Diario di viaggio – Le Langhe. Ultima puntata.

di VALENTINA DI GENNARO

«In compagnia di Pavese diventavamo molto più intelligenti; ci sentivamo spinti a portare nelle nostre parole quanto avevamo in noi di migliore e di più serio; buttavamo via i luoghi comuni, i pensieri imprecisi, le incoerenze» (Natalia Ginzburg).

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Il  9 settembre 1908 nasceva Cesare Pavese a Santo Stefano Belbo. Ultima tappa del nostro viaggio di ritorno in Italia. 
Siamo nelle Langhe al Museo della Fondazione Cesare Pavese. Una tappa che avrei sempre voluto fare. Ettore Falzetti mi ha avvicinato alla lettura di Cesare Pavese. Quando ho letto per la prima volta un suo libro, “La Bella Estate”, ho scoperto il romanzo e l’estate, tutto insieme. La tematica resistenziale, la casa editrice Einaudi, l’infanzia e queste terre. Un viaggio nella sua storia, ma anche nella mia di adolescente. Con la scrittura radicale e drammatica, così come solo gli adolescenti possono essere.

Quando frequentavo il liceo la lettura di Cesare Pavese fu la mia scoperta letteraria immersiva.  

Con i romanzi di Pavese ho provato a passare indenne la mia adolescenza. Hanno parlato al mio cuore e come una educazione sentimentale mi hanno insegnato molto.
Per me ha significato mettere le mani, fino al gomito, nella letteratura del Novecento e di una parte della storia d’Italia: la casa editrice Einaudi, Calvino, Ginzburg, Leone e Natalia.
Moby Dick.
E poi Fernanda Pivano, la Beat Generation, Kerouac. E poi Fabrizio De Andrè. 
Alla Fondazione Pavese c’è una buona stanza, una nuova esposizione.
Il lavoro che Bruno Munari fece per rendere leggendarie alcune copertine delle collane Einaudi.
“Un cartoncino vergato leggero, grigio polvere, solcato verso l’alto da due righe a stampa: nome dell’autore e titolo dell’opera; in basso l’ovale del marchio e nel mezzo, tra testo e ovale, l’esteso campo grigio. Fu il successo di un format grafico sicuramente, ma soprattutto fu la scoperta o la riscoperta di uno scrittore non conformista, “bastian contrari” per eccellenza, uomo al di fuori da ogni dottrina e da ogni dogma ma, soprattutto, “ragazzo fino in fondo” con le inquietudini, le insicurezze, i sogni irrealizzati che ciò implica. “
 
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“Quel libro parla di me, di qualcosa che mi appartiene” dice Demetrio Paolin raccontando “La casa in collina” di Cesare Pavese. 
Le lettura e il gioco di Calvino, nella mia vita arriverà più tardi. 
Cesare Pavese è la mi adolescenza e il mio rifugio.
Un suo ritratto dipinto da mio zio la fa da padrone nella sala di casa mia. 
Vedere le sue prime edizioni, una grande emozione, tutte firmate con “Pavese”.
Tranne quelle riservato per Nuto, nella casa del quale si conclude il nostro tour. Dalle finestre della falegnameria, sulla strada che porta a Canelli.
Quelle copie, quelle per Nuto, le firma solo così, Cesare.
 
 
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“E Cesare perduto nella pioggia
Sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina
E rimane lì a bagnarsi ancora un po’
E il tram di mezzanotte se ne va”
 
VALENTINA DI GENNARO
 
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