“CHE AMBIENTE CHE FA” DI LUCIANO DAMIANI – IL GREEN DEAL É SEMPRE PIÙ GIALLO
di LUCIANO DAMIANI ♦
Avete presente un bel pratino verde cui viene a mancare l’acqua? Ecco il green deal che fino a qualche tempo fa trovava l’appoggio di buona parte del cielo, oggi invece soffre l’aridità, l’aridità della visione politica. Il vento negazionista soffia sempre più forte, e come il vento erode terre e rocce, questo erode il cammino virtuoso fatto verso un mondo sostenibile, più pulito e più accogliente. É un vento che cambia le priorità e nega la realtà. Il “green deal” ha senso solo se é prioritario, se non scende a compromessi, se obbliga la società ad adeguarsi alle sue esigenze, non é il “green deal” che si deve adattare alla società, che deve adeguare i suoi tempi e la sua profondità, ma é la società che deve essere capace di trovare le giuste vie, che deve “adeguarsi” ad una realtà che non fa sconti. Pensavamo che l’idea del “carbone pulito”, della supremazia delle ragioni della crescita e della economia avessero finalmente lasciato spazio alla consapevolezza globale, invece, é bastata una ondata di becero populismo in Italia in Europa e negli USA a legittimare le tante istanze negazioniste. Il nostrano governo di centrodestra, con il PNIEC del Ministro Pichetto Frattin, ha dovuto, in qualche modo riconoscere che abbiamo un problema climatico, che dobbiamo intervenire sulla produzione di CO2 ecc… anche per rispettare, gioco forza, le direttive europee, ma ora sembra tutto vacillare. I media fanno da amplificatore e diffusore del negazionismo ambientale, di certe comunicazioni più o meno ufficiali, di dichiarazioni climascettiche se non chiaramente negazioniste. Così, si moltiplicano i post, quasi sempre intellettualmente disonesti, che gli algoritmi dei social diffondono a piene mani. Del resto, quando anche la politica fa propri certi messaggi, come si fa a fare e pensare a della buona informazione? Non c’é giorno che un politico non esterni la propria verità contro il green deal, che un giornalista pubblichi un post col titolone mistificatore che non rispetta i contenuti dell’articolo a cui é collegato, e che il popolo dei negazionisti del clima, degli anti UE e anti tutto, condivida a manetta. Anche oggi in TV una parlamentare ha preso a criticare il green deal mettendo nel piatto la Cina come il paese più inquinante di tutti, „perché dobbiamo essere noi a pagare? Inizi la Cina“, timidamente smentita da un altra ospite che, senza molto impeto, ha provato a dire che in realtà andrebbe considerato l’inquinamento pro capite, non quello totale, e che allora si vedrebbe che é proprio l’occidente che inquina ed ha inquinato di più. Chi oggi, in ogni ambito, volesse affermare l’idea che abbiamo un problema globale e che dobbiamo affrontarlo risolutamente e senza sconti, non ha più forza, non ha la forza che gli dovrebbe derivare dalla politica, dai media e dalle organizzazioni. Chi provasse oggi ad affermare le ragioni della transizione si troverebbe circondato da un branco di negazionisti che lo sovrastano in numero ed in volume di voce. A nulla vale esprimere concetti semplici e chiari: il negazionista é un tifoso della peggior specie, proprio non ti sente, per lui sei qualcuno da sotterrare sotto una valanga di luoghi comuni, false informazioni e, non raramente, di facili offese. Chi ha a cuore le sorti del pianeta, ma anche della propria città, chi, per senso di responsabilità, pensa che ognuno debba fare la sua parte, che ognuno é corresponsabile, chi avesse queste sensibilità, viene sovrastato dall’esercito di coloro che non vogliono sapere di responsabilità personale, di inquinamento antropico, di crisi climatica e così via. Di quell’esercito i politici ne sono i comandanti e certi giornalisti i luogotenenti. Dei post che girano in rete se ne potrebbe fare un nutrito archivio, articoli di giornali, dichiarazioni politiche ed altro che meriterebbero la ‘censura’ del buon senso e dell’onestà intellettuale. É inutile mostrare grafici dai quali risulta evidente che il trasporto su strada é la principale fonte di inquinamento di tutto il settore dei trasporti, é inutile spiegare che nessuno ci vuol portare via le case, che la nostra agricoltura non sarà annientata dai pannelli solari o dalle pale eoliche, che non si tratta di singoli eventi catastrofici ma di un andamento che non ha mai cambiato direzione dalla rivoluzione industriale ad oggi, che il green deal non é una fissa della Europa della Von der Leyen o una invenzione di Greta Thunberg. Inutile far capire che le lobbies del carbone gas e petrolio son ben più potenti di quelle “del green” e tanti altri concetti in se semplici da comprendere, ma inutilmente semplici. Ormai l’opinione pubblica é sempre più orfana di una informazione corretta ed onesta ed opporre la ragione é sempre più un esercizio simile all’andare contro i ‘mulini a vento’!
Mentre scrivo é in corso la COP29, già orfana di tanti leader e che dovrà fare i conti col disimpegno USA, ma soprattutto orfana di pace, condizione essenziale per solo poter pensare di avere una politica comune da adottare contro i cambiamenti climatici di origine antropica. Le guerre in atto, poi, stendono un immenso velo di ipocrisia su questa conferenza, eppure occorre che continui ad esistere, se non altro per la necessità di sperare in un nuovo corso.
Con Donald Trump gli USA si sfileranno dagli accordi di Parigi e il green deal a stelle e strisce subirà una brusca frenata, le trivelle torneranno a lavorare ad alti regimi e la pratica del fracking avrà la meglio sugli ambientalisti americani. Verranno anche a mancare i finanziamenti verso i paesi in via di sviluppo per una crescita sostenibile. L’importante é sostenere l’industria americana, non chiedere sacrifici al popolo statunitense e l’America tornerà ad essere grande e non spenderà risorse per una questione ambientale che “non esiste”. Quanto piacerebbe tutto ciò anche al popolo nostrano, ma al popolo nostrano sfugge che non siamo gli Stati Uniti, non vogliamo essere dipendenti dalle batterie cinesi ma ci piace tanto esserlo dai produttori di petrolio, non riusciamo nemmeno a comprendere che le batterie le compriamo una volta mentre il petrolio lo compriamo e lo consumiamo ogni giorno, per 365 giorni l’anno e per ogni anno, si vede che la dipendenza dal petrolio e dal gas non è poi così evidente, eppure il nostro paese di crisi energetiche ne ha vissute!
Non rimane che chiedersi quanto reggerà ancora il green deal europeo, quanto l’ondata conservatrice e populista influirà sui programmi e sulle direttive comunitarie, se, e su cosa la UE manterrà un minimo di unitarietà. Se avessimo un governo diverso potremmo comunque sperare nella lotta all’inquinamento, ma abbiamo il governo del “lasciamo lavorare chi ha voglia di lavorare”, un governo che penserà all’ambiente quando avrà tempo e soldi da buttare.
LUCIANO DAMIANI
