Vendesi castello ad Elsinore che nessuno vuole.
di LUCA GUERINI
La SIAE ha reso noto gli spettacoli che hanno incassato di più a teatro nel 2022:
NOTRE DAME DE PARIS (Musical)
FIORELLO PRESENTA … (Rosario Fiorello)
NAPOLETANO? E FAMME NA PIZZA (Vincenzo Salemme)
NON E’ COME SEMBRA (Angelo Pintus)
SAMUSA’ (Virginia Raffaele)
SETTE SPOSE PER SETTE FRATELLI (Musical)
LA FAVOLA MIA (Panariello)
MAMMA MIA (Musical)
AMORE + IVA (Checco Zalone)
MA… DIAMOCI DEL TU! (Enrico Brignano)
Sebbene sia necessario subito fare una premessa ciò che è lampante in questo elenco è che non ci sia neanche uno spettacolo di prosa, ma solamente musical e spettacoli di evasione comici. La premessa obbligatoria, a meno che non si voglia fare un discorso da stupidi, è che si tratta dei dieci spettacoli che hanno incassato di più ossia spettacoli che hanno un biglietto anche di 50/70euro e adatti a teatri e palazzetti da anche mille posti o più. Adesso non fate dell’ironia: ovvio che non pensavo di essere in questo elenco! Si tratta di spettacoli con il nome televisivo protagonista di one man show spesso al massimo accompagnato da una band o un’orchestra, nessun personaggio: il pubblico va a vedere Enrico, Angelo, Checco e nessuna narrazione. Questo sicuramente non mette in difficoltà l’attenzione sempre calante dello spettatore medio abituato ormai ai tempi dello scrollare lo smartphone: ce lo vedete a seguire le vicende di Oreste o anche solo di un Falstaff per essere più leggero, magari per tre o cinque atti? Indubbiamente lo spettatore è regredito ed impigrito, farlo uscire di casa, cercare parcheggio, magari muoversi sotto la pioggia, un conto è farlo per la meravigliosa compagnia di professionisti, un conto è per quel comico che ci bombarda in televisione ogni giorno. Ormai nella prosa “il Nome” ha la predominanza su tutto il sistema, si va a vedere Alessandro Preziosi a prescindere da quello che fa, senza neanche interessarsi alla trama, al progetto, alla regia. Perché succede? Non c’entra certo il divismo di decenni fa, quanto il voler apparire, essere parte di una narrazione. Quasi un feticismo di vedere in tre dimensioni quello che hai visto dietro uno schermo! In teatro approdano con disinvoltura i volti televisivi, financo quelli dei reality. Nei cartelloni di prosa troviamo storici dell’arte, criminologi, divulgatori e matematici e poi (per i motivi di cui sopra) il volto televisivo che prima di andare a teatro passa alla biblioteca comunale prende un libro del reparto classici e lo legge alla bell’e meglio lautamente pagato da ogni singolo spettatore contento. Forse il problema di questo è nella mancanza di educazione e della mancanza di una “scuola di platea” che permetta di leggere il teatro come linguaggio di comunicazione. Non abituando il pubblico ai testi di Brecht, Buchner, Eschilo il pubblico va a vedere quello che gli viene servito nel piccolo schermo. Come dargli torto? Non conosce altro e quell’altro viene proposto con tante salse retrò e fuori dai dettami della nuova cucina. Perché pagare un tot per sorbirsi il dramma di un personaggio quando nel già citato piccolo schermo ci sono guerre, inflazione, femminicidi… e non veniteci a dire che è una cosa temporanea, non penso proprio che quando il mondo sarà migliore ci tornerà la voglia di visitare Elsinore! E’ un percorso in discesa che è iniziato e non voglio passare per arrendevole dicendo che è molto molto molto molto difficile arrestarlo. Come può succedere? Dando dignità alla prosa, aumentando le occasioni di confronto con il linguaggio teatrale, facendo capire che chi lavora nello spettacolo lavora, che salire su quelle assi consumate non è una cosa per tutti così come nessuno s’improvvisa architetto. Concludo con un consiglio: cancellate dalle vostre espressioni frasi del tipo “hai la faccia da attore”, chi vi ascolta potrebbe crederci e pensare che questo basti!
LUCA GUERINI
commento che forse risulterà alla fine un poco confuso: io non ho rifatto l’abbonamento al Traiano; il teatro della parola mi annoia parecchio, quello che ho avuto modo di vedere negli ultimi anni; ero l’unica al teatro a non ridere alle battute e scenette di Salemme e Lucilla Morlacchi con il suon”Aspettando Godot” dando le spalle alla platea fu di una noia mortale; io da ragazza ho fatto teatro a Palermo, teatro di avanguardia lo chiamavano; Antonin Artaud era il nostro mito e ho fatto persino uno stage con il Living; per me teatro era Carmelo Bene, era Lindsay Kemp era il Living;i classici non li fa nessuno meno che mai rivisitati alla maniera di Carmelo Bene che con Macbeth che si concludeva sulle note di Vola Vola Vola mi rapì il cuore. Oggi allora preferisco andare a sentire Barbero o Baricco o Travaglio o al limite Brignano; negli ultimi anni mi sono solo annoiata a morte quelle volte che mi hanno trascinato a vedere qualcosa
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