Ulisse… di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri, molti dolori patì sul mare nell’animo suo.

di SIMONETTA BISI

“Ὀδυσσεύς… πολλῶν δ’ ἀνθρώπων ἴδεν ἄστεα καὶ νόον ἔγνω, πολλὰ δ’ ὅ γ’ ἐν πόντῳ πάθεν ἄλγεα ὃν κατὰ θυμόν.”

“Ulisse… di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri, molti dolori patì sul mare nell’animo suo.”

LIBRO

In un angolo recondito della memoria, dove le emozioni si intrecciano con i ricordi più vividi, nasce questa raccolta di poesie di Andrea Barbaranelli. Ogni verso è un battito del cuore, ogni strofa un respiro dell’anima, mentre le pagine si susseguono e scandiscono i momenti di una vita vissuta intensamente. Ricordi, emozioni, sentimenti, diventano anche i nostri, e l’autore si fonde con le immagini che evoca, e mentre leggiamo o ascoltiamo quei versi ci sembra di poter toccare con mano le gioie e le angosce che hanno plasmato le tappe della sua vita. E anche le nostre. Perché la poesia è a-temporale. La vera poesia, infatti, è immortale perché tempi e luoghi della narrazione fanno da cornice a qualcosa cha appartiene a tutti, o almeno a tutti coloro che la vita la vivono (ci sono anche persone che sembrano vive, ma sono sorde al bello e alle emozioni).

Non è facile presentare un libro di poesie, perché su ognuna di esse si potrebbe parlare per un’ora, e fare una sintesi da quarta di copertina ne avvilirebbe l’essenza. Carlo Alberto Falzetti ha trovato la via giusta per fare partecipe il pubblico della ricchezza di contenuti e dell’armonia dei versi, ritagliando abilmente, per temi, alcune parti delle poesie di Andrea, affidate alla lettura di Ettore Falzetti e Rachele Giannini.

La sala convegni della Fondazione Ca.Ri.Civ. era piena di gente: un libro di poesie di solito non attira il pubblico, ma non era questo il caso, per due motivi: l’autore e la lingua. L’autore: quella di Andrea non è solo “cultura”, cioè sapienza e conoscenza, ma è passione, quella passione che ti porta lontano per conoscere altri mondi, stimola la creatività, e suscita sentimenti potenti. Quella potenza che plasma ogni parola, e incanta il lettore perché si trasformano – le parole – in immagini. E lo vedi, il regazzino che affronta le onde del mare grosse come case, in quella ‘Città che era la mia’.

“ὡς δ’ ὅτ’ ἀνὴρ τόξον τείνῃ καὶ ἐϋστρεφές ἐστιν, εὐχερέως, ἀμφὶ δ’ ἄρ’ ἐστρεφθῇ νευρή, ὣς εὐχερέως τόξον τείνας Ὀδυσσεὺς ἐρρίφθη.”

“Come quando un uomo tende facilmente un arco ben fatto e la corda si avvolge facilmente attorno, così facilmente Ulisse tese l’arco e scagliò la freccia.”

Quale lingua ha scelto, Andrea Barbaranelli, per questo suo viaggio autobiografico? La lingua, soprattutto nella poesia, è una parte insostituibile della scrittura, non è un caso che a lato della versione tradotta nella lingua del lettore ci sia sempre quella originale. Perché ogni poesia ha il suo ritmo, le sue note, e le ‘sue’ parole. Le poesie nascono nella mente prima di apparire su un foglio, e non è detto che nascano tutte con la stessa lingua. Io non so in che lingua quelle parole siano nate nella sua mente, non ha importanza. Andrea ha scelto la “variante civitavecchiese del romanesco”, perché rappresenta la lingua che ha ascoltato da quando è nato, quella in cui è cresciuto e si è formato. E se i ricordi di allora si vestono di parole, quelle parole non possono non rappresentare la terra, il suolo, le case, le strade, le scuole, la famiglia, gli amici, e anche lui, come era e come è diventato.

SIMONETTA BISI

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