momenti ma è distante da me in tanti altri.
Che tipo di opera dobbiamo aspettarci per il tuo prossimo futuro? Letteraria? Artigianale?
Magari musicale…. scherzo naturalmente, in quanto in Homo Faber si parla anche molto di musica, legata al mio passato da Disk Jockey che continua ad essere una delle mie più grandi passioni. In realtà sto lavorando su più fronti, ho appena consegnato due lavori di artigianato artistico, un pastorale (bastone del pellegrino) che verrà in questi giorni donato al vescovo della città di Viterbo e una ferula papale che verrà donata al santo padre per l’apertura dell’anno santo. Si tratta di opere pensate e realizzate con un concetto diverso. Di solito queste opere sono realizzate materiali e pietre preziose, in questo caso è stato utilizzato legno di Castagno proveniente dai monti Cimini e le decorazioni sono state realizzate con i chiodi delle barche naufragate sull’isola di Lampedusa. Il pellegrino è uno dei pilastri del Giubileo, in funzione di questo abbiamo voluto realizzare opere da materiali poveri ma in realtà molto ricchi di significato. Questo grazie ad un collega o meglio grazie ad un membro della mia famiglia acquisita che è la CNA, Marco esegue lavorazioni artistiche in metallo. Proprio sul fronte della CNA stiamo facendo un lavoro certosino su quella che è la promozione dei mestieri tradizionali e anche il libro Homo Faber va in questa direzione, è importante che le qualità di noi italiani nel riuscire a produrre opere di pregio sia portata a conoscenza di più persone possibile, in fondo siamo quelli del made in Italy riconoscimento internazionale per la qualità della manifattura del nostro paese, un valore che va difeso e non lasciato disperdere. Poi c’è un sogno nel cassetto, quello di raccontare un’altra storia basata sul rapporto tra un padre e un figlio che vivono una relazione basata sui contrasti generazionali riguardo una transizione che avviene all’interno di una bottega artigiana. In fondo mi piace parlare di quello che bene o male riesco a fare, mischiando come è successo in questo mio diario, momenti di vita quotidiana a voli di fantasia.
L’immaginazione è una parte fondamentale per affrontare quotidianamente quello che è il mio mondo, il mondo dell’artigianato creativo.
RITA BUSATO

Ho iniziato a leggere Homo Faber la sera stessa della presentazione all’Acquario Romano e già dalle prime pagine ho trovato confermata quella sensazione che ho provato in tutte le circostanze in cui ho incontrato Alessio. Sia che fosse per motivi di lavoro (e da solo o con Paola le occasioni sono state numerose), sia che partecipassimo a riunioni, a convegni o anche a semplici incontri casuali e informali. La sensazione di avere il piacere di parlare con un interlocutore molto intelligente, molto cordiale, in piena sintonia e, in caso di lavori e progetti, capace di arricchire e migliorare l’opera – qualunque fosse – da realizzare.
Nei vari decenni del mio servizio al Comune di Civitavecchia ho avuto la fortuna di incontrare molte altre persone come Alessio, nei diversi campi delle attività cosiddette artigianali, nelle quali la loro espressione si traduceva in fatti di vera e propria arte. Guerriero e Piero Nenna o Bonarino Loru, per ricordare i primi che ho conosciuto fin dal 1969 arrivando a Civitavecchia, o un Remo Sagnotti, che di testimonianze delle sue qualità artistiche ne ha lasciate veramente una grande quantità e tanti altri nelle varie specializzazioni. Se potrò, proprio con l’aiuto di Alessio, vorrei dedicare una mostra documentaria a questo argomento, possibilmente in occasione della manifestazione che è prevista dall’Ordine degli Architetti, riunendo alcuni dei decani che hanno lavorato a Civitavecchia e nella Tuscia.
Un argomento che vedo con piacere ripreso da Alessio Gismondi è poi quello che avevamo cercato di avviare nel 1996 con la CNA, svolgendo anche dei corsi di formazione, ossia quello dei “mestieri della costruzione”, per il recupero delle tecniche tradizionali quale strumento per la riqualificazione degli operatori del restauro, in anni in cui il centro storico e i beni culturali e architettonici, come gli antichi Ospedali e lo stesso Porto, dovevano ancora trovare interventi di tutela e finanziamenti.
Francesco Correnti
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Un’ intervista che mi apre al mio più antico desiderio, la cura per il legno. Nel leggere ritrovo gli aromi emanati nel curare con cera vegetale il vecchio parquet a spina di pesce, la credenza provenzale di legno di quercia, i cassetti della dispensa in cucina, che, puliti e lucidati, emanano odori, segni del tempo e ricordi di mia nonna.
Altro che ” pene e vagine ” imperealiste da installare al posto della statua del bacio! . Ma botteghe artigiane, materiali di costruzione, le “palanche” di mio nonno e dei maestri d’ascia
Mestieri perduti e culto della memoria
Sono ” donna” e donna voglio esser cosi
Leggerò il libro ,avrò il piacere di conoscerti di persona.
Paola.
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