L’ITALIA DIVISA TRA IL FILM DELLA CORTELLESI E IL LIBRO DI VANNACCI.
di MARINA MARUCCI ♦
“C’E ANCORA DOMANI “ è un film del 2023 scritto, diretto e interpretato da Paola Cortellesi in qualità di esordiente alla regia. Il film è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella categoria “Progressive Cinema -Visioni per il mondo di domani” ottenendo il Premio speciale della giuria , una menzione come miglior opera prima ed anche premiato ai Nastri d’Argento come film dell’anno. E’ considerato uno dei migliori lungometraggi del 2023 nonché del XXI secolo. Non mi compete giudicare sull’assegnazione dei premi ma le tematiche affrontate, legate alla cultura patriarcale, la violenza di genere e i diritti delle donne sono attualissimi, anche se il film racconta della Roma del 1946, divisa tra la povertà, le devastazioni lasciate dalla seconda guerra mondiale e la voglia di cambiamento a ridosso dell’assemblea costituente del 2 e 3 giugno.
La regista ha tratto ispirazione nella stesura della sceneggiatura scritta con Furio Andreotti e Giulia Calenda dalle storie raccontate da sua nonna e dalla bisnonna e non è un caso che il film è girato in bianco e nero, rappresentando così la memoria delle proprie nonne. Il lungometraggio richiama, quale omaggio anch’esso al neo realismo italiano e con i dovuti distinguo, il film di Ettore Scola “C’eravamo tanto amati” . Ricordo di quel capolavoro la scena memorabile in cui, in un cineclub improvvisato, in una Nocera Inferiore del dopo guerra, viene proiettato “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica. Lì avviene lo scontro tra i benpensanti moralisti democristiani dell’epoca, contrari a quel film a loro parere privo di poesia e lirismo, perché raccontava la cruda realtà dell’Italia, e la reazione del professore- intellettuale, magistralmente interpretato da Stefano Satta Flores che ci restituisce il pensiero maturato nella sinistra di quegli anni. A volte, leggere o ascoltare gli intellettuali di oggi mi viene la tentazione di paragonarli a quei benpensanti d’epoca, rinchiusi nella loro torre d’avorio, detentori di verità ritenute inattaccabili.
Tornando a “C’e ancora domani”, il film è stato accolto positivamente dalla critica cinematografica italiana ed internazionale con ottime recensioni dalla rivista Rolling Stone Italia,da Panorama, da Cinematographe, da Movieplayer.it. e dal New York Time che lo definisce “straziante e edificante”. Nello stesso articolo del NYT Chiara Tognolotti, docente di Storia del cinema italiano all’università di Pisa osserva che la Cortellesi ritrae “donne che cercano di cambiare la loro esistenza, di ribaltare la tipica sceneggiatura alla quale una donna dovrebbe attenersi”. Paolo Mereghetti per il Corriere della Sera scrive che le scelte registiche della Cortellesi “cercano di trovare un equilibrio non scontato tra una chiave realistica e una più esemplare e didascalica” con alcune ingenuità, ma sottolineando che il film si propone di “allargare il discorso di Delia e delle altre donne verso una dimensione non più solo individuale, ma finalmente collettiva e sociale” (Delia per chi non ha visto il film è la protagonista). Cristina Battocletti de Il sole 24 ore afferma che la Cortellesi “continua nel solco di un civismo che contraddistingue la sua carriera” ;Alessandro De Simone di Ciak sottolinea la “coraggiosa contaminazione tra musical, neorealismo e post modernismo” ; Piera Detassis di Elle Italia ricorda che il film “guarda evidentemente con amore al neorealismo ma è tutto contemporaneo” e per finire Luisa Garribba di Hauffpost si sofferma sul film non rivolto soltanto “alle donne, ma ai compagni, ai fratelli ai padri,(…)allo strapotere maschile viziato dai privilegi della cultura ancora patriarcale”.
Questo il parere dei critici cinematografici , degli specialisti, ma le tematiche del film sono arrivate alle donne comuni, e non solo a loro, come un pugno nello stomaco. Bisognava essere presenti nelle sale cinematografiche dove, durante la proiezione, avvolti nel buio e forse protetti dall’anonimato, gli spettatori e le spettatrici esprimevano i loro giudizio negativo verso gli uomini rappresentati e sottolineavano un forte sostegno a Delia e le altre. Molte donne si sono riconosciute in quelle scene, in quelle parole, nei gesti raccontati forse con semplicità, ma con freschezza e innocenza, rara nel cinema di oggi.
Il 23 novembre 2023 il film è stato proiettato nell’aula del Senato della Repubblica in prossimità della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ma non ha trovato molto riscontro, vista la scarsa partecipazione dei parlamentari e ministri e l’assenza del Presidente del Consiglio ( o forse La presidente) Giorgia Meloni.
Per quella proiezione la Cortellesi ha inviato al Senato il seguente messaggio: “Da comune cittadina auspico che, al di là degli schieramenti politici che rappresentate, saprete procedere uniti per far sì che le nuove generazioni ricevano, lungo tutto il percorso scolastico, un’adeguata formazione all’affettività e al rispetto, affinché imparino sin da piccoli che amare non significa possedere e la violenza maschile sulle donne cessi di essere l ‘indegno fenomeno sociale che ogni giorno affligge il nostro paese”.
Inoltre la regista, nelle numerose interviste concesse, ribadisce di essere sorpresa del successo raggiunto e di essere soddisfatta come attrice e regista per ” aver toccato un nervo scoperto del Paese.”
E’ chiaro che i temi affrontati nel film hanno fatto da stimolo alle discussioni su patriarcato e violenza di genere, anche alla luce del femminicidio di Giulia Cecchettin avvenuto l’11 novembre 2023. Durante la manifestazione a Roma sulla violenza contro le donne , e non solo in quella; molte frasi tratte dai dialoghi del film sono state riportate nei manifesti mostrati dalle donne presenti, e questo a testimoniare quanto le tematiche di quel prodotto cinematografico abbiano inciso nel nostro immaginario collettivo, forse più di tanti slogan e parole al vento.
Il film affronta anche la questione della partecipazione al voto, conquistato dalla donne italiane solo nel 1946 dove, nella scena finale, Delia si avvia a compiere finalmente quello che aveva deciso di fare: recarsi alle urne, di nascosto dal marito, per scegliere tra monarchia e repubblica ed eleggere l’Assemblea Costituente che promulgherà la nostra Costituzione.
Una parte di questa nazione si riconosce in quei valori ma non dimentichiamo che esiste, vive e prolifica l’altra Italia, quella che inneggia al libro del generale Vannacci: “Il mondo al contrario” entrato nella classifica dei libri più venduti nel 2023, sostenuto da una battage pubblicitario ben organizzato da una destra retriva che punta all’ideologia del suprematismo bianco maschile, omofobo e sessista: altro che patriarcato! E’ in atto uno scontro epocale, non solo in Italia, ma in Europa, nel mondo, con le democrazie occidentali che arrancano, dilaniate dalla guerra in Ucrania , in Medio oriente e al loro interno. Ma questa è tutta un’altra storia.
Allora ben vengano i film come C’è ancora domani, continuiamo a sostenere la sua proiezione, soprattutto nelle scuole, nelle sale cinematografiche, nelle istituzioni, invitiamo al confronto la regista, tanto il box office incassa anche con il nostro parere contrario, visto che è risultato il nono film con il maggiore incasso in Italia e il quinto fra le pellicole di produzione nazionale.
MARINA MARUCCI
Giudicato in termini “relativi” ovvero rispetto al Vannacci, il film è un colosso. Ove l’esame avvenga in “assoluto” rimangono valide le perplessità già espresse nel blog.
Il metro di misura Vannacci innalza ogni opera verso l’alto!!
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Spero di non essere annoverabile tra gli intellettuali chiusi nella torre d’avorio altrimenti mi guarderò bene da qualunque futura valutazione/esegesi in termini stilistico-espressivi di opere contemporanee e continuerò a parlare solo dei morti!! La difesa d’ufficio con l’elenco dei riconoscimenti “alti” di un film di cui intendevo rilevare i limiti non può essere un’accusa di snobismo intellettuale che trovo, conoscendomi, anche offensiva. Usare il libro di Vannacci come strumento di difesa per comparationem è offensivo per il film e per la regista!
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Sono molto d’accordo con te, Marina. Lisa Contu
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Fra poco non ci si potrà più definire padre senza essere accusati di esercitare il patriarcato….. saremo tutti madri. Battute a parte, questo attacco generalizzato e senza sconti al genere maschile, rischia di innescare una spiacevole reazione sociale, speriamo che non accada, ma una riflessione in questo senso la farei. Neppure liquiderei così tanto drasticamente il libro di Vannacci, anche se non ci piace, se lo aborriamo, é comunque il caso di farci un qualche ragionamento, di viscerare qualche aspetto, non foss’altro poiché é espressione della cultura di una buona parte del paese, che, piaccia o no esiste e, se non vogliamo applicare la “cancel culture” anche alle persone, nel senso di cancellazione fisica, bisogna pur considerare e quindi ragionarci su. Insomma a leggere il titolo dell’articolo mi sarei aspettato una qualche considerazione sul libro di Vannacci e su quella non piccola parte di società che rappresenta, invece ho letto solo una lunga serie di apprezzamenti, certamente meritati, ho visto anche io il film è non ho nulla da dire sul suo successo. Insomma, radicalizzare lo scontro di genere rischia di mortificare quella varietà di pensiero e rapporti sociali che sono un po’ la ricchezza del genere umano, la capacità di produrre un caleidoscopio di pensiero non costringibile al dualismo maschio femmina o uomo donna, padre madre, fascista democratico ecc…. Anche costringere la cultura e l’essere sociale in posizioni radicali non credo sia foriero di sviluppi positivi. Insomma mi sarei aspettato qualche considerazione sul libro di Vannacci, che non ho letto, qualche ragionamento su come sia espressione di una parte della nostra società, o su qualche contenuto fra quelli espressi nel libro.
Fra un po’ dovremo forse vergognarci di essere nati maschi? Dovremo fare ammenda invece di essere battezzati? Sono battute che però invitano ad evitare la radicalizzazione culturale.. la polemica sulla favola di Biancaneve la dice lunga.
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Mi scuso per l’anonimato ma ho letto ora le istruzioni.Ma credosi capisse che era la mia risposta a Marina. Eseguo
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Le istruzioni per evitare l’anonimato sono in un commento all’articolo di Carlo Alberto Falzetti di venerdì 12 gennaio 2024.
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Il mio articolo vuole essere uno stimolo all’approfondimento, proprio come sottolineato, e non un semplice parallelismo fra due espressioni culturali come il film e il libro. Vuole stimolare la riflessione su come parte dell’Italia si riconosca nello scritto di Vannacci, capirne i motivi e le ragioni, senza nessuna voglia di liquidarlo con una semplice battuta ,questo mi sembra inutile e superficiale, e dall’altra riflettere su i temi sollevati dal film della Cortellesi.
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Proprio perché hai voluto “stimolare la riflessione su come parte dell’Italia si riconosca nello scritto di Vannacci” che mi sarei atteso, visto il titolo, una riflessione su quei contenuti, mi piacerebbe che te ne occupassi, magari in un articolo futuro… a completamento di questo. Grazie.
Luciano
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Marina Marucci
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Che dire.. posso considerarmi una vetero femminista, solo perché ho vissuto a trenta anni gli anni ’70.
È questo il motivo per cui mi associo alla critica al film di Cortellessi proposta da Caterina Valchera.
Oggi è un dibattito che può dare adito a confronti CON il libro del generale di turno o con il Commento di Luciano..
Allora era un’ epoca diversa, con il referendum sul divorzio, con l’aborto, con interlocutori come Lombardi, Longo, Berlinguer, con il PCI (((
che stava per governare (1974).
Sono trascorsi quasi 50 anni, preannunciati dalla “mutazione antropologica” preannunciati da Pasolini e ci troviamo in un Paese governato dalla destra estrema e noi discettiamo sul libro di Vannacci e su di un film che fa il verso al nazionale popolare… Ma… 😢
Ora pigio sulla letterina che indica mail, scrivo mia mail, poi sotto il Mio nome, poi
vado a destra e pigio su rispondi…
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La tanta cara lingua italiana, che alcuni tra di voi vorrebbe immutabile, ci ne iene incontro e ci insegna la differenza tra alcune categorie dei manufatti artistici. Esiste il capolavoro, che trascende temporalità, spazio, financo mezzo artistico, poi ci sta il manufatto con l’intento pedagogico. E penso che il film della Cortellesi si possa annoverare tra questi. Un buon messaggio, ben veicolato e in un modo trasversale. Comprensibile, rimarchevole, tramandabile. Esiste poi a Vannacci, l’antipedagogia, assimilabile per quanto mi riguarda ai movimenti intestinali.
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Sarei davvero una gran somara se dagli studi di filologia classica non avessi appreso neppure la lezione basilare della storicità della lingua, a cominciare dalla morfologia storica dello Chantraine! Inoltre, pur avendo insegnato per 42 anni, non intendo mai salire in cattedra e dare lezioni a nessuno. Mi aspettavo la levata di scudi pro causa, ma non esageriamo con le contrapposizioni, perché è molto poco in linea con la causa stessa che abbracciate/amo. Colgo l’occasione però per precisare che se non mi dovesdi sentire libera di esprimermi senza sollevare polveroni, smetterei all’istante di farlo. E non certo per aprire altri fronti di acesa discussione ma solo perché la mia indole, un poco anarchica, non me lo consentirebbe. Un caro abbraccio a tutt*
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