L’affascinante mito della Befana.
di PAOLA CECCARELLI ♦
A parte i personali ricordi d’infanzia che sono in fondo uguali per tutti (il carbone dolce, i dolcetti sotto la cappa del camino o sul vano della finestra in cucina, “La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte”), la Befana è forse la figura immaginifica più bistrattata fra tutti i residui antropologici magici legati alle origini ed evoluzione delle società moderne. Mentre la figura di Babbo Natale è corroborata ed abbellita da storie, aneddoti, canzoni, contesti geografici e genera da sempre immense aspettative nell’immaginario collettivo (perché figura maschile protettiva e dispensatrice di beni desiderati), la Befana è sempre stata ed è tuttora un mistero. Non se ne parla mai in riferimenti geografici, non si sa esattamente da dove viene e dove ritorna, si accenna alla sua figura vagamente come l’anziana donna scorbutica cui i Tre Magi chiedono la direzione della stalla dove era nato Gesù e che era anche convinta (irrazionalmente) che fosse suo figlio. La si trova nella superstizione norvegese dove si racconta che la gente nascondeva le loro scope per evitare che gli spiriti cattivi durante la notte della vigilia le usassero per volare e spaventare tutti.
Insomma, la Befana è ricordata soltanto in poche culture in comparizione con l’universalità di Saint Nicolas. Vivendo negli Stati Uniti da 30 anni non ho mai incontrato una persona che ne conoscesse l’esistenza. Qui è festeggiata solo dalle comunità italo-americane anche con festival e parate ma principalmente in New Jersey e Boston. Ogni volta che ho accennato al 6 gennaio come festa popolare italiana dovevo poi spiegare chi fosse questa strana vecchietta, l’unicità e ricchezza della sua storia. Le sue origini pagane affondano nella notte dei tempi in un incrocio tra mitologia e riti propiziatori legati all’inizio dell’anno solare. Leggende del Nord Europa e anche della Roma antica parlavano di figure femminili che tra dicembre e gennaio si potevano vedere volare sopra i campi coltivati per garantire l’abbondanza dei loro raccolti. Alcuni la identificavano nella dea Diana o la dea dell’Abbondanza ma nel passaggio cruciale tra il paganesimo e la nuova religione la positività di questa figura si spezza.
La Chiesa non poteva che attribuire alle tradizioni pagane un carattere malvagio e negativo e allora comincia a prendere piede una nuova versione della Befana che viene presentata come la punitrice, la vendicativa, donna brutta e vecchia (di certo non invecchiata amabilmente come Saint Nick e soprattutto senza possibilità di fecondare), senza animali ad aiutarla, come solo strumento una ramazza spelacchiata per spostarsi volando, una vecchia che in fondo metteva più paura che allegria tra i bambini e adulti.
Un costrutto immaginifico solidificato nel tempo per minimizzare e far cadere nell’oblio la potenza celebrata nel paganesimo delle donne in quanto sciamane, sacerdotesse, esperte di medicina naturale. Allora si comincia a capire che la Befana non è solo la bizzarra vecchietta della nostra infanzia ma una strega vera e propria, con poteri da strega (vola), con seri problemi da strega (vola di notte per non farsi vedere per evitare di essere catturata e che poi invece finisce sempre per essere bruciata ogni anno), porta carbone (simbolo dei suoi originari poteri medicinali di guaritrice ma anche di avvelenatrice) e i suoi regali sono pochi e meno importanti confronto a quelli che porta Santa Klaus sotto l’albero perché in fondo i suoi veri doni erano la conoscenza medica e l’aiuto segreto che forniva alle altre donne. Come si possono mai materializzare doni del genere?
Nel corso dei secoli la sua figura è stata quindi marginalizzata rispetto a quella di Babbo Natale. Senza dimenticare che la Befana punisce sul serio i bambini che si sono comportati male portando loro solo carbone e che quest’ultimi sono consapevoli del suo strumento di vendetta (non certo di potere perché la vendetta si sa è più associata alla femmina che al maschio in quanto irrazionale). La Befana quindi a differenza di Santa Klaus è anche temuta. E ancora: alla Befana è dedicata solo una notte, in cui arriva e sparisce, silenziosa e mai vista, senza decorazioni per tutta la casa ad aspettarla, senza molte canzoni a lei dedicate, senza cene pantagrueliche la notte prima del suo arrivo. Il suo modo di entrare nelle case è poco cerimonioso: non arriva nel modo spettacolare di Babbo Natale così elegantemente vestito con pelliccia e stivali su una slitta rossa trainata da bellissime renne. No, lei arriva da sola, fieramente indipendente, ma vestita poveramente, di solito con un misero scialle a coprirla nella notte gelata, un vestito lungo e nero, su una scopa spelacchiata. E soprattutto a lei è solo concessa la canna fumaria della cucina. Tutto di lei è relegato in cucina: i suoi regali sono lasciati sulla stufa o sul tavolo. Bisogna forse ricordare come da sempre la cucina sia territorio femminile? Quindi la Befana vi arriva e poi sparisce, fulminea. Come se pensarla aggirarsi per la casa oltre che al perimetro della cucina susciti nervosismo, inquietudine, faccia riaffiorare ricordi ancestrali di entità pericolose e cattive che potevano penetrare nelle case e arrecare danno se non morte agli abitanti. Insomma, una specie di spirito malvagio che bisogna tenere lontano il più possibile. Una via di mezzo tra Nosferatu e le entità misteriose di M. Night Shyamalan, tra la cuoca nera di Salem e la strega di Eggers.
La cucina quindi circoscrive la potenza della Befana come un cerchio magico che non può oltrepassare e la sua energia ne viene contenuta ed esorcizzata mentre nei secoli il suo ricordo e il simbolismo che la circonda va a sminuirsi sempre di più. La sua presenza storica e sociale doveva essere rimossa dal potere maschile. Una donna così potente e intrinsecamente ribelle doveva essere relegata, eliminata dalla memoria storica: i suoi poteri erano considerati pericolosi in quanto sovversivi. Aiutava le donne ad abortire, le curava delle misteriose malattie femminili, ma le aiutava anche a scoprire ed usare il loro potere erotico, o al contrario a tenere gli uomini lontani. Tramava un network di sostegno e conoscenze che offriva a tutte. La donna come sacerdotessa, sciamana, curatrice, vestale, colei che cura e mantiene i segreti delle altre donne, questa donna doveva essere cancellata dal ricordo collettivo. Una donna così doveva essere resa brutta, con un naso enorme e aquilino, con vestiti informi, senza colori, arrampicata su una scopa mezza rotta. Ridicolizzata. Doveva essere temuta, esorcizzata e non riverita. Perché gli uomini ne avevano timore così diversa, autonoma, non domabile. Negli anni il subconscio collettivo ha quindi con successo operato la deumanizzazione di questa potente figura sociale e l’ha ridotta alla vecchia dal naso bitorzoluto e la voce gracchiante circondata da gatti neri o pipistrelli, una vecchia acida e senza più voce nella società. Hansel e Gretel in fondo non sono altro che due bambini maleducati che le stavano mangiando via pezzetto per pezzetto la sua casa. Più che giusto difendersi, renderli inoffensivi, quindi. La favola è in pratica un superbo esempio di spiegazione attraverso la narrativa di un processo sociale violento. Non è una sorpresa che il femminismo abbia rivalutata la Befana. Per quanto mi riguarda, mi dispiace che appena uscita dall’infanzia il 6 gennaio non sia rimasto nel tempo nella mia famiglia come un giorno speciale da festeggiare. Però mi ricordo ancora benissimo i dolci e i regali sulla stufa, il freddo della mattina presto in cucina quando arrivavamo di corsa in pigiama a piedi scalzi per vedere che cosa ci avesse portato durante la notte quella strana vecchietta che se ne era poi volata verso la luna volando su una scopa.
PAOLA CECCARELLI

Confesso che non avevo mai pensate a quante implicazioni antropologiche vi fossero nella figura fella Befana. Il tuo interessantissimo articolo mi ha aperto nuove prospettivedi riflessione e te ne ringrazio, Paola.
Passando poi al personale, nella mia infanzia Babbo Natale era pressoché inesistente, come inesistenti erano i regali di Natale da scambiarsi. Solo i bambini avevano il privilegio di ricevere doni, il 6 gennaio naturalmente.
Ma era ancora l’epoca preconsumismo..
Ettore
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La figura della Befana è davvero marginalizzata a differenza di quella di Babbo Natale. Lei è brutta un colpo, viaggia di notte per non farsi vedere con una scopa in mezzo alle gambe. Immaginare che potrebbe arrivare intorno al letto di un bambino con quel cappellaccio, il naso bitorzoluto e con un sacco pieno di carbone rappresenta un vero e proprio incubo per i bambini. Babbo Natale invece è pacioccone, ride sempre, viaggia comodo su una slitta trascinata da renne e trasporta solo ed esclusivamente giocattoli. Mi pare evidente che qualche responsabilità la chiesa ce l’abbia eccome. Si salva solo Maria. Il resto delle donne deve soltanto procreare per poter generare Re, Papi, Capi di stato, Capi di governo, Generali, Ammiragli e la fila non terminerebbe più. Mi si potrebbe obiettare ma allora la Meloni? Ma quella mica ce l’ha messa la chiesa? Lì la colpa è solo nostra.
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Povera stria, povera vecia !
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