ALCUNE CONSIDERAZIONI
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Fin dalla prima illustrazione fattamene da Fabrizio, ho apprezzato l’intento dell’iniziativa con la quale ci «si propone di diffondere la conoscenza di illustri concittadini che hanno avuto un ruolo significativo nella città o nei territori limitrofi». Leggendo poi la “proposta” di Claudio e di Giovanni, con i nominativi dei primi personaggi e le loro “definizioni” biografiche, ho naturalmente notato la completezza e l’accuratezza del lavoro, pur fatto in pochissimo tempo. Ho subito sentito il desiderio di aggiungere qualche nome all’elenco pubblicato, di integrare alcune notizie con dati di mia conoscenza per motivi professionali e di collaborare all’anagrafe con voci specifiche nelle materie a me più familiari. Ho anche accolto l’invito di Fabrizio a pensare ad un “logo” e per questo ho ripreso una bozza della copertina immaginata nel 1974 per un periodico comunale denominato “OC”, poi effettivamente pubblicato dal 1979 in poi con altre caratteristiche grafiche. Fabrizio, gentilmente, lo ritenne piacevole.
Ripeto di aver compreso perfettamente l’iniziativa del premio, che è validissima, ma, nello stesso tempo, mi è sembrato utile inquadrare la questione del ricordo, ossia della riconoscenza collettiva nei confronti di persone benemerite, secondo i metodi che avevo utilizzato durante gli anni della direzione dei servizi urbanistici comunali, raccogliendo tutte le notizie disponibili ed estendendo a figure femminili e maschili di notorietà più limitata la redazione di un “prontuario” o “breviario” che spiegasse «Chi era / cosa è stato / cosa ha fatto» ai contemporanei e ai posteri. Secondo i vecchi e consueti criteri di ricordare persone (ritenute) esemplari. Teoricamente si dovrebbero ricordare anche i casi negativi, ma la damnatio memoriae è già ststa ampiamente praticata da altri.
Sappiamo che nella “Sala comunitativa” del nuovo palazzo comunale, terminato nel 1695- 96, erano state dipinte varie iscrizioni commemorative, la cui stesura avevo ipoteticamente attribuita ad Arcangelo Molletti. Di tali epigrafi riguardanti gli antichi fasti cittadini, in totale 40, avevo ricostruito l’elenco nel quaderno OC del 1991 (pubblicato a gennaio 1992). Si riferivano ad avvenimenti datati dall’anno 90 d.C. al 1718 e celebravano altrettanti personaggi, da Traiano, Adriano, il vescovo Epitteto, Giustiniano e così via fino a Clemente XI (poi una 41a iscrizione fu posta sulla facciata del palazzo nel 1747 in onore di Benedetto XIV).
Sappiamo anche che, a parte le tradizionali consacrazioni di fortificazioni e loro parti ad angeli e santi, presenti da sempre, la prima intitolazione onorifica di strade fu fatta a Civitavecchuia nel 1836, quando (Calisse 664-665) «sull’ampia superficie delle mura demolite sorsero presto case e palazzi e si aprì una nuova piazza», che si chiamò Gregoriana in onore del pontefice regnante e le strade intorno si dissero Delicata, Ugolina, Antoniana, Prospera e Paola, dai nomi dei personaggi più eminenti del momento.
Il 30 agosto dell’anno scorso è uscito su Spazioliberoblog un mio scritto di vecchia data, “Storie di toponimi nella storia di Civitavecchia”, in cui ho illustrato la genesi della toponomastica civitavecchiese, le sue origini e ragioni, le sue stranezze e “bugie”. Anche per essere stato per molti anni il responsabile di questa competenza comunale, quando le regole e le leggi in materia venivano rispettate. Il sano e saggio criterio (l’ordine è sempre una buona cosa), comune a tantissime città, di intitolare le vie con criteri di “soggetto-zona” (il quartiere dei fiori, quello dei poeti, quello dei fiumi, ad esempio) è stato completamente stravolto a Civitavecchia, anche in modo insensato. Una via intitolata ai Padri Domenicani lì dove è stata posta, offende in primo luogo il benemerito Ordine dei Predicatori, poi la storia, poi la cultura. Come si è certamente derogato alla prescrizione di evitare intitolazioni affrettate o poco motivate, in caso di persone. Ma su questo aspetto, per il momento preferisco rinviare ad una analisi più accurata.
Ho ritrovato degli appunti già compilati in seguito alla proposta del 30 ottobre 1984 presentata al Sindaco del tempo (Fabrizio) e riproposta anch’essa su Spazioliberoblog, in cui ho ipotizzato la stesura di una “Enciclopedia di Civitavecchia”, che comprendeva un DIZIONARIO DEI PERSONAGGI: Nomi, cognomi e soprannomi, famiglie e personaggi nella storia cittadina. Classi sociali. Arti e mestieri. Imperatori, papi, prelati, artisti, ecc. nei loro rapporti con la città. Categorie economiche, composizione della popolazione per origine (provenienza geografica), ecc. Chi è. Cariche pubbliche, albi professionali, eventi e date da ricordare.
L’opera moderna in cui possiamo trovare una prima e ampia trattazione del tema della “riconoscenza civica” (e quindi del riconoscimento ufficiale di meriti e benemerenze) è il volume monografico Civitavecchia “vedetta imperiale sul mare latino”, edito a Roma nel 1932 dalla rivita “Latina Gens”. Una ristampa anastatica del volume è stata curata dalle Edizioni “Mare Nostrum” di Civitavecchia nel luglio 1994, con una prefazione firmata da Carlo De Paolis, nella quale, naturalmente, sono già ricordati alcuni personaggi, come Traiano imperatore e l’archeologo Salvatore Bastianelli, oltre agli autori della monografia, “persone animate da sincero amore per Civitavecchia” e “studiosi di specchiata onestà intellettuale”.
Il volume ha un capitolo intitolato agli “Uomini illustri” che va da pag. 108 a pag. 127, in cui sono ricordati con accurate biografie Alessandro Cialdi (1807-1882), padre Alberto Guglielmotti (1812-1893), Luigi Calamatta (1801-1869), il beato Vincenzo Strambi (1745-1824), Vincenzo Annovazzi(1779-1850), Cesare Laurenti(1865-1921), Guglielmo Manzi (1784-1821), Pietro Manzi (1785-1839), Nicola Cavalieri San Bertolo (1788-1867), Pietro Guglielmotti (1812-1873). A seguire, un paragrafo dedicato ai “Cittadini benemeriti”: Pietro Mazzocchi (1791-1837), Domenico Gatti (testamento 1617), Erasmo Benci (testamento 1646), Felice Morelli (testamento 1897), Cristoforo Verde (†1912), Alessandro Puri (Fondazione Rosa e Augusto Puri, 1926), la signora De Cousandier, la vedova Mazzaroni, Giovanni Carlevaro e il cav. Aurelio Albani.
Alle pagg. 128-133 è il paragrafo “Gli Eroi di Civitavecchia per la Grande Italia”, che contiene vari elenchi nominativi: I. Militari nati e domiciliati a Civitavechia, morti in combattimento o in seguito a ferite riportate in combattimento (65 nomi); II. Militari nati a Civitavechia e domiciliati altrove morti in combattimento o in seguito a ferite riportate in combattimento (27 nomi); III. Militari nati altrove e domiciliati a Civitavechia morti nella guerra 1915-1918 per ferite riportate in combattimento (33 nomi); IV. Militari nati o domiciliati a Civitavechia morti in servizio o per causa di servizio durante la guerra (86 nomi, cui è aggiunto Bonifazi Fortunato, brigadiere vigili del fuoco, deceduto a Civitavecchia il 3 giugno 1918 nello spegnimento dell’incendio di due Mas nella darsena del porto); V. Decorati ed encomiati (61 nomi con cenni biografici). Seguono poi (pagg. 134-137) le biografie del colonnello Giacinto Bruzzesi (1822-1900), del capitano Italo Stegher (1894-1917) e del brigadiere Fortunato Bonifazi, medaglia d’oro al valor civile (1880-1918). Una decina di pagine seguenti riportano un florilegio di brani in ossequio al regime al potere, introdotto dalla frase “memorabile” pronunciata da Mussolini sul treno fermo in stazione il 30 ottobre del ’22, con la storia del Fascio di Combattimento, i nomi e le imprese degli esponenti di “Civitavecchia fascista” e foto di folle plaudenti. A pag. 231, il capitolo “Lo sport a Civitavecchia” (scritto da Antonio Gagliardi), che si apre col ritratto di Vittorio Tanagnini e da una nota sul grande campione di pugilato, uno di quelli la cui fama ha «valicato le frontiere e i mari», traccia il panorama degli altri sport. Nessun nome da citare tra i calciatori, nonostante il trionfo della squadra locale nella stagione 1931-1932, con la conquista della prima divisione. Tra i ciclisti sono riportati i nomi di vari atleti: Bonucci, Vandini, Campidonico, Pellegrini e Giovannini sono le vecchie glorie, cui si aggiungono i nuovi “nero azzurri” Tardioli, Del Duca, Morroni, Panico, Porchianelli, Catoni e Marconi.Tra i nuotatori: Corati e Pucci, i migliori, affiancati dai giovanissimi Izzi, Pirzio, Romano, Razzetti, Cantoni e Saladini. Belle speranze si affacciano nel canottaggio, nel motociclismo, nel tiro a volo e nella vela.
Altri nomi appaiono in altri capitoli, che spaziano nei campi dell’associazionismo (dopolavoristico, sportivo, religioso), dei servizi e delle attività produttive, con molte pagine riservate al Porto, alla sua storia ed ai suoi molteplici aspetti. Altre pagine illustrano le attrezzature per le cure termali e i primi insediamenti delle industrie (tra cui la Società Anonima Prodotti Chimici Napoli, la Società Italiana Industrie Chimiche e Minerarie, la Socità Italiana Italcementi, la “Volsinia”di Elettricità, il Molino Silvestrelli e il Molino molte altre), abbracciando il territorio delle frazioni, da Santa Marinella alla tenuta di Santa Severa e del suo castello, fino a quella di Ladispoli.
Dell’Associazione Archeologica «Centumcellae», che conta al momento circa 160 soci, si ricorda la composizione della Presidenza: Presidente M.se dott. Benedetto Gugliemi, Vice-Presidente Salvatore Bastianelli, Segretario-Cassiere rag. Fernando Cordelli, Consiglieri: Betti Achille, Buzzi Pompilio, Iannetti Giovanni, La Rosa Vittorio, Paolini cav. Marcello, Parrini Camillo, Romiti Giuseppe.
Tra le ditte che operano nel settore dei materiali da costruzione e le imprese edilizie, sono ricordate: Di Cola Francesco e Figli; Di Gennaro Pietro e Fratelli; Amaturo geometra Matteo; Calderai Ernesto; Corati Samuele e Fratello; Fratelli La Rosa; Bisozzi Silvestro; Fratelli Colagiacomo; Buscalferri Elio; ditta De Angelis; stabilimento Del Duca Guglielmo e Figli; Società Romana dei Caolini; Fratelli Romiti per il marmo; Fratelli Feltrinelli e Fratelli Vidau per il legname all’ingrosso; per la fabbricazione di mobili: ditte Cerulli, Monanni, Campanari e Marra.
Per quanto riguarda il periodo fino alla Seconda Guerra Mondiale, quindi, la documentazione disponibile per quel mio ipotetico DIZIONARIO è molto ampia, come anche quella rintracciabile nei tanti studi, rubriche, almanacchi e simili degli anni tra il 1970 e il 2006. Temo, invece, che poco sia stato fatto per dare conto delle denominazioni stradali e di edifici avvenute dopo il primo gennaio 2007. Che riguardano anche nomi di scuole e di altri edifici pubblici, con sostituzioni e cancellazioni. Probabilmente, una ricognizione con eventuali riordini e razionalizzazioni sarebbe auspicabile.
Qui di seguito una bozza da meglio calibrare di due schede biografiche degli architetti cui dobbiamo i principali strumenti urbanistici dei tempi nostri e varie opere di buona architettura. Mi riservo di proporne altre in seguito.
FRANCESCO CORRENTI

Caro Francesco,
nel tuo scritto, interessante e produttivo di possibili approfondimenti, ha attirato la mia attenzione la toponomastica. Materia bistrattata, ignorata, dilaniata dalla furia degli insediamenti industriali. Pensiamo ai toponimi agrari sconvolti dagli insediamenti dell’energia solare. Per non parlare di ciò che hai governato, ovvero della odonomastica spesso maneggiata da arditi politicanti privi di competenza ma arroganti nelle attribuzioni fantasiose che hanno il solo scopo di una squallida captatio con il tribuno locale.
Il nomen di un luogo spesso è rivelativo di una storia cristallizzata nel tempo. Un relitto fossile che rivela al pari del reperto archeologico. Pensiamo ai numerosi idronomi ed oronimi dei monti tolfetani che gradatamente discendono verso la nostra costa. Alcuni rivelano nel loro significante il significato della dominazione longobarda ( Baldone , costa Lombarda… Pensiamo a quanti luoghi esibiscono nel loro nome un agionimo: esempio tipico è il nostro Santagostino che rimanda al famoso evento anticipatorio delle meditazioni trinitarie del Dottore della Chiesa in stretto collegamento con la Trinita allumierasca. Eppoi San Liborio e così via.
Una antologia dei nomi è stata espressa da Stefano Del Lungo grazie alla Provincia di Roma (e Viterbo). Ma è solo una prima impresa che meriterebbe un forte approfondimento.
Nella toponomastica il significante non è sempre arbitrario. Al contrario, il significante si collega strettamente al significato. Non c’è dubbio che spesso il nome derivi da un uso tramandato di un evento banale (“femmina morta” per esempio). Accade che il nome, spesso, sia usuale date le medesime condizioni formali (ponte del diavolo, polledrara…)Ma accade che il nome derivi da un evento forte e tale che quel nome permanga vincendo l’erosione del tempo. In questi casi è documento di storia che come tale va protetto e conservato.
Mi fermo. Quanto, Francesco, potresti ancora dare alla nostra comunità!!
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Caro Carlo Alberto,
le tue considerazioni su tantissimi temi sono sempre per noi tutti una preziosa analisi della questione e una validissima indicazione da seguire e così i tuoi apprezzamenti rappresentano per me, come sai, la massima conferma di non aver detto cose troppo banali, pur tenendo conto della tua estrema cortesia. Che si avvicina ai limiti estremi con frasi come la tua conclusione… Sono consapevole che certi studi, certe elaborazioni grafiche, certi dati raccolti – quanto meno per il tempo e la pazienza che hanno richiesto –potrebbero essere utili se vi fosse ancora un centro di studi attivo e alimentato da forze sempre nuove, con la supervisione di organizzazioni pubbliche autorevoli. Ma non ho visto intorno qualcosa che potesse dare speranze per il futuro, anzi, anche persone che avevo creduto possibili “eredi” di metodi e documenti, si sono purtroppo dileguate, senza dare notizie e senza che si vedessero risultati apprezzabili (nel senso di percepibili) sul campo. Mi è sembrato, spesso, che parlare di conservazione della memoria storica in certi ambienti fosse vano. Non so perché, o forse lo so bene, ma ho constatato che continuare a proporre argomenti e attività del solito tenore, in assenza di reazioni o peggio, mi produceva poi un senso di tristezza e avvilimento da evitare. Un po’ – non so se renderò a pieno l’idea – come una frase che ho letto (o che forse mio padre mi diceva di aver letto) in qualche cimitero o sepolcro, molto vera ma altrettanto “cruda”: “Quel che voi siete fummo, quel che noi siamo sarete”. Così è, senza dubbio… Inutili altri discorsi? Ma… voglio concludere uscendo dal clima avvilente creato dai continui ostacoli che, come ho illustrato in altri articoli, hanno impedito dal 2007 ad oggi la conclusione di interessanti iniziative! E allora avanti, proviamo a guardare con fiducia, ancora una volta, al futuro!
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