DELLA MIA DOLCE ARMENIA – PARTE II

a cura di LETIZIA LEONARDI ♦

Parte II

Intervento della giornalista e scrittrice Letizia Leonardi, autrice del libro “Yeghishe Charents – Vita inquieta di un poeta”

Viviamo in un’epoca caratterizzata da grandi conflitti e questo rischia di far passare in secondo piano tante altre guerre più circoscritte ma non meno importanti e meno drammatiche, tra l’altro molto spesso collegate ai conflitti principali più di quanto si creda.

Il Caucaso non è poi molto lontano dall’Ucraina ed è collegato ad un intreccio di relazioni internazionali complesse. Nel caso dell’Armenia siamo in una situazione che vede coinvolti Paesi come la Turchia, l’Azerbaijan, l’Iran e le problematiche delle ex Repubbliche sovietiche, con tutto quello che ne consegue nei rapporti internazionali, Se infatti l’Armenia, ex Repubblica sovietica, scegliesse di farsi appoggiare dall’Occidente avrà delle conseguenze e se dovesse rimanere vicino alla Russia ne avrà altre. Di fatto mi sembra che, al momento, non sia protetta né dall’uno né dall’altra.  E questo è molto pericoloso.

AMENIA POLITICAL MAP

Map of Armenia (Political) Source:https://www.worldometers.info/maps/armenia-political-map/

A questo aggiungiamo che l’Armenia è il più antico Stato cristiano del mondo e quindi, nella posizione in cui si trova, appare quasi come un’enclave che non dovremmo dimenticare in un’area densa di situazioni conflittuali e di popolazioni islamiche che mal digeriscono le minoranze, specie se cristiane. Erdogan e il suo alleato azero non fanno mistero del loro odio nei confronti degli armeni. Erdogan ha più volte dichiarato che Turchia e Azerbaijan sono due nazioni ma un unico popolo e che deve completare il lavoro di spada iniziato dai suoi avi nei confronti degli armeni. Evidentemente milione e mezzo di armeni massacrati nel 1915, durante il genocidio armeno, su una popolazione di due milioni, residente nell’impero ottomano all’epoca, non è bastato.

La parola genocidio ricorre sempre più spesso nelle cronache attuali e gli storici e commentatori non sempre sono d’accordo su quando usare questo termine. È quindi importante conoscere e riconoscere il genocidio armeno che, a livello di analisi storica, è identificato come il primo del XX secolo e quindi è oggetto di ispirazione per ricordare il passato per capire il presente e sperare che certe pagine buie della storia non si ripetano perché il tragico destino del popolo armeno continua anche adesso. La Turchia non ha riconosciuto il genocidio armeno, anzi, parlare di genocidio riferito agli armeni, in Turchia è vilipendio alla nazione ed è punito con il carcere. Purtroppo neanche l’Italia ha riconosciuto il genocidio armeno, o meglio, lo ha riconosciuto ma solo a parole. Non c’è infatti una legge del Parlamento. Per due volte la mozione è passata alla Camera dei Deputati ma si è bloccata al Senato. Spero che  venga al più presto compiuto questo atto di giustizia e civiltà da parte del Parlamento italiano.

Attualmente  non ci limitiamo a rievocare eventi di più di 100 anni fa ma parliamo di persecuzioni e guerre che si protraggono fino ai giorni nostri. Mi riferisco alla drammatica situazione del popolo curdo, al recentissimo conflitto nel Nagorno Karabakh tragicamente conclusosi con l’annessione all’Azerbaijan di questo territorio, fin dall’antichità abitato e governato da armeni e così dal primo gennaio di quest’anno, è stato cancellato dalle cartine geografiche senza che la comunità internazionale abbia fatto alcuna azione per aiutare la popolazione armena a difendere il proprio diritto all’autodeterminazione. Non ha fatto nulla, nemmeno quando gli azeri hanno bloccato il corridoio di Lachin, unica via di collegamento tra il Nagorno Karabakh e l’Armenia e quindi il resto del mondo, provocando una terribile crisi umanitaria, durata non una settimana, non un mese ma quasi dieci  mesi Adesso, gli azeri non contenti, minacciano il territorio armeno. A tutto l’Occidente dovrebbero stare molto a cuore le sorti dell’Armenia. Il nostro auspicio è che il territorio sovrano della Repubblica d’Armenia possa mantenere la propria integrità, indipendenza e autonomia e che questa nazione non venga sopraffatta dalla posizione dominante dell’Azerbaijan e dei suoi alleati. Qualche affare economico e un po’ di gas non valgono il sacrificio del diritto di un intero popolo di vivere in pace nella propria Terra.

IMG-20240519-WA0053Lettura di Ettore Falzetti: «Nel mondo, sotto la maschera del bene, molto spesso si nasconde il male; io invece al buon contenuto della mia anima ho dato, per dir così, un nome maligno».

Così Yeghishe Abgar Soghomonyan, il grande poeta armeno dell’anti-rivoluzione, ha spiegato la scelta del suo nome d’arte Yeghishe Charents divenuto, dal 1921, anche quello anagrafico. In lingua armena Charents deriva dalla radice [ciar] che significa “cattivo”.

In questo contesto si inserisce anche l’ultimo libro che ho scritto: “Yeghishe Charents; vita inquieta di un poeta”, pubblicato dalla casa editrice Le Lettere e con la prefazione dell’attore, regista e sceneggiatore Carlo Verdone, che ringrazio perché ha impreziosito il testo. Si tratta della prima, e per il momento unica, biografia in italiano di uno dei più grandi scrittori dell’Armenia sovietica. È stato gratificante e anche coinvolgente scrivere questo libro perché l’importanza della storia di questo scrittore va oltre i confini dell’Armenia perché al di là del dramma vissuto da questo martoriato popolo, questa vicenda è il simbolo dei genocidi e delle persecuzioni che hanno insanguinato il secolo scorso e che purtroppo continuano a verificarsi anche al giorno d’oggi.

Nella sua breve vita Charents ha visto tutti gli orrori del mondo. Aveva solo 18 anni quando si è arruolato, nel 1915, come volontario armeno nell’esercito dello zar, perché lui era di Kars e all’epoca si trovava nel territorio russo. Oggi è in Turchia. Charents si è così trovato di fronte agli occhi il massacro del suo popolo. Aveva 40 anni quando rimase vittima delle purghe staliniane. I suoi libri sono stati ritirati e distrutti dal regime sovietico ed era proibito anche solo pronunciare il suo nome.

La biografia di Charents racconta soprattutto la parabola del sogno, forse dell’utopia di trovare la libertà e la salvezza del proprio popolo con l’avvento della rivoluzione bolscevica e la successiva disillusione culminata con la tragedia delle purghe staliniane delle quali il poeta rimase vittima. Questa biografia scaturisce da una ricerca sul campo perché sulla vita di questo autore non era disponibile alcuna pubblicazione in italiano se non alcune poesie tradotte dall’autorevole storico e critico letterario Mario Verdone, padre di Carlo, alcune delle quali sono state inserite in questa biografia. Per scrivere questo libro mi sono recata personalmente in Armenia, ho visto i luoghi di Charents, ho conosciuto i suoi discendenti, parlato con la nipote Gohar. Da amiche e amici mi sono fatta raccontare curiosità e aneddoti, alcuni tramandati solo per via orale. Naturalmente la casa museo Yeghishe Charents a Yerevan è stata il fulcro della mia ricerca.

Tra Charents, l’Armenia e l’Italia appare evidente un legame forte. Al di là del fatto che molti armeni amano l’Italia e parlano correttamente l’italiano, all’Università di Yerevan si tiene il corso di italianistica, si studia la letteratura italiana e quindi è giusto che anche gli italiani comincino ad approfondire la conoscenza della letteratura, la storia e la cultura armena. Ma poi  in particolare tra Charents e l’Italia è noto anche un legame diretto. Ad esempio Dante Alighieri era per Charents una guida e una fonte di ispirazione. Nella sua casa, teneva esposto  il busto del nostro sommo poeta e ha intitolato Leggenda dantesca la sua prima importante opera, anche dal punto di vista storico, in quanto testimonianza diretta del genocidio armeno. Leggenda perché gli orrori che lui ha visto durante il periodo del genocidio erano tali da non sembrare realtà. E le terribili scene evocavano proprio un inferno, come quello di Dante.

IMG-20240519-WA0070Lettura di Ettore Falzetti –  Alcuni stralci della “Leggenda dantesca”

Sul ciglio della strada abbiamo visto un cadavere

Ci fermammo e per un momento ci guardammo l’un l’altro.

Sotto le piogge era già marcito

La pioggia battente aveva portato via,

poco alla volta, la Memoria della sua vita.

[…]

Ho dimenticato quel corpo grottesco e sfigurato

Ho respirato profondamente la fragranza della terra

Quindi, ancora una volta, il mondo è apparso nuovo e fresco

Con tutto il mio cuore aperto.

[…]

Ecco, alcuni altri corpi

E lì, una treccia di capelli di donna

E di nuovo sotto alcune coperte macchiate di sangue

Briciole di pane putrido insanguinato. […]

 

 

Charents ha visitato l’Italia, amava la nostra letteratura, conosceva bene le opere di Ugo Foscolo. Appaiono evidenti delle analogie tra la sua più amata ode “Della mia dolce Armenia” e la poesia di Foscolo “A Zacinto”, entrambe un omaggio alla propria terra, la manifestazione di un comune sentimento di amor patrio. La poesia “Della mia dolce Armenia” l’ho inserita nel mio libro e poiché è stata tradotta dal professor Mario Verdone vorrei che la leggesse il figlio Carlo.

IMG-20240519-WA0073Lettura di Carlo Verdone:

DELLA MIA DOLCE ARMENIA

Della mia dolce Armenia

amo la lingua che ha il sapore del sole,

la tragica voce e i lamenti dei bardi,

amo i fiori color del sangue,

l’intenso profumo delle rose

e le danze gentili delle figlie del Nairi.

Amo il cielo blu profondo,

le acque limpide e il lago luminoso,

il caldo sole d’estate e i gelidi venti d’inverno

che soffiano con voce di drago,

i muri tristi e neri delle capanne sperdute nel buio

e le pietre millenarie delle antiche città.

Ovunque vada non dimenticherò

le nostre canzoni che hanno voce di dolore

e i libri di pergamena pieni di preghiere e di pianti.

Malgrado le piaghe

che feriscono il mio cuore addolorato

la mia Armenia diletta, insanguinata, io canto.

Per il mio cuore ebbro d’amore

non c’è leggenda più fulgida,

non vi sono fonti più pure

di quelle dei nostri antichi cantori.

Va per il mondo: non c’è vetta bianca

come quella dell’Ararat.

Come strada di gloria irraggiungibile, io l’amo.

Traduzione di mio padre

IMG-20240519-WA0046Lettura di Ettore Falzetti: «Il direttore spesso mi portava nel suo ufficio e mi faceva recitare la poesia “Della mia dolce Armenia”. Circa cinque o sei docenti si riunivano per ascoltarmi, lasciando fuori, dietro la porta l’insegnante di scultura. All’inizio pensavo che stesse di guardia affinché nessuno mi interrompesse. Anni dopo capii che lui controllava che nessuno sapesse che mi stavano ascoltando. Che stavano ascoltando la poesia di mio padre. Restava fuori in modo che nessuno potesse entrare e scoprire quella cosa “proibita”. Quando iniziavo a recitare la poesia notavo che tutti piangevano. Solo anni dopo capii il perché».

Lettura tratta dalla testimonianza della figlia secondogenita Anahit.

Una biografia questa che non si limita a raccontare la vita di un grande autore ma che cerca di scoprirne anche il suo temperamento, i suoi entusiasmi e le sue fragilità, anche attraverso alcune significative lettere. In particolare il capitolo 9, quello sulle memorie della sua più cara amica Regina Ghazaryan, sembra quasi la sceneggiatura di un film perché riporta la storia dell’amicizia giovanile, il momento drammatico e toccante dell’arresto del poeta, il destino delle figlie, il dramma dell’intera famiglia del poeta e l’avventurosa vicenda dei manoscritti nascosti e quindi sottratti alla distruzione ordinata dal regime sovietico e recuperati molti anni dopo.

IMG-20240519-WA0114Lettura di Carlo Verdone: uno stralcio della testimonianza della moglie Isabella sul giorno dell’arresto del poeta

«A Yerevan faceva caldo come sempre. Lui mi ha detto: “Ti porto a Nork”. E mi ha portato a Nork con le figlie. C’era una casa grande a due piani. Non so di chi era, non mi ricordo. Era di mattina. Abbiamo preso il tè insieme. Poi Yeghishe ha preso una delle bambine in braccio e l’altra per mano ed è andato vicino al fiume, mentre io mi sono messa a riordinare un po’. Verso mezzogiorno ho visto una macchina nera fermarsi davanti casa, dalla quale uscirono due uomini con l’uniforme del Commissariato Popolare degli Affari Interni dell’Armenia Sovietica Mi hanno chiesto: “Dov’è Charents?”. Ho risposto: “È lì in fondo al giardino con le figlie”. I due si sono girati e si sono recati verso di lui. Quando lo raggiunsero gli dissero: “Compagno Charents, devi venire in Commissariato per un interrogatorio”. Charents capì immediatamente tutto e disse: “So che non tornerò più qui, quindi vi chiedo di far venire la mia famiglia con me a Yerevan”. La sua richiesta fu accolta». Si sedettero tutti in macchina. La figlia maggiore, Arphenik, sedeva sulle ginocchia di suo padre mentre Isabella teneva la piccola Anahit. Per tutto il percorso, Charents rimase in silenzio, malinconico, con la testa china e guardò tutto il tempo gli occhi di Arphenik, come se volesse memorizzare per sempre la sua immagine. «Quando siamo arrivati a Yerevan, lui si è tolto il mantello e si è seduto. I due uomini sono entrati nel suo studio. Gli hanno detto: “Compagno Charents, possiamo chiederti di regalarci dei libri?”. Lui li accontentò. Ha preso due libri, ci ha messo il suo autografo e glieli ha dati». Quando Yeghishe consegnò i suoi libri, qualcosa brillò negli occhi del poeta: lo splendore della vittoria. Capì che la sua poesia era invincibile.

Se volessimo associare Charents ad un elemento della natura direi che è sicuramente il fuoco. Aveva il fuoco degli ideali e della passione dentro e se, dopo 87 anni dalla sua morte, siamo qui a parlare di lui, significa che la fiamma della sua memoria non è destinata a spegnersi. Ci sono diverse ipotesi sulla morte di Yeghishe Charents. Non esiste una tomba di Charents a Yerevan perché il suo corpo non è stato mai trovato. Quando ho chiesto alla nipote se fosse dispiaciuta del fatto che non ci fosse una tomba con i resti del nonno lei mi ha risposto che va bene così perché lui non ha una tomba ma è nel cuore di tutti gli armeni.

IMG-20240519-WA0021Lettura di Ettore Falzetti:

INSONNIA

Battono, battono, battono i cavalli,

trottano nella notte, pestano gli zoccoli

pestano con i loro ferri e martellano

la terra mentre la notte è senza fine

e la strada un mistero…

Galoppano, galoppano, galoppano i cavalli

vicini, lontani. Battono gli zoccoli

i loro ferri martellano le tempie.

Mistero è il mondo, passa, ed è la morte.

La biografia di Yeghishe Charents è stata l’ultima delle mie pubblicazioni. Ho scritto altri libri su storie vere e traduzioni di testimonianze in diretta sul genocidio armeno. Non sto qui ad elencarli tutti ma vorrei fare cenno ad uno in particolare perché qui, seduto in prima fila, c’è il protagonista della storia e co-autore insieme a me: Kevork Orfalian.  Abbiamo scritto il libro con la sua storia, partendo da quella dei suoi avi, che hanno subito i massacri hamidiani della fine dell’800 e il genocidio del 1915 e la sua rocambolesca esistenza con il tragico periodo di carcerazione in Turchia, accusato ingiustamente di essere un terrorista armeno. Il titolo della prima edizione è “Il chicco acre della melagrana”, che ha ricevuto diversi riconoscimenti, anche qui a Civitavecchia. È stato poi ripubblicato con il titolo “Destino imperfetto”. Vi consiglio di leggerlo.

Durante questo mio percorso professionale ho potuto conoscere la terra di Armenia e i suoi abitanti. Chi va  in Armenia  si sente a casa. È una terra ricca di storia, con dei paesaggi stupendi. Visitare i monasteri è un’esperienza mistica, ci si sente avvolti da una grande spiritualità. E poi ci sono i particolari musei con preziosissimi reperti. Due tra i tanti: il Matenadaran, che conserva una vastissima collezione di manoscritti e libri antichissimi, e il Museo di Storia dell’Armenia, con cimeli ben conservati e preziosissimi. Spesso non rientrano nei circuiti turistici ma vale la pena visitare anche le numerose Case Museo, come quella di Charents o del regista Sergej Parajanov o quella dell’etnologa Lusik Aguletsi, Non posso che augurarvi di scegliere l’Armenia per una vostra esperienza di viaggio che sono sicura sarà per voi indimenticabile. Il culmine di questa mia attività è stato nel luglio dell’anno scorso quando ho avuto il grandissimo onore di ricevere direttamente dalle mani del Presidente della Repubblica d’Armenia Vahagn Khachaturyan, in visita di Stato a Roma, questa medaglia di Gratitudine. Approfitto quindi della presenza dell’Ambasciatore per ringraziare ancora una volta le autorità dello Stato armeno per questo graditissimo riconoscimento. Ringrazio anche Carlo Verdone per essere qui. Ringrazio per le letture Carlo Verdone ed Ettore Falzetti e tutti voi presenti per l’attenzione.

LETIZIA LEONARDI                                                                                                        (segue)

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 * Foto di Enrico Paravani