PREMIO EUGENIO SCALFARI CITTA’ DI CIVITAVECCHIA -LE MOTIVAZIONI
Motivazione del premio a LUCIO CARACCIOLO
Letta da Ezio Mauro
Lucio Caracciolo è tra i giornalisti italiani uno dei migliori interpreti dell’epoca in cui viviamo, protagonista significativo di quello sforzo non soltanto di informazione, ma di conoscenza che risponde ai bisogni del cittadino, disorientato da un mondo sempre più fuori controllo.
Caracciolo unisce nel suo lavoro giornalismo, indagine storica, analisi strategica e talento. Giovanissimo è nella pattuglia dei fondatori di Repubblica, al seguito di Eugenio Scalfari, e la sua firma compare nei numeri zero del nuovo quotidiano, prima ancora dell’uscita in edicola il 14 gennaio 1976. Cronista parlamentare, poi capo della redazione interni, si occupa di politica nazionale. Poi l’esperienza a Micromega, accanto a Paolo Flores d’Arcais, approfondendo le radici e i frutti culturali di una rivista in primo piano nella battaglia politica e nella filosofia quotidiana della politica.
Quindi la fondazione di Limes, nell’intuizione che la geopolitica può diventare la chiave di interpretazione degli eventi e di comprensione dei fenomeni. In questo senso Lucio reinterpreta lo spirito di creazione editoriale che animava Scalfari, fondatore prima dell’Espresso, con Arrigo Benedetti, poi di Repubblica. Anche Caracciolo concepisce dal nulla qualcosa che non c’è, e che nascendo trova immediatamente un suo spazio e una sua funzione, creando un suo pubblico che si sente quasi convocato, prescelto, come se facesse parte di un club.
Limes è infatti qualcosa di più di una rivista: è una mappa mobile, una bussola, un atlante, un’accademia, una scuola. Che ci aiuta a essere davvero cittadini, perché informati e dunque consapevoli. Un giornale che aiuta a capire, che spinge a studiare, che organizza il sapere: in un passaggio storico in cui tutti abbiamo più domande che certezze, Lucio Caracciolo con Limes ci dimostra che il giornalismo può ancora essere la risposta che ci aiuta ad orientarci.
Motivazione del premio a MARIANGELA GUALTIERI
Letta da Maria Grazia Calandrone
Mariangela Gualtieri torna all’origine stessa della poesia, esplora il luogo originario nel quale la poesia è, oltre a senso semantico, soprattutto suono, modificazione dell’aria intorno a chi parla. Anche l’ascolto attivo di quelli che chi parla riunisce intorno a sé come «astanti», è ogni volta riscrittura, un riscrivere dentro un rinnovato tempo presente.
Poiché la poesia nasce come arte orale, la scopo di chi legge ad alta voce è lasciare che essa abiti il mondo nella sua viva potenza, azzerando l’ingombro della propria persona che dice. Questo esercizio nobile di scomparsa esalta le parole, ma soprattutto il silenzio, che ora esplode tra parola e parola. Il dire diventa allora un gesto civile radicale: «Ora che la lingua viene così mortificata, e le nostre vite sembrano sempre più ingabbiate, la poesia è senza dubbio la rivolta più alta, la migliore alleata, e ha bisogno di tutte le sue potenze». Così intesa, la poesia è un fondamento dell’evoluzione della specie. È il gesto, umanissimo e preistorico, della condivisione rituale. Quello che viene condiviso è parola strappata al nulla e in procinto di tornarvi. Dopo, però, che l’umano ascolto l’ha modificata, come una musica rubata agli dèi, rubata ai nostri stessi sogni, che abbiamo ricevuto a occhi chiusi. Metro, ritmo, timbro, sono allora un gioco sacro, che Dante ha voluto giocare a nome di tutti, risaldando anche i cocci del nostro tempo, insieme a quelli del proprio, perché noi tutti siamo voce rivestita di corpo, cioè corpo che può essere tutto riassunto nella sua voce e diventa invisibile, suscita ed è: attenzione, suscita ed è: pianto buono, che unisce. Anzi, traspare, attraverso il riunito collettivo umano, prima di essere riassorbito nel silenzio dal quale siamo discesi.
Menzione speciale a LORENZO CREMONESI e STEFANIA BATTISTINI
Letta da Bruno Manfellotto
Con una menzione speciale a Lorenzo Cremonesi e a Stefania Battistini la Giuria del Premio Scalfari intende segnalare tutti gli inviati speciali della carta stampata, delle radio e delle televisioni che in questo “annus horribilis ” hanno raccontato, e continuano a raccontare, la tragica invasione russa dell’Ucraina e il sanguinoso attacco terroristico di Hamas a Gaza.
Lorenzo Cremonesi è da vent’anni inviato speciale del “Corriere della Sera”, ma prima ancora ne è stato a lungo corrispondente da Gerusalemme nella stagione caldissima delle due Intifada palestinesi. È un profondo conoscitore della complessa realtà del Medio Oriente che ha esplorato con reportage e libri: uno dei primi è stato “Le origini del sionismo e la nascita del kibbutz”, il più recente “Guerra infinita: quarant’anni di conflitti rimossi, dal Medio Oriente all’Ucraina”. Conflitti dei quali è stato sempre testimone, compresi naturalmente gli ultimi in Ucraina e in Israele. Puntuali le sue cronache, espliciti i collegamenti con radio e televisioni, illuminanti le sue analisi sulle cause delle due guerre e sui possibili sviluppi. Si può dire che dei corrispondenti e inviati di guerra sia un po’ il decano.
Stefania Battistini, oggi inviata del Tg1 Rai, ha debuttato nel giornalismo più di recente, nel 2007, ma si è subito distinta per i reportage da zone di guerra, raccontando per esempio gli scontri nel Kurdistan turco o nel nord della Siria. Sul fronte ucraino è arrivata prima ancora che i carri armati di Putin passassero il confine, cioè prima del fatidico 24 febbraio 2022, e da allora, giorno dopo giorno, per più di un anno, ha testimoniato gli eventi con particolare attenzione alle sofferenze delle popolazioni vittime della guerra. Di recente è volata in Israele ed è entrata con le telecamere nei kibbutzim di Be’eri e di Kfar Aza distrutti il 7 ottobre dalla furia omicida di Hamas.
A Cremonesi e a Battistini, e idealmente a tutti coloro che documentano quotidianamente il dolore della guerra, grazie per il loro lavoro.
Menzione speciale a GABRIELE GALLONI
Scritta da Loredana Lipperini
La giuria del Premio Eugenio Scalfari ha deciso di conferire una menzione alla memoria al giovane poeta Gabriele Galloni, per la raccolta Sulla riva dei corpi e delle anime che riunisce la sua opera e che è stata pubblicata da Crocetti.
E’ sempre molto difficile parlare di un artista scomparso a 25 anni senza aver ottenuto in vita il giusto riconoscimento: che meritava, perché nel pochissimo tempo che ha avuto a disposizione ha toccato tutti i registri possibili con la passione degli inizi e della giovinezza, con lo stupore e con l’ebbrezza degli spiriti sensibili. Giustamente uno dei suoi amici più cari, un altro poeta, Giorgio Ghiotti, ha citato Emily Dickinson per lui, i versi che dicono “L’assenza del mago/non annulla il sortilegio”. E sortilegio è: anche se non sappiamo quanto grande sarebbe diventato, se avrebbe superato il Sandro Penna a cui è stato più volte accostato, la levità e la profondità dei suoi versi ne hanno comunque fatto un poeta che ci incanta, e ci incanterà ancora nel nostro futuro.
Per quanto breve sia stato il suo, come Galloni stesso ha scritto, così:
Non sai più dire quando torneremo.
Noi siamo adesso le ultime creature,
siamo cresciuti – e in fondo è stata breve
questa vacanza al di là della terra.
