L’ANGELO E LA BELVA

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

Il prevalere della specie rispetto all’individuo.

Questo è un principio solido nella storia dell’umanità. E’ in funzione di questo assioma che molti popoli sono giudicati. I “neri” non sono mai stati visti, nella maggioranza dei casi, quali individui. Gli ebrei per il nazismo erano razza da estirpare, non singoli individui. I genocidi della storia rispondono tutti a questa logica spietata.

Così è nei riguardi degli animali , Basti pensare agli innumerevoli sacrifici per ingraziarsi la divinità. Basti pensare, al di là della macellazione rituale, alla macellazione per l’alimentazione.

La specie e non l’individuo! Uniche eccezioni gli animali di nostra compagnia: l’individuo prevale sul genere.

 Questo principio è alla base della bestialità umana. L’uomo è un animale non stabilizzato. Non è stabilizzato perché è privo della istintualità che dirige i movimenti degli altri esseri viventi non umani. Questa  instabilità significa che ci si può attendere di tutto a differenza della bestia. Si può avere il santo come l’assassino gaudente delle sofferenze arrecate, l’angelo o il demone.  La mancanza di codici istintuali pone l’uomo quale animale libero: un dono che si pone come un macigno!

In termini diversi questa genericità dell’uomo che lo distingue dallo specifico dell’animale può condurre a definire l’uomo come “essere naturale generico”(il gattungswesen marxiano che trae spunto dallo zoon politikòn aristotelico). L’idea liberale, al contrario, definisce l’uomo essenzialmente come essere utilitarista, avaro, super interessato, razionale calcolatore. Dunque, uomo ad una sola unica dimensione. Ma questa possibilità di genericità potenziale espone al rischio di creare società alienanti, dominanti, persecutorie, fondamentaliste, dogmatiche, androcentriche, soffocanti.

La civilizzazione umana non è niente altro che l’aver escogitato un arte nel rimediare a questa pericolosa imprevedibilità del comportamento umano. I mezzi di quest’arte sono la razionalità e la morale (ovvero lo Stato di diritto e le sue leggi).

Con questi mezzi da sempre si è tentato di evitare che la libertà conducesse all’insorgere della belva. La storia è, però, il lungo elenco di questi fallimenti! Far valere la specie sull’individuo è assenza logica, oltraggio morale:  dunque ritorno alla bestia!

Per comprendere meglio che significhi questo ritorno alle origini evidenzio questa citazione esemplare.

Riflettiamo dunque: dove finisce la bestia e dove comincia l’uomo?

Finché gli uomini aspirano alla vita come ad una felicità, non si è ancora sollevato lo sguardo al di sopra dell’orizzonte della bestia. In questo caso l’uomo vuole soltanto, con maggiore consapevolezza, ciò che invece la bestia cerca mossa dal cieco istinto.

Per tutta la nostra vita, dunque, noi non usciamo dalla bestialità. Siamo bestie che sembrano soffrire senza senso.

Tuttavia, ci sono momenti in cui ce ne rendiamo conto: allora le nuvole si squarciano e tendiamo verso qualcosa che è al si sopra di noi.

Rabbrividendo in quell’improvviso chiarore ci guardiamo indietro, ci guardiamo intorno.

L’immenso agitarsi degli uomini sul grande deserto della terra, il loro continuo fondare stati guerreggiando, il loro instancabile adunarsi e disperdersi, quel loro correre confusamente, il loro reciproco ingannarsi, il loro reciproco calpestarsi, il loro gridare nella disgrazia, il loro ululare di gioia nella vittoria, ebbene tutto questo è la continuazione della bestia da cui discendono.

Già è molto se talvolta nel tempo e nello spazio riusciamo ad emergere un po’ con la testa ed accorgersi in quale palude noi siamo immersi.

Una pagina amara, senza speranza e che illustra chiaramente il tratto distintivo dell’umano in genere. Di fronte a tutto questo appare risibile il tentativo di taluni di giustificare la parte ignorando che la totalità è immersa nella palude. La logica e la morale tentano di prevalere con affanno. La storia registra continui fallimenti come si è detto ma anche momenti di vittoria indiscutibile. Ma ciò che deve esser chiaro è che da questa eterna lotta non è lecito trarre giudizi netti. Il fondamentalismo è la patologia che accompagna quella torbida sospensione di morale e di logica nella storia. Il fondamentalismo: questo è il giusto , questa la verità, l’opposto è dannazione!

Davvero esiste la parte giusta? Per quanto si gridi di essere dalla parte del giusto la bestialità non fa sconti a nessuno. Chi è il giusto che può lanciare il dito accusatorio? Certo, Socrate, Gesù, Bhudda, Francesco ed altri ma non certo la moltitudine seppur seguaci di costoro.

Chi può essere esente dalla colpa? Eppure, non sono pochi coloro che vantano una risposta.

Ecco, allora, ascoltare il pedante contabile  che con meticolosa precisione elabora l’elenco delle vittime traendone il risultato finale: è definito giusto chi ha procurato un minor numero di morti. Ed ancora, ecco l’integerrimo proclamare la massima: è l’idea che giustifica il mezzo, ogni mezzo. Ed ancora, il pedante massimalista satollo di ideologia sentenziare il suo dogma  fazioso.

Quante generazioni dovranno succedersi perché quel principio dal quale siamo partiti si dissolva e l’Individuo, uomo o animale che sia, sopravanzi il genere? La persona sia più della massa?

 Quante generazioni perché si instauri l’alleanza dei viventi (umani e non umani), degli esseri viventi di cui l’uomo è solo parte del tutto? Se l’uomo è essere generico che può plasmare la propria esistenza , se non esiste un essenza predeterminata ma la sua esistenza può essere regolata dalla volontà degli esistenti quando potremmo giungere al traguardo di un umanesimo vero, talmente vero da superare la centralità dell’uomo rispetto alle altre creature viventi?

Sarà questa la risposta?

Il cielo e la terra passeranno, ma il richiamo della belva non passerà!

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 La citazione è si quel grande medico esperto in diagnosi che è Nietzsche.

Il Gattungswesen si rileva dai Manoscritti economico-filosofici del 1844.

CARLO ALBERTO FALZETTI

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