IO STO CON I PESCI – L’azione umana associata a un Codice di comportamento di consumo di prodotti della pesca basato su strategie di economia circolare 1. Cap. 1.

di GIORGIO CORATI

L’argomentazione di questo documento si basa su concetti di strategie di economia circolare, specula sulla necessità di un consumo sostenibile dei prodotti della pesca avvertita dal consumatore, propone una soluzione in merito, ipotizzandone i vantaggi e i benefici generali.

RIPRESO*

Allora, Ettore, dopo il caffè, riprendiamo da dove avevo lasciato. Vediamo… Stavo dicendo di questo mio documento. Mi piace chiamarlo “paper”.

Ettore, sorridendo: “Così, l’argomento sembra più interessante!”.

Beh, è un argomento particolare, che finora, ho soltanto introdotto. Ti ho chiesto di metterti comodo, ma non ti ho informato sul lavoro completo. Ebbene, mio caro, l’hai voluto tu. Hai chiesto di sapere cosa stessi scrivendo? Ecco, per la verità, si tratta di un “paper” di sei capitoli, molti paragrafi e ovviamente riporta anche le mie conclusioni. Contento?

Ettore, con tono preoccupato: “Non lo so. Forse, avrei dovuto…”

Dai, Ettore, rilassati. Pian piano ti svelo tutto, ma con calma. Allora, innanzitutto, riprendendo il filo del discorso, devo iniziare dicendo che la sostenibilità del consumo è un tema centrale, così come la considerazione dell’importanza della biodiversità delle specie ittiche e la dovuta premura verso l’ambiente naturale. Questo è quanto poi mi conduce a dire il resto su consumo sostenibile e paradigma dell’economia circolare, nonché sul consumo di prodotti della pesca.

Iniziamo sfogliando il Rapporto SDGs pubblicato dall’ISTAT nel 2022,1 quello che, Ettore mi segui? Stavo dicendo che nel Rapporto dell’ISTAT, che rende disponibili molte informazioni e dati statistici relativi all’andamento in Italia degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU, definita nel 2015, puoi leggere delle informazioni interessanti. A p.131, Ettore, se lo vuoi leggere meglio per conto tuo è scritto che, vediamo… […] “andamenti positivi emergono nel trattamento dei rifiuti urbani. Nel 2020 i progressi nella riduzione del conferimento dei rifiuti in discarica si devono anche ad una accresciuta capacità di conversione degli scarti dei consumatori in nuove risorse”. Inoltre, il Rapporto, ecco… registra che […] “la quota di materiale recuperato e restituito all’economia sul totale dei materiali utilizzatitasso di utilizzo circolare dei materialisegna un ulteriore miglioramento” […]. Oh, poi è interessante… ecco, si legge che […] “l’Italia si colloca al quarto posto della graduatoria dei 27 Paesi dell’Unione europea” […]. Sicuramente, Ettore, quanto letto sembra sottolineare che si stia assumendo sempre più attenzione e consapevolezza rispetto all’importanza nel ridurre gli impatti, quali effetti e conseguenze, delle attività economiche sull’ambiente, sul clima e sulle risorse naturali usate nei processi produttivi dei beni che soddisfano bisogni umani crescenti. Io, alla lista dei bisogni umani aggiungerei pure la richiesta di soddisfazione di desideri e capricci. Comunque, vedi Ettore, devo fare, diciamo, una parentesi, per introdurti all’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile.2

Ettore: “Conosco l’Agenda, anzi credo che in molti ormai la conoscano quale è, come un importante programma di azioni che prevede 17 Obiettivi declinati in Traguardi comuni a livello globale”.

Si, Ettore. È così. È stata adottata in sede ONU nel 2015 da 193 Stati membri. I suoi Obiettivi definiscono chiaramente le intenzioni che vertono su un insieme di questioni importanti, sostanziali da affrontare e risolvere, raggiungendo per l’appunto Traguardi condivisi.

Ettore: “I Traguardi sono ritenuti importanti per porre fine alla povertà estrema, combattere disuguaglianze e ingiustizie e per proteggere il pianeta entro i 15 anni successivi all’”adozione” dell’Agenda stessa”.

Bene, Ettore. Si tratta, concretamente, del risultato di un processo inclusivo definito tra governi che sottolinea l’importanza del coinvolgimento e della partecipazione delle imprese, della società civile e dei cittadini che sono tutti intesi come portatori di interesse assieme ai governi nazionali.

Ora, riprendiamo e ti spiego perché cito l’Agenda 2030.

Per quanto attiene a questo mio documento, dell’Agenda 2030 sono rilevanti l’Obiettivo n.12 Consumo e produzione responsabili e l’Obiettivo n.14 La vita sottacqua. Lo vedremo più avanti, capendone i motivi. Comunque… Questi due Obiettivi sono connessi tra loro e affrontano la sostenibilità ambientale quale “dimensione” dello Sviluppo sostenibile. In particolare, l’Obiettivo n.12 è orientato a “garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo” con azioni tese a promuovere, tra l’altro, un approccio rispettoso dell’ambiente ai rifiuti, la cui produzione deve essere notevolmente ridotta anche con azioni di prevenzione e attività di riduzione, riciclaggio e riutilizzo, sostenendo la diminuzione dello spreco di cibo e minimizzando gli impatti antropici sull’ambiente. L’Obiettivo n.14 è orientato a “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile” anche perché, come citato dall’Obiettivo stesso, l’impatto delle attività umane sui mari è rilevante in termini di inquinamento e di esaurimento tendenziale delle risorse ittiche, mentre i pescatori della piccola pesca costiera reclamano un maggiore accesso alle risorse e ai mercati marini. Bene, fin qui. Ora…

Ci sei, Ettore? Bene. Hai mai sentito dire di “transizione” dall’economia lineare verso l’economia circolare? Si, te l’ho detto io. Continuiamo. È noto che i processi produttivi e le attività economiche ma anche quelle umane in genere esercitano anche impatti negativi sull’ambiente. Questo introduce quanto sto per dirti, Ettore. Attenzione.

Il modello economico lineare è il modello “classico”, quello che ha consentito crescita e sviluppo economico fino a tempi recentissimi… e anche tutt’ora per molti aspetti; è un dato di fatto, tuttavia, che tale modello abbia comportato e comporti un elevato spreco di risorse ed eserciti criticità esterne ai processi produttivi in termini di impatti ambientali, effetti talvolta non lineari e conseguenze che producono danni all’ambiente. Si tratta del paradigma di un sistema economico definito “chiuso”, basato sull’uso delle risorse a fini produttivi, sul consumo e sulla conseguente produzione di rifiuti. È lineare, perché… per spiegare meglio… Ettore, immagina una linea retta e un punto iniziale e uno terminale; ecco l’azione di un processo produttivo si avvale, diciamo così, Ettore di una “generica fase” associata all’estrazione di risorse o materie prime  che comincia nel punto iniziale della retta, per poi confluire in “un’ulteriore generica fase” connessa al uso delle materie prime nel momento proprio della produzione di beni a cui, in ultimo, consegue inesorabilmente, quale “fase terminale”, il conferimento in discarica di un rifiuto o di ciò che rimane di un prodotto, per intenderci. Bene, fin qui il modello lineare

Nel modello di economia circolare, al contrario, il continuo uso e riuso delle materie e dei materiali, inteso come estensione del loro ciclo di vita, determina una circolarità virtuosa che, attraverso la contestuale riduzione di risorse naturali estratte, cioè materie prime, tende ad una continua valorizzazione dello scarto/rifiuto generato, cioè ciò che viene definito materia prima seconda. Detto in breve, il recupero di scarti (anche cascami) e di rifiuti prodotti tende a non essere più un problema da risolvere; diciamo meglio, che lo è ancora ma in misura ridotta fino alla loro minimizzazione, sia in termini di spazi occupati in discarica, sia di effetti ambientali negativi e conseguenze di vario genere che, come stai pensando, Ettore, coinvolgono la vita in generale e non sempre sono caratterizzate positivamente. E tutto questo, mentre la crescita e lo sviluppo economico si legano alla definizione del concetto di “buone pratiche”, nonché alla loro capacità di utilizzo, diciamo, “alternativo”, Ettore. Per sintetizzare, amico mio, l’economia circolare è un modello economico, che ridefinendo i processi produttivi in un’ottica strategica, considera importanti e sostanziali tutti gli aspetti della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Si tratta di processi “alternativi ai soliti”, pensati e attuati in modo diverso dalle “solite pratiche” cioè, come direbbero gli anglosassoni, alternativi al “Business as Usual” che si riferisce al mantenimento del modo solito di gestire i processi e di condurre gli affari. È anche da considerare che nella “transizione” dall’economia lineare all’economia circolare, fino al definitivo traguardo, l’ottica circolare che fa derivare un importante risparmio di risorse dall’estensione del ciclo di vita delle materie prime e dei materiali, tende a valorizzare lo scarto (e cascame) o il rifiuto e a ridurre strategicamente o minimizzare al massimo gli effetti negativi e relative conseguenze dei processi produttivi. In buona sostanza, si tratta di attivare ed attuare azioni strategiche di rifiuto, ripensamento, riduzione, riuso, riparazione, rinnovo, ricostruzione, riutilizzo, riciclo e recupero.

Ettore: “Ah. Ecco! In questo senso torna interessantissimo il lavoro di cui mi hai già detto… quello studio di… di… Come si chiamano quegli studiosi”?

Si chiamano Potting, Hekkert, Worrell, Hanemaaijer.3

Ettore: “Allora, aspetta, fammi dire. Se ho capito bene, insomma quello che mi pare di aver capito è che lo scarto o il rifiuto è reso materia prima seconda e immesso in un nuovo ciclo di produzione. Ad ogni nuovo ciclo di “uso condiviso-scambio e riuso” del modello circolare, come me lo hai spiegato, lo scarto di materia rientra nel processo con un nuovo proprio ciclo di vita, mantenendo il proprio valore più a lungo, fino a quando le sue caratteristiche qualitative ne assicurano l’utilità per un successivo processo produttivo. È così? E poi, in tal modo il conferimento dello scarto o del rifiuto in discarica è drasticamente ridotto e l’inquinamento ambientale minimizzato. Ed ecco, signori”. Ettore, sembra soddisfatto e sorridendo aggiunge “il gioco è fatto, direbbe qualcuno”.

Dai, Ettore, sii serio. La questione è molto seria e investe concretamente il futuro e la prosperità nostra e del Pianeta! Comunque, si, bene quanto hai detto, ma non è tutto, ancora. Devi notare una differenza importante nel modello circolare e cioè che lo scarto è distinto in residuo tecnico-fisico e in residuo biologico. Lo scarto così come abbiamo detto prima è definibile scarto tecnico-fisico, nel senso che origina da materia prima di origine minerale e da materiale usato e riusato. Lo scarto o residuo biologico, ovviamente di origine animale o vegetale, può essere destinato e riusato come materia prima seconda in diverse produzioni. Vuoi sapere quali? Ti elenco degli esempi… tipo… cibo per animali, fertilizzanti, bio-energia.

Però, ciò su cui mi interesserebbe maggiormente parlare con te è del residuo biologico del pescato. E non parlo soltanto di scarti di pesce. Ma questo è il tema centrale di un’altra questione, a cui ho già accennato… ricordi, prima del caffè… insomma quella questione dello “scarto ittico” e della sua valorizzazione che ho trattato e argomentato in un altro documento e per la quale propongo una possibile soluzione di tipo sistemico. Poi ti dirò… alla prossima tua visita. Verrai, vero?

Ettore: “Perché no!”

Ora, riprendendo il discorso sul residuo biologico per come è attinente in questo documento… Il residuo biologico rientra utilmente anche in nuovi e innovativi processi produttivi di bioeconomia4 associati alla circolarità dell’uso. Tramite l’estrazione di flussi biologici della risorsa ittica e della frazione organica e la loro contestuale valorizzazione, il modello bioeconomico assicura o rende possibile la produzione di bio-materiali che si rivelano fruttuosi in produzioni successive di prodotti ecoinnovati o bio-basati. Anche rispetto a questi, ecco, Ettore, per la tua curiosità, una breve lista di esempi può essere rappresentata da prodotti farmaceutici, nutraceutici, da cosmetici, da imballaggi, da vestiti e anche da bio-energia.

Ettore: “Si, va bene. Ma che vuol dire flussi biologici della risorsa ittica e della frazione organica?

Dunque, Ettore, definisco “flussi biologici della risorsa ittica” l’insieme dei nutrienti della componente parte dello “scarto/rifiuto biologico” del pesce prodotto in tutti i contesti di consumo e dei flussi biologici secondari, cioè residui e cascami in genere, di prodotti derivati delle lavorazioni e delle trasformazioni del pescato. Mentre per “frazione organica” intendo quella componente parte dello “scarto/rifiuto biologico” del pesce prodotto in tutti i contesti di consumo che a tutti gli effetti è un sottoprodotto di origine ittica. E poi, per farti capire per bene, sperando di essere chiaro, ti dico che mentre per nutrienti intendo quei flussi biologici in grado di essere reintegrati nella biosfera attraverso processi come il compostaggio aerobico e la digestione anaerobica, per “scarto/rifiuto biologico” intendo lo “scarto” del pescato prodotto in tutti i contesti di consumo. Insomma è lo “scarto” prodotto da tutti, tipo… dai consumatori, dai dettaglianti, che possono essere le pescherie, e anche dai ristoratori e dai grandi acquirenti di pescato, però considerandoli come tutti soggetti locali e dei luoghi “di prossimità” che è riferita al luogo di cattura del pescato.

Certo c’è poi da soffermarsi ancora sull’economia circolare5 e “transizione verso la sostenibilità”, diciamo. Sai, Ettore, in uno studio proposto nella letteratura internazionale pubblicato nel 2017, studiosi quali Kirchherr, Reike, e Hekkert6 hanno raccolto e analizzato 114 definizioni di economia circolare, codificate in 17 dimensioni. Al momento, Ettore, io sono rimasto un po’ indietro rispetto a quanto può essere stato pubblicato, diciamo dopo luglio del 2022. Diciamo che sono rimasto un po’ indietro e a mia conoscenza non esiste una definizione univoca condivisa di economia circolare. Tuttavia, questo nuovo paradigma economico deve essere inteso come un cambiamento sistemico epocale sia secondo una filosofia economica di massimizzazione del valore delle materie e dei materiali sia, ancora, secondo una visione olistica dell’uso-consumo, che è fondamentale, al momento, per superare convenzioni e convinzioni “classiche” di pensiero. Insomma, Ettore, si tratta di abbandonare il modo di “condurre gli affari” e le “solite pratiche” come ti ho già detto. Scusa se mi ripeto, ma credo sia importante sottolineare alcuni concetti. In generale, in merito all’economia circolare, si tratta di definire e intraprendere strategie di produzione mirate e ciò vale anche per il consumo, che del resto è ciò di cui tratta questo mio documento, come ti dirò meglio in seguito quando spiego la connessione con i prodotti della pesca. Ora ho necessità di questa introduzione, di questi preamboli per farti comprendere meglio. Quando le informazioni saranno complete, allora spero di averti convinto della mia argomentazione. Dunque, riprendendo… Parliamo di strategie che possano permettere un minor utilizzo di risorse naturali, perché le risorse non sono né infinite né illimitatamente rinnovabili. Ah! Ecco, l’ho detto tutto d’un fiato. Scusa la complessità, Ettore.

Ettore: “Nessun problema, per me; però voglio sorprenderti, Giorgio.

In che senso?

Ettore: “Mi pare di capire che, dopo tutto questo vortice di parole, tu voglia dire che il modello economico circolare si basa sull’ottimizzazione strategica dell’allocazione delle risorse nel sistema e nel processo produttivo, sull’ecoinnovazione di processo e di prodotto e sull’intenzionale recupero degli scarti o dei residui di lavorazione, che determinano una riduzione dei rifiuti nell’ottica della sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Perbacco! Ettore. Si diciamo che si tratta di un modello economico orientato al recupero e alla contestuale valorizzazione di scarti/residui/rifiuti, allungando di fatto il ciclo di vita delle materie e dei materiali usati. In altre parole vantaggi e benefici possono essere conseguiti attraverso l’utilizzo della migliore tecnologia disponibile che è intesa quale migliore soluzione tecnica circolare di riferimento e attraverso l’utilizzo e la condivisione di conoscenze di biotecnologia.

Vedi Ettore, un tema che ha assunto rilevanza è quello relativo al ciclo di vita delle materie e dei materiali usati. È estremamente importante in economia ma anche per l’ambiente e tutti noi – e se vogliamo lo è anche secondo un’ottica di geopolitica, ma questo è un tema che esula dal mio documento. Dicevo che è estremamente importante per finalizzare la riduzione delle quantità di risorse naturali da estrazione e di quelle rinnovabili, nonché la contestuale loro sostituzione con materie prime seconde provenienti da filiere di recupero che ne conservano il più possibile le caratteristiche e le qualità. Dunque nel modello di economia circolare, per produrre i beni, da considerare “mezzi” utili per la soddisfazione dei bisogni umani, sono usate materie prime cosiddette primarie e riusate materie prime cosiddette seconde, fintanto che le risorse stesse mantengono le loro caratteristiche e qualità, cioè, in estrema sintesi, il loro valore, il più a lungo possibile. Anche questo, mi pare di averlo già detto, Ettore, ma secondo me a volte ripetere non è cagionevole e ribadire un concetto credo non sia così noioso o almeno me lo auguro.

Ora, proprio per comprendere meglio di cosa si tratta, senza voler insistere ancora troppo, vengono in aiuto almeno due importanti e autorevoli definizioni di economia circolare. La prima è quella riportata in una Comunicazione della Commissione europea,7 che, nell’Introduzione, descrive tale paradigma economico come quello di un’economia “in cui il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse è mantenuto quanto più a lungo possibile e la produzione di rifiuti è ridotta al minimo” […]. La seconda definizione è riportata su un interessante sito internet;8 aspetta un momento lo digito … Ecco, lo riassumo in parte a parole mie, mentre lo leggo sintetizzandolo. Dunque, è la definizione concettualizzata dalla Ellen MacArthur Foundation di un paradigma riferito ad un’”economia pensata per potersi rigenerare da sola” attraverso flussi di nutrienti ovvero flussi “biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera”, tramite processi come il compostaggio aerobico e la digestione anaerobica, e attraverso flussi di materiali ovvero flussi “tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. Puoi leggere per conto tuo Ettore e approfondire meglio se hai piacere. Adesso però facciamo un’altra pausa, altrimenti rischio di sfinirti e questo non lo vorrei proprio.

GIORGIO CORATI                                                                                                                                                  (SEGUE)

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Bibliografia
* Pubblicato il 28 agosto 2024 su https://spazioliberoblog.com/2024/08/28/io-sto-con-i-pesci-io-sto-con-i-pesci-lazione-umana-associata-a-un-codice-di-comportamento-di-consumo-di-prodotti-della-pesca-basato-su-strategie-di-economia-circolare-0-intro/.
 
[1] Istituto Nazionale di Statistica, ISTAT. (2022). Rapporto ISTAT SDGs 2022. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia. A cura di Ungaro, P.. ISBN 978-88-458-2086-1.
2 http://www.unric.org.it. (ONU, 2015). Sito web consultato il 16 novembre 2022: https://unric.org/it/agenda-2030/.
3 Potting, J., Hekkert, M., Worrell, E., & Hanemaaijer, A. (2017, Fig.1, p.5). Circular Economy: Measuring Innovation in the Product chain. English translation of the report Circulaire economie: Innovatie meten in de keten. Policy report. The Hague: PBL Netherlands Environmental Assessment Agency. PBL n.2544.
4 Bibliografia di riferimento:
Commissione europea. (COM(2012) 60 final). Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa. Successivamente aggiornata con altra Comunicazione. (COM(2018) 673 final). Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia,società e ambiente.
5 Vedi, Relazioni della Commissione europea in merito all’economia circolare: (COM(2015), 614 final); (COM(2019), 190 final).
6 Kirchherr, J., Reike, D., & Hekkert, M. (2017). Conceptualizing the circular economy: An analysis of 114 definitions. Resources, Conservation and Recycling, Vol.127, 2017, pp.221-232.
https://doi.org/10.1016/j.resconrec.2017.09.005.
7 Commissione europea. (COM(2015) 614 final, Introduzione). Comunicazione della commissione al Parlamento europeo, al consiglio, al Comitato economico e sociale europeo el al Comitato delle Regioni. L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare.
8 http://www.economiacircolare.com. Sito web consultato l’11 febbraio 2023: https://economiacircolare.com/cose-economia-circolare/.