IO STO CON I PESCI – L’azione umana associata a un Codice di comportamento di consumo di prodotti della pesca basato su strategie di economia circolare 9. Cap4.
di GIORGIO CORATI ♦
L’argomentazione di questo documento si basa su concetti di economia circolare e di consumo sostenibile; propone un Codice di consumo, ipotizzandone i vantaggi e i benefici generali.
RIPRESO.*
Ettore: “Bene, Giorgio… ora ti chiedo nuovamente quale logica, secondo te, può esserci dietro al comportamento di consumo?”
Come ti stavo dicendo, è una domanda complessa, che almeno in linea generale spero di soddisfare, citando il pensiero di alcuni studiosi… inoltre, in questo modo, Ettore… posso introdurre nella mia argomentazione due temi. Si tratta di temi che ovviamente sono legati al comportamento di consumo dei prodotti della pesca e dunque quello delle “relazioni contrattuali” tra soggetti nel mercato e quello dell’informazione che definisco “informazione puntuale”.
Sai che molti studi scientifici hanno affrontato nel tempo temi connessi e associati allo sviluppo economico e alle “relazioni contrattuali” tra agenti economici, cioè consumatori e venditori? Lo hanno fatto, ponendo anche in evidenza come nel mondo contemporaneo il consumo è, per esempio, legato, come in Pareto (2013, [1896-1897];1 19062), ai gusti anteponendoli alle preferenze, mentre per spirito emulativo, come in Veblen (2007, [1899]),3 il consumo è legato a mode o a contesti sociali oppure, ancora, è connesso all’esistenza di un effetto dimostrativo, per cui le scelte soggettive, come in Duesenberry (1949),4 sono influenzate dalle scelte altrui. Cito questi studiosi, Ettore, per citarne alcuni soltanto.
Anche se una decisione di consumo, come in Samuelson (1948),5 comporta la definizione di una preferenza che può essere rivelata, o si manifesta, come in Lancaster (1966),6 quale apprezzamento per un vettore di “caratteristiche intrinseche e estrinseche”… insomma un insieme di caratteristiche… possedute dal bene oggetto di consumo, le quali ne determinano l’utilità per il consumatore, ebbene… inoltre, è certamente osservabile che le decisioni del consumatore, oltre che essere definite in base a un calcolo personale ovvero, diremo che in termini di costi e di benefici immediati, le decisioni subiscono interferenze o influssi dal comportamento degli altri consumatori, come pure da messaggi e consigli dispensati, indotti o veicolati da pubblicità e da mezzi della comunicazione, così come nel caso di azione esogena della comunicazione informativa sostenuta dallo stesso Lancaster (1966). Le decisioni possono, quindi, essere insidiate dalla “qualità” o dalla “puntualità” delle informazioni, di cui il consumatore dispone o alle quali ha accesso. In merito, è interessante quanto sostengono Arrow (1963)7 e Akerlof (1970).8 Ma di questo ne parlo tra breve, Ettore.
Ettore: “Scusa, Giorgio… Se dovessi dare un mio giudizio, in merito a quanto hai concepito fin qui in questo documento, direi che”, e sorridendo aggiunge, “è interessante tanto da appassionarmi e lasciarmi andare verso una riflessione tutta mia, sul mio comportamento di consumo intendo. Giorgio… mi dai la possibilità di ripensare in chiave critica cosa effettivamente muove il mio agire e magari… si direi che mi induci a riflettere e magari anche a giudicare se il mio comportamento effettivamente mi rappresenta, o mi appartiene per così dire”.
Bene, mi fa piacere, Ettore. Scusa… ora mi soffermo per un ulteriore approfondimento. Occorre capire, rispetto alla razionalità del consumatore come sostenuta dagli economisti neoclassici, Ettore… occorre capire quanto tale razionalità sia concorde al comportamento “effettivo” dell’individuo. Si, il comportamento “effettivo” di cui parla Sen (2015, [1987]).9 È rilevabile, ma anche evidente che il comportamento razionale finalizzato alla massimizzazione dell’utilità che il consumatore trae dal suo consumo ovvero la massima soddisfazione del piacere, così come in Jevons (1871),10 e anche il comportamento razionale di scelta che esprime una preferenza [quale espressione della volontà] da cui deriva il massimo di benessere individuale, come in Pareto (1906), ebbene Ettore, è evidente che tali espressioni del comportamento razionale si pongono in contrasto con il comportamento effettivamente intrapreso nella società attuale, diciamo così per semplicità, ma sarebbe meglio chiamarla “società dei consumatori” come definita da Bauman (2010).11 La stessa società che indubbiamente è molto spesso caratterizzata da pratiche di consumo fine a se stesso, così come viene detto da più parti. Parliamo di pratiche che vanno oltre la soddisfazione dei “normali” bisogni e che si spingono spesso oltre la dimensione dei capricci. Si può dire che il comportamento individuale, Ettore, sia legittimamente caratterizzato da una motivazione legata al proprio benessere-interesse. Nulla di male.
Se posso poi aggiungere una digressione, Ettore… mi perdonerai se lo faccio, vero?
Ettore: “Dai… spara!” e sorride.
Se l’uomo per la sua natura è mosso da un istinto sociale che è un vero e proprio bisogno sociale, allora, in questo senso è possibile che l’uomo possa anche compiere delle azioni che contrastano con il proprio utile personale attuale, magari già soltanto per salvaguardare la propria vita. Magari può agire così già soltanto per sostenere l’esistenza di forme di vita biologiche naturali che sono tra l’altro una importante fonte alimentare per lui.
Ettore: “Fai accenni a molte questioni, Giorgio… scusa… hai parlato del consumo come fenomeno sociale le cui cause sono da individuare nella sfera privata e nella dimensione sociale. Vorrei capire meglio quando parli della sfera soggettiva del consumatore”.
Beh, in effetti… dalla sfera soggettiva del consumatore si possono rilevare, come pure possono essere rivelati, sentimenti comunitari quali l’attenzione alla biodiversità, alla buona qualità dell’ambiente naturale e così pure alla sostenibilità delle risorse da estrazione in genere. Tali sentimenti, talvolta, possono essere sentiti in modo del tutto generico, astrattamente, senza una precisa cognizione né dell’importanza critica che rivestono o possono avere né delle implicazioni che hanno sull’equilibrio generale del pianeta e in particolare sulla biosfera. In questo senso, il comportamento del consumatore, ancora soltanto genericamente orientato alla sostenibilità, è comunque orientato positivamente… diciamo così, Ettore, ovviamente se si ritiene importante la sostenibilità; il consumatore ha già fatto un balzo in avanti, Ettore. Consumatori, sempre più attenti all’azione del proprio consumo, sono senza dubbio numericamente in crescita e stanno assumendo consapevolezza dell’importanza del proprio agire, anche se è possibile ritenere che il percorso da fare verso la sostenibilità sia ancora lungo. In generale, il concetto di sostenibilità, seppure talvolta soltanto generico in termini, sta assumendo rilevanza non soltanto perché mette in discussione le modalità di uso/utilizzo delle risorse, sulla base del concetto economico di “scarsità delle risorse”, bensì, per rimanere al tema delle risorse ittiche di cui ti sto argomentando, Ettore, dicevo… anche perché pone quesiti in termini di tipologia di uso e di disponibilità delle risorse stesse, quantomeno sulla base del concetto di “perdita di biodiversità” ma anche in termini di possibile utilizzo futuro.
Fin qui tutto chiaro, Ettore? Sto appesantendo il ragionamento?
Ettore: “Beh… mi stai chiedendo uno grande sforzo mentale! Però, trovo interessante il tuo ragionamento. Continua pure”.
Bene, Ettore, grazie per la tua sincerità. Allora, proseguo.
Anche le informazioni di cui dispone il consumatore hanno un ruolo importante, come già accennato. Meglio che siano le più puntuali, altrimenti, sul mercato il consumatore potrebbe essere “vittima” di asimmetria informativa, così come in Arrow (1963) e come in Akerlof (1970), se, appunto, il consumatore non dispone delle stesse informazioni della controparte nello scambio; se non dispone, come le definisco io, di “puntuali informazioni”. In sintesi, il consumatore potrebbe non avere un’adeguata conoscenza rispetto all’oggetto dello scambio ovvero potrebbe aver bisogno di ulteriori informazioni, più chiare e pertinenti, per prendere una decisione oppure per definirla o assumerla meglio. Certamente l’”informazione puntuale” è preziosa per sostenere cognitivamente la migliore scelta/decisione possibile. Ad esempio, è di tutta evidenza che per contrastare la possibile presenza di asimmetria informativa sono utili “strumenti” in grado di migliorare il funzionamento del mercato; nel caso dei prodotti della pesca a garanzia del consumatore, l’Unione europea (Reg. (UE) 1379/2013)13 ha reso obbligatoria l’esposizione di un’etichetta congiunta al prodotto in vendita.
Saprai certamente, Ettore che l’etichetta deve riportare dei dati. I dati, che certamente sono utili per il consumatore prima dell’effettivo atto di scambio, assicurano una corretta e univoca informazione. I dati sull’etichetta tendono ad eliminare qualsiasi disparità tra venditore e consumatore rispetto alle conoscenze possedute in merito alle caratteristiche qualitative del prodotto oggetto di scambio.
Riguardo ai prodotti della pesca e rispetto all’importanza di una “informazione puntuale”, dall’analisi dei risultati di quell’Indagine sul consumo sostenibile dei prodotti ittici del 2021,14 si… quella a cui ho già accennato, Ettore, ecco… il dato emergente rivela un problema relativo all’informazione destinata al consumatore, per cui, volendo, tale problema necessita di essere oggetto di soluzione. Si evince dalla mia indagine, per fare un esempio, che tra i 543 consumatori anonimi partecipanti poco più di un terzo (37,4%) afferma di fare il possibile per rendere le proprie scelte sostenibili, mentre la maggior parte ritiene di non fare scelte di consumo sostenibili di prodotti ittici o, comunque, di non essere in grado di definirle chiaramente. Dai dati rivelati risulta evidente che le informazioni disponibili per intraprendere scelte di consumo sostenibile non siano diffuse oppure non siano ampiamente efficaci, al fine di capire la differenza tra una decisione di consumo non orientato alla sostenibilità e alla diversità di specie e una decisione di scelta di consumo sostenibile. L’analisi rileva come auspicabile il superamento di tali criticità. Per superare le criticità emerse dall’indagine, una soluzione possibile o quantomeno potenzialmente utile è l’adozione e l’attuazione di “buone pratiche” di consumo, che potrebbero essere non soltanto utili, bensì anche sostanziali per sostenere il consumatore nel prendere decisioni di consumo almeno maggiormente consapevoli e responsabili. Di fatto in ciò consiste e propone la mia argomentazione.
Ti vedo sofferente, Ettore… interrompiamo?
Ettore: “Si, meglio interrompere, qui. Facciamo ancora una pausa”.
GIORGIO CORATI (continua)
