“I RACCONTI DEI SOPRAVVISSUTI” DI MICHELE CAPITANI –IL GIORNO IRREGOLARE

di MICHELE CAPITANI

“Meglio accendere una candela

che maledire l’oscurità”

  Gli auguri un senso ce l’hanno.

Eccome.

Ce l’hanno laddove un senso vogliamo assegnarglielo, va da sé.

In questo Natale (il cosiddetto “pranzo coi poveri”) festeggiato da centocinquanta persone con disagio mentale, o che vivono in strada, o in famiglie povere, inizio a fare gli auguri di buon Natale a te, giudice che hai firmato il permesso per Bruno, che altrimenti avrebbe passato il Natale da solo, agli arresti domiciliari nella sua roulotte lontana da tutto; e che invece ne ha approfittato per portarsi dietro, al pranzo di Natale per i poveri, la fotografia della figlia morta giovane, e farla benedire al vescovo; e così a tutti e due si sono inumiditi gli occhi. E forse anche a lei, lassù.

Auguri a te, avvocato che oggi hai pranzato con tossici e barboni, ma che, andandotene, ci dici che per te è stato un onore.

Auguri a voi volontari che a Natale non mancate mai per aiutare nell’organizzazione e nel servizio di questo evento, ma soprattutto auguri a te, piccola grande città dove una volta all’anno quindici nazionalità, cristiani e musulmani, avvocati e delinquenti, professori e analfabeti, senza-dimora e benestanti, apparecchiano e mangiano assieme, e ringraziano e ricevono regali.

Ma auguri anche a qualcuno a cui non riuscirei a dirlo di persona: voi “uomini” che, in nome di una sicurezza che nessuno vi ha chiesto (e che alla lunga peggiora le cose), proprio sotto Natale siete andati a distruggere la capanna in cui vivevano due uomini pacifici e silenziosi, creando un grave problema a loro due, e altra insulsa e nuova paura in coloro che se li vedranno arrivare vicino casa, nel posto nuovo che per forza dovranno trovarsi. E che nemmeno ci rispondete al telefono, perché vi scoccia che qualcuno difenda questi poveracci.
E auguri a te, che hai tanto tanto amore per cani e gatti, ma non permetti al tuo nipotino di venire al pranzo con la sua mamma (il bambino ci dice «Il mio regalo me lo tenete da parte?»), tanto per te conta solo che quei poveri animali siano nutriti a dismisura, protetti dai botti, umanizzati e vestiti come pupazzi.

E a te, madre, che non mandi tuo figlio coi suoi amici del catechismo ad aiutarci mentre impacchettiamo i regali, perché sei «contraria alla carità».
Insomma, voi che l’istinto mi direbbe che non vi meritate nemmeno mezzo augurio, eppure… eppure dicono che quel Neonato nacque anche per voi.

Sarà.

*****

Natale è una lucina nella notte, col buio immenso e gelato tutt’intorno.

Una lucina che tenta disperatamente da sé, ad ogni costo e da secoli, di farsi largo nel buio: se diciamo che una famiglia di clandestini ha occupato una stalla, di chi parliamo? Di due poveri cristi che con il loro neonato entrano in un ex carcere dimenticato da decenni, oppure di quell’inseguita famigliola palestinese di duemila anni fa, tra il rifiuto dei parenti e gli sgherri di Erode alle calcagna?

O di adesso, tra l’incudine di Hamas e il martello di Israele?

O di due rifugiati eritrei per i quali non c’è alloggio in Europa, a fine dicembre, e che chiamano il loro neonato Emanuel?

Capire il Natale forse è capire che in quella lucina ci sarebbe posto per tutti.

Col condizionale.

*****

E ancora auguri a te, Antonio, barbone che un giorno tutti dissero che eri morto, e ci vollero settimane per sapere che invece stavi benissimo, perché così funziona il mondo della strada; e grazie per il sigaro toscano che a Natale ci hai regalato.

Ma allora auguri anche a te, mite e simpatico Piotr, barbone di cui da mesi abbiamo del tutto perso le tracce…

Auguri a te, volontaria signora Alessandra, che sei venuta con tuo figlio che è in piena tempesta giudiziaria:

«Vederlo sorridere è stato il vero regalo…»

Hai voglia a lasciare che Dio nasca: senza di voi, volontari o “semplici” partecipanti, e chiunque scopra che la Luce è innanzitutto una lucina, senza di voi Natale sarebbe solo una parola, un’abitudine, un giorno piacevole o deludente, ipocritamente festoso, o falsamente illuminato.

Auguri a voi, C. e D., che lavorate saltuariamente, eppure non ce la fate ad astenervi dal donare una bella somma per i servizi ai poveri.

Sì, perché Natale è un giorno capovolto. Ci sono anziani che non vengono perché attendono da anni che un figlio li vada a trovare:

«Eh, metti che viene proprio quest’anno…» e dunque se ne restano a giacere nell’ospizio, preferendo non allontanarsi dalla loro solitudine mascherata, e schermandosi con una tanto disperata menzogna.

Ma Natale è un giorno capovolto anche nell’esclamazione di quel bambino zingaro:

«Che strano… di solito tutti mi scacciano via, invece oggi tutti mi dicono “Entra! Entra!”»

*****

Un saluto anche all’anno che se ne va, perché approssimandosi l’ultimo giorno ognuno di noi può soffermarsi e capire che è stato comunque bello se abbiamo avuto un luogo dove fare una doccia (senza fare la fila), qualche euro in tasca per comprarci una medicina (senza chiederli ad altri), qualcuno che si ricorda del nostro compleanno (senza attaccarci alla bottiglia per non pensare al passato), una casa per tenerci le nostre cose (senza portarci appresso sempre uno zaino), e magari, hai visto mai, uno straccio di lavoro.

*****

Infine auguri a lei, che riassume tutto il Natale, il genio e la tenerezza, la luce nella povertà, la vera poesia di questo giorno irregolare: auguri a Helga, una barbona che fa un regalo a Khalid, il barbone suo vicino di baracca: il regalo è un portafoglio nuovo.

E dentro il portafoglio, belle lucenti nella stagnola dorata: due monete di cioccolato.

MICHELE CAPITANI

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