AUTOBIOGRAFIE DI DONNE DEL NOVECENTO: STORIE DI CORPI E MENTI DIFFORMI: ULTIMO EPISODIO.

di VALENTINA DI GENNARO ♦

4.2 Storie di donne

Figli non riconosciuti dai padri, primi e secondi matrimoni, case in comune e famiglie allargate, hanno fatto sì che io abbia avuto un numero di nonni e nonne, zii e genitori, decisamente sopra la media. La storia della mia famiglia, come quella di tante famiglie, è costellata di storie degne di essere ricordate, soprattutto quelle le cui protagoniste sono donne.

Ed ecco che questa, allora, è la storia di un’altra donna.  Un’altra nonna, Libera.  Nata il 1° maggio 1917.  Libera nasce dalla relazione extraconiugale di una donna, già madre di molti altri figli, e di un uomo sposato, ma senza figli.

Il diritto di famiglia vigente all’epoca, prevede che non possa essere riconosciuta. 

La madre, poi, la abbandona per tornare in famiglia, il padre non può prenderla con sé, crescerà, per i primi anni della sua vita, in un orfanotrofio.

In seguito, verrà riconosciuta dal padre, rimasto vedovo, e vivrà con la nonna paterna.

Il suo cognome cambia, da quelli classici da orfanotrofio, il suo mi pare fosse Martirio, a quello del padre. Diceva: “Mi madre me l’hanno insegnata (indicata) per strada”. 

Da ragazza, andava a ballare al Pirgo, in quella bellissima struttura sul mare che c’era. Una sera ballerà tutta la notte con un ragazzo, qualcuno più tardi le dirà che era uno dei suoi fratellastri. 

Il giorno che morì la madre si vestì di rosso, “Perché ce so madri e madracce. E la mia era na madraccia”. Sposerà mio nonno, vedovo e con quattro figli. 

Qualcuno tenterà di dissuaderla dall’impegno gravoso, lei rispondeva: “Ho già visto i bambini” e poi, verso mio padre: “Antonio era un ragazzo così bello”.

La chiamavano “La Brillante” per quanto era pulita e teneva alla pulizia. 

Portò per tutta la vita lunghi capelli rossi sistemati in elaborate acconciature. Sempre alla cassa del bar. 

Mia sorella fu la sua prima nipote. Non aveva legami di sangue con lei, un giorno un uomo commentò che mia sorella somigliava a mia madre, lei tornò a casa tutta contrariata: “Mo vonno dì che somija a te” disse a mamma “Hanno sempre detto che somija a me.”

Verso di me raramente riservava parole gentili, mentre le passavo sfuggente davanti,

borbottava: “Peccarità, le cose giuste, è na porvere, ma c’ho lo stesso caratteraccio del padre!”

Morì a 92 anni; in ospedale, la prima volta che ci entrò. In una mattina di ottobre, mentre intorno a lei c’eravamo tutti.

Alle sei del mattino il dottore che la visitò ci disse: “Manca poco”

“Dottore, ma è ancora cosciente?”

“No no”.

Il dottore arriva alla porta e lei: “Che ha detto? Quando posso annà a casa?” 

Morirà pochi minuti dopo.

Di lei conservo un anello con uno smeraldo.

 4.2.1 Assuntina

Questa è la storia di mia nonna Norvegia, per tutti Assuntina. Norvegia aveva una gemella, Svezia. In realtà, all’anagrafe Svezia era lei, ma quando pochi giorni dopo la nascita, la gemella morì, il padre, a cuipiaceva di più il nome Norvegia, dichiarò la morte di Svezia.

Quando una zingara le chiedeva di leggerle la mano, lei scanzonata diceva: “io risulto morta. Non ci sta niente da leggere.”

Una storia d’amore grande la sua e di mio nonno. Lui portuale, lei, invece. vendeva la frutta e la verdura.

“Come so ste pesche Assuntì?  ‘n zucchero!”

Durante la Seconda guerra mondiale teneva la borsa nera e una osteria con il vino annacquato.

Più o meno negli stessi giorni in cui a Roma viene uccisa, il 3 marzo del 1944, Teresa Gullace, mio nonno, Alfredo Fulvi, portuale comunista, viene rastrellato e fatto salire su una camionetta davanti la casa del fascio, a largo Cavour. Teresa, l’abbiamo vista con le fattezze di Anna Magnani in “Roma città aperta”: è un simbolo di quella resistenza civile e popolare che è parte essenziale della Resistenza tutta.

Avvisano mia nonna. Assuntina soffriva di forte emicranie e proprio quel giorno aveva un attacco.

Scende di corsa per strada, con una fascia intorno alla fronte che serviva a tenere ferme delle fette di patata.

Per lei, fruttivendola, un rimedio infallibile per il mal di testa.

Minaccia di qualcosa il podestà fascista all’orecchio.

Alfredo scende incolume dalla camionetta.

Non rivelò mai a nessuno cosa gli disse.

Dopo la ricostruzione democratica, quando si avvicinavano le elezioni, mio nonno tornava a casa con l’indicazione del voto del PCI.

Assuntina diceva che avrebbe votato per chi voleva ebasta. Ma poi votava comunista anche lei. Uno scherno continuo tra innamorati.

E la sera tutti sotto in via dei Bastioni, a vedere il cartellone con i risultati delle votazioni. Da lei ho preso le emicranie e la risata.

Conclusioni

 L’enorme patrimonio autobiografico prodotto nel corso dei secoli dalle donne, sia dal punto di vita scritto che orale, si è rivelato quindi, una vera e propria cartina di tornasole del grado di emancipazione e del grado di raggiungimento dei diritti umani, civili e sociali della società coeva a coloro che raccontavano.

Le loro memorie sono quindi servite da movimento non modificante ma che sovverte un punto di vista, accettando la molteplicità dei punti di vista stessi, delle angolature della riflessione. Nel Novecento, molte sono state le tematiche per le quali e sulle quali le voci delle donne sono dovute intervenire in modo diretto. 

L’autodeterminazione sul proprio corpo in termini di diritti riproduttivi, basti pensare alle vicende che hanno caratterizzato, ad esempio, l’approccio alla legalità dell’aborto, del divorzio, è stata questione centrale di molti testi. Le leggi che regolano la pena per abusi e violenze sessuali e domestiche. 

Ancor prima, durante il “Secolo breve” e le guerre mondiali che lo hanno inciso in maniera indelebile, anche la visione delle donne su tematiche come pace, armamenti e diplomazia è stata centrale. 

In Francia, nel secondo dopo guerra, iniziano a formarsi alcuni gruppi femministi che si occuperanno non più solo del suffragio universale, ma soprattutto della emancipazione della donna: erano collettivi che, inizialmente, si proponevano di dare indicazione sulla contraccezione e sul controllo delle nascite. Si chiamavano infatti “Gruppi Per la pianificazione familiare.”  

Progetti inziali, che poi daranno vita però al “Mouvement de Libération des femmes”, il cui giornale, “«Le Torchon Brûle” (“lo straccio da cucina sta bruciando” che titolo geniale!) pubblicava progetti, dibattiti, iniziative e campagne politiche. Uno dei gesti eclatanti e simbolici che portarono avanti le francesi in quegli anni, fu quello di deporre delle gerbere ai piedi dell’Arco di Trionfo, nella giornata in memoria del soldato sconosciuto, per sottolineare come i monumenti ai caduti ricordassero solamente il sacrificio maschile e militare e non quello delle donne, delle compagne, madri, figlie e sorelle.  

In realtà, potremmo dire, che il tentativo era quello di strappare dal simbolico della guerra quegli altari e riportarli su un piano sociale, sociale e pacifista. Domenico Gallo nel volume “Da sudditi a cittadini” ha ricordato come i monumenti al “Milite Ignoto”, in Italia, scontino un peccato originale, quello di essere stati eretti in un momento storico di forti tensioni sociali legate al patriottismo alla “vittoria mutilata” per le famose “promesse fatte all’Italia” del segreto Patto di Londra.  Sono diventati il simbolo del sacrificio della morte per la Patria, da commemorare come qualcosa di sacro, lontana dalla terrena compassione per la perdita della vita di migliaia diragazzi italiani sacrificati nelle tonnare della guerra di trincea. Migliaia morti di mitraglia sulla linea del Piave. La nostra Costituzione, che è irriducibilmente una carta di pace, sancisce il ripudio della guerra come mezzo per dirimere le controversie internazionali, nessuna vita, nessun corpo deve essere sacrificato più per la patria. Non ci sono sacralità, ma delitti e crimini da evitare. Nessuno rinnega l’enorme tributo in termine di quantità di vite umane mandate al macello. Ma il ricordo, la memoria, devono essere declinate in maniera diversa. Dopo la Seconda guerra mondiale, non sono stati più eretti monumenti ai caduti, per delineare la scelta diversa delle madri, splendide “pacefondaie” e dei padri costituenti.

VALENTINA DI GENNARO

https://spazioliberoblog.com/

SPAZIO CLICK

  • L’immagine di copertina è di Elisa Talentino