L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

Flaubert non c’entra nulla. Prelevo da lui solo il titolo.

Pensare che il Codice, seppur appesantito da pene più severe, possa bastare. Pensare che la politica del consenso possa rivelarsi strumento efficiente. Pensare che qualche ora di educazione civica sia risolutiva. Pensare che il furore dell’immediato valga a qualcosa. Pensare che si tratta solo di individualità perverse o non educate dalla famiglia. Pensare al mostro, al deviato, allo specifico in luogo del sistemico è pensare male.

Ed il male è sempre il pensare male!

E’ una battaglia culturale perché il problema è culturale.

Procediamo con ordine partendo dalle due teorie della differenza dei generi.

La differenza sessuale può essere intesa come vera differenza “ontologica”: due sessi distinti essenzialmente, con attitudini, vocazioni, psicologie diverse. Al contrario, la differenza sessuale può essere intesa non in modo essenzialistico ma solo come effetto della cultura: l’anatomia non è un destino ineluttabile ed il genere non ha natura solo biologica (non essere uomo-donna ma saper essere uomo-donna). Se la sessualità è un dato anatomico la “sessuazione” è un dato di soggettivazione della propria anatomia (Lacan). Questa seconda posizione permette, come noto, di concedere spazio di libertà alla cultura omosessuale.

Tuttavia, se il concetto di sessuazione  permette di sganciare la sessualità dall’anatomia non può farci dimenticare quanto la differenza anatomica incida sullo specifico del femminile. Ma che cosa è lo specifico del femminile?

Per poter rispondere seguo Lacan per il tramite di Recalcati. Sia per l’uomo che per la donna il “fallo” è il significante simbolico della libido, della dialettica del desiderio (il fallo, dunque, non è il pene del maschio!) Questo significa una cosa importantissima: il primato del fallo (libido) non equivale ad una supremazia dell’uomo nei confronti della donna. Il primato del fallo equivale, semplicemente, ad una supremazia dell’ordine simbolico e ciò per ambedue i sessi. Ma questo ordine simbolico, comune a tutti e due, appare differenziato enormemente tra il maschio e la femmina. In estrema sintesi potremmo dire:  l’uomo lo ha ma non lo è, la donna lo è ma non lo ha!

Dal punto di vista simbolico, dunque psichico, l’uomo è nel dominio dell’avere, la donna dell’essere. Il paradosso è che l’assenza del pene rende la donna più “fallo” dell’uomo. Una dissimmetria che rende la donna  sfuggente ai desideri della padronanza virile e detentrice di un carattere perturbante: la donna , a differenza dell’uomo ,che non può mai “anatomicamente” fingere di avere desiderio, può fare sembiante del proprio godimento, godimento che non ha visibilità anatomica, non ha confine, è  piena libertà. Un infinito femminile che sconvolge il dominio dell’avere del maschio tutto fondato sulla prestazione, sull’appropriazione , sulla affermazione di sé. Di qui l’angoscia verso qualcosa che non può governare, comprendere, avere come possesso, come “roba” propria.

Il femminile, il suo mistero, la sua libertà, il suo essere profondamente eteros ha condotto nel corso della storia ad una svalutazione del genere attuata in varie misure che tutti quanti ben conosciamo.

Ciò che abbiamo sintetizzato è una sorta di strato fondamentale, una sorta di inconscio collettivo stratificatosi nel tempo, ma ciò non significa che siano ineluttabili le conseguenze che esso comporta. Essere in società, difatti, dovrebbe significare arginare le pulsioni della Natura attraverso la Cultura. E’ questo il compito essenziale del momento. Esistono comunità dove la Natura ha il sopravvento, si pensi ai drammi delle donne in molti stati arabi. Esistono comunità dove la Cultura ha inciso pur procedendo con fatica.

Allo stato attuale nell’area occidentale, nonostante i progressi effettuati in materia di parità di genere, permane nell’inconscio collettivo  la difficoltà dell’incontro fra differenze. Difficoltà che in molti casi  appaiono superate facendo apparire una relazionalità sana da parte dei due partner. In ogni caso l’azione efficace è solo quella che tenga conto dello strato fondamentale ed opponga una seria Cultura alle pulsioni della Natura.

Le difficoltà nell’agire in modo efficace possono  assumere vari aspetti.

Un primo aspetto è la carica di narcisismo causata dalla nostra società dei consumi che agisce da moltiplicatore degli effetti  latenti nell’inconscio collettivo e che conduce ad oltrepassare il limite: alla legge della parola, della relazione si oppone la legge fallica(intesa non in senso simbolico) di appropriazione predatoria, della violenza, del danno inferto, della sopraffazione. La gelosia è uno dei sintomi evidenti. Lo stupro è l’atto simbolico del dominio.

Un secondo aspetto emerge nella depressione legata all’angoscia del rapporto  specie quando questo è interrotto. L’elaborazione del lutto viene meno creando un senso di frustrazione insopportabile. L’omicidio è l’azione risolutiva.

Un terzo aspetto emerge dal lato femminile quando è la donna a rifiutare lo specifico del femminile legato, come si è visto, alla libertà. La donna in tal caso ama l’illusione che il consegnarsi al maschio sia la scelta più giusta. Una via utilitaristica per aggirare la responsabilità di abitare un corpo femminile libero. Appartiene a questo aspetto l’imitazione del modello maschile al fine di conquistare potere in una società che stenta ad accogliere “l’anima” accanto all’”animus” maschile.

In tutti questi casi è l’essenza dell’amore ad essere vanificata. Amore è incontro tra libertà: amare la libertà dell’altro anche quando questa libertà sfugge al controllo, assumendo il contorno di un mistero non del tutto decifrabile. L’amore così realizzato è un rischio, è una incertezza perché può sempre, in ogni momento, venir meno. Dono di sé, non affermazione di sé. Rischio non certezza. Rispetto del mistero non svelamento totale.

 Vorrei, a questo punto, evidenziare uno dei momenti più fecondi di Lacan nel rigettare l’esistenza della unificazione con l’altro attraverso l’atto sessuale. Nessun rapporto sessuale riuscirà mai di “fare e di essere l’uno con l’altro”. In sostanza: “il rapporto sessuale non esiste”! Se si potesse afferrare, possedere l’altro esso non sarebbe più “altro”. La frase “sei mia” è assurda se intesa seriamente. La penetrabilità di un corpo nell’altro è azione biologica mai potrà essere psichica. L’amore non vuole avere, incarnare, assimilare, assorbire. L’amore è desiderio fattosi saggezza (Hesse).

Ivano Dionigi nel suo recentissimo saggio su Lucrezio evidenzia come nel  De rerum natura l’autore chiarisca l’impossibilità degli innamorati che cercano in modo spasmodico di identificarsi , di fondersi, di penetrare l’uno nell’altro per sedare la cupido. Ma ogni atto rimane irraggiungibile: il sano rapporto è rispetto della alterità, riconoscimento della differenza. Per Lucrezio il sesso è segno positivo perché è piacere naturale, necessitato. Al contrario la passione amorosa (cupido) è patologica dal momento che sfocia, se non controllato, nel disordine interiore, nel possesso, nel disquilibrio.  

Ma come e quando potremo arrivare a far possedere al maschile l’esperienza del limite ed alla donna  l’orgoglio dell’insuperabilità del limite?

Gli ostacoli che impediscono questo obiettivo sono molti. La cultura, oggi presente, tutta fondata sul desiderio . La politica schiacciata sul consenso dell’immediato. L’educazione al sociale inesistente. L’angoscia per un mondo dalle passioni tristi.

L’attuale dibattito fra “patriarcato” e responsabilità individuali è sintomatico dell’idiozia del momento e di quanto sia lontana la soluzione!   

CARLO ALBERTO FALZETTI

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