BENI COMUNI, 61. CDU 020.6. TECNICA DELLA DOCUMENTAZIONE. IL CASO CDU, APPUNTO…

di FRANCESCO CORRENTI ♦

Nella puntata n° 58 di questa rubrica, pubblicata il 26 ottobre scorso, proseguendo nella puntuale illustrazione del materiale elaborato in molti anni, dalla metà dei Sessanta del Novecento ad oggi, nelle ricerche sulla storia urbanistica di Civitavecchia e di altri centri della Tuscia, ho elencato i principali gruppi di elaborazioni prodotte, riconducibili ad una dozzina di settori tematici. Ho ricordato che quei settori di ricerca paralleli hanno permesso di raccogliere una vastissima documentazione, posta a base delle elaborazioni cronologiche, ottenendo, già alla fine del decennio degli anni Ottanta, notevoli risultati. Materiale che fino a tutto l’anno 2006 è stato posto a disposizione del pubblico, della Città e di tutti, venendo comunque liberamente utilizzato in seguito per fini scolastici, tesi di laurea e finalità di vario tipo da parte di studenti, studiosi e quanti altri ne hanno fatto richiesta.

Tra questi risultati, ritengo particolarmente significativa la documentazione riguardante i settori più innovativi, allora riportata su supporto cartaceo, successivamente trasferita su pannelli didattici per le varie iniziative – archivio del Centro di documentazione a disposizione del pubblico, mostre e conferenze, corsi di storia urbana – e infine resa consultabile con la sua informatizzazione (pagina sul sito del Comune, poi abolita) e in futuro disponibile al pubblico attraverso la riorganizzazione, al momento molto avanzata, del Centro (CDU) con caratteristiche di “Urban Center”, secondo il progetto finanziato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’ambito del programma PRUSST.

Queste le attività espletate nei vari settori, di cui avevo reso conto già nel memorabile convegno nazionale “Il Rilievo tra Storia e Scienza”, svoltosi a Perugia, in Palazzo dei Priori, dal 16 al 18 marzo 1989, con la partecipazione delle massime istituzioni nel campo:

  1. schedatura delle fonti, dei documenti bibliografici ed archivistici e dei rinvenimenti archeologici (circa 2500 schede, attualmente oltre 4000);
  2. stesura della carta archeologica del territorio comunale e dei Comuni contermini in scala 1:25.000 con elenco e catalogazione dei siti;
  3. ricostruzione grafica delle fasi di sviluppo urbano dalla città romana ad oggi in 70 planimetrie in scala 1:2000 per altrettanti periodi (riferiti, dal 1477 al 1870, a ciascun pontificato o fase politica);
  4. ricostruzione grafica in scala 1:1000 e 1:500 del tessuto urbano e degli edifici non più esistenti, con l’analisi delle unità edilizie e delle proprietà pubbliche, di enti religiosi e di privati dal XVI al XIX secolo;
  5. ricostruzione grafica in scala 1:100, con piante, prospetti e sezioni, degli edifici scomparsi documentati in mappe e disegni di archivi pubblici e privati.

La relazione esposta al convegno (Ricerche sulla storia urbana di Civitavecchia: un metodo di anastilosi grafica dei centri storici scomparsi) e pubblicata negli Atti del convegno in “XY, Dimensioni del disegno” (a. V, n° 11-12, 1991, pp. 72-93, con 18 illustrazioni) ha costituito la base metodologica delle molteplici attività poste in essere dal Dipartimento Urbanistica, Territorio e Beni Culturali e Ambientali del Comune di Civitavecchia. Ulteriori risultati (e finanziamenti per iniziative di pubblico interesse) sono derivati dalla collaborazione con diversi Istituti universitari di Roma, Firenze e Venezia, con gli uffici regionali del Lazio, della Toscana e dell’Umbria e con i gruppi di lavoro del centinaio di Comuni ed enti pubblici coordinati per l’attuazione dei “programmi innovativi” del Ministero sopra citato e con quello per i Beni e la Attività Culturali.

Beni comuni 61 figura 1

Per non lasciare il discorso al livello delle enunciazioni generali e delle descrizioni teoriche, probabilmente non immediatamente associabili, da parte dei Lettori non specializzati nella materia, ad esempi concreti del tipo di lavoro svolto nelle ricerche, credo possa essere di qualche interesse – almeno per gli amici appassionati all’argomento – l’illustrazione diretta di alcune delle elaborazioni richiamate nella mia esposizione introduttiva e che le immagini di copertina riportano con alcuni stralci parziali degli scritti o dei grafici. Si tratta di appunti su deduzioni da disegni e mappe, di tabelle relative ai beni della “Commenda Collemodia” quali risultano dai cabrei delle periodiche ricognizioni, di stralci da inventari d’archivio, di dettagli dei disegni per il “progetto di ricostruzione” della chiesa di Santa Maria e degli edifici dell’intera Prima Strada e, infine, dell’elegante interpretazione cromatica del fronte urbano sul porto dovuta alla sensibile e cara artista marchigiana Maria Teresa Cristini Moretti. E qui voglio chiarire il titolo della puntata. “CDU 020.6” si riferisce alla indicizzazione nella classificazione sistematica da me adottata (con varie semplificazioni) per i documenti della mia biblioteca e del mio archivio, la Classificazione Decimale Universale, in sigla CDU. Ho iniziato a servirmene negli anni del liceo, su suggerimento paterno, ed è per me molto utile. L’indice 020.6 si riferisce alla “Tecnica della documentazione”, che è l’argomento di cui tratta la puntata odierna. Nel sottotitolo “Il caso CDU, appunto…”, mi riferisco, invece, al “Centro di documentazione urbanistica” richiamato all’inizio della puntata e del quale ho di frequente illustrato l’istituzione e le attività in precedenti occasioni.

Come primo esempio delle tecniche utilizzate, trascrivo le annotazioni di una delle schede di analisi e interpretazione delle centinaia di immagini che costituiscono l’archivio iconografico. La scheda scelta fa parte dell’inventario dei fondi BAV (Biblioteca Apostolica Vaticana). La scheda originale informatica è riportata su tabella a sei colonne (N° / Pontefice / Data / Descrizione e collocazione / Note e riferimenti allo schedario cartaceo / Note generali e citazioni).

«0003 – Paolo V Borghese – Civita Vecchia, da Bartolomeo Crescentio* romano, Nautica mediterranea, Roma (?) 1602, ed. Bart. Bonfadino, l. V, p. 537. L’opera è dedicata al Card. Aldobrandini (futuro Clemente VIII) – B.A.V., Stamp. Barb. P.IX.47 – Esemplare in Coll. FC, n° 1 (vedi avanti). * Nel 1610, sotto Paolo V, è in commissione con Carlo Fontana per il restauro dell’antemurale.

«Pubblicato da Marconi Paolo (a cura di), I Castelli, p. 403, fig. 40. Attribuito al sec. XVI.

Legenda (non presente nell’esemplare della scheda):

  1. rocca nuova;
  2. adarsenale [in progetto];
  3. adarsena;
  4. fanale;
  5. mulino a vento;
  6. magazzini.

«Notare la Lanterna al centro dell’antemurale e i “mulini a vento”. Importante l’Arsenale a sei navate, quasi nella posizione poi scelta dal Bernini. I torrioni della Fortezza, compreso il Maschio, sono coperti con tetti. In alto, fuori le mura castellane e a ridosso della cortina tra il quarto e il quinto bastione, c’è un edificio con cupola (?). che non può essere la chiesa dei S.S. Maria e Giovanni Battista, perché Terenzio Collemodi è morto nel 1653. Si tratta allora della cappella di S. Leonardo con romitorio e campo santo delle Galere. C’è la chiesetta di San Paolo, fuori le mura castellane a nord. Manca S. Francesco e manca l’edificio in darsena

La prima figura inserita più sopra chiarisce la seconda operazione compiuta nella ricerca, ossia la stesura di un “quaderno” in cui sono state riportate, in ordine temporale, tutte le notizie tratte dalla lettura di qualsiasi tipo di “fonte”, dai testi antichi alle “storiografie municipali”, dalle guide turistiche alle “Notizie degli scavi di antichità”, dai periodici d’epoca ai documenti archivistici. Ne è derivato lo Schedario cronologico, iniziato nel 1975 e subito completato fino a quell’anno a partire dall’antichità (ma continuamente integrato con i nuovi dati via via reperiti) e poi aggiornato fino all’anno 2000 con gli avvenimenti storici, le notizie di cronaca rilevanti, le vicende politiche ed elettorali, i fatti urbanistici e le attività amministrative (con date ed estremi dei provvedimenti, spesso le fotocopie).

Quello schedario, manoscritto, in diversi colori riferiti al tipo di dato riportato, su fogli quadrettati (Registri Buffetti 25 x 35), ciascuno dedicato ad un cinquantennio, tranne alcune schede con diversa periodizzazione, è attualmente costituito da 70 schede, di cui quella riprodotta è la N° 44, relativa agli anni dal 1750 al 1800. La scrittura è minuta, con caratteristiche proprie degli “appunti volanti” inseriti in modo estemporaneo, ma sicuramente esatta e completa per quanto riguarda anche i riferimenti alla collocazione bibliografica (autore, opera, pagina/nota, anno) di ciscuna notizia, in particolare con l’analisi completa delle opere di Arcangelo Molletti, Labat, Frangipani, Torraca, Annovazzi, Guglielmotti, Calisse, Bastianelli, Barbaranelli e gli altri. Devo qui rammentare, a proposito del Molletti, che – per la risaputa, sconfortante vicenda del 2010 – sono rimasti inediti gran parte dei commenti e riscontri urbanistici e topografici predisposti per la prevista edizione comunale su “OC/quaderni del CDU” nel menabò consegnato nel 1998 alla Tipografia Pili “La Litografica” e trascritti da Massimiliano Magrì, all’epoca giovane collaboratore della ben nota ditta, proprio in quel tempo trasferitasi in zona industriale dalla sua sede storica presso il “passaggio a livello” in fondo a via San Vincenzo Strambi, n° 17, tel.46.18.

Il terzo settore tematico ha riguardato la trasposizione planimetrica dei dati e delle notizie relative all’evoluzione cronologica del territorio, con le “70 planimetrie in scala 1:2000” (in qualche caso in scale maggiori o minori), dove sono descritti, con riferimenti puntuali alle fonti e indicati con la pianta in inchiostro rosso, tutti i nuovi interventi edilizi o di altro genere avvenuti nel periodo considerato (ad esempio, i pontificati), oltre alle vicende storiche,  

Beni comuni 61 figura 2

Le planimetrie generali della città relative a periodi storici determinati sono poi divenute 80 e, insieme alla serie di piante, prospetti, sezioni e vedute di vario tipo concernenti aspetti particolari della “terra” di Civitavecchia nelle varie epoche, questo gruppo di grafici costituisce l’Atlante delle C (cento) tavole, che in effetti sono molte di più. A voler dare dei numeri, si sale parecchio in alto. Le cartelle dell’archivio informatico dei soggetti di studio contenute nel NAS desktop Synology DS1520+ ammontano al momento a 1.889 elementi. Nella sottocartella del “catalogo cronologico delle mappe e vedute di CV”, gli elementi sono 986, mentre l’inventario (corredato da riproduzioni) delle incisioni e stampe con soggetto “Civitavecchia e dintorni” registra 483 titoli.

L’Atlante delle cento tavole è stato un mio obiettivo da quando – a metà degli anni Sessanta – ho sfogliato i volumi e poi avuto le fotocopie di molte parti della Storia della marina pontificia di padre Alberto Guglielmotti O.P. (ho piacere a metter sempre in evidenza il suo vero nome di Francesco), tra cui appunto il Volume decimo, Atlante delle cento tavole 1458-1570 (Roma, Tipografia Vaticana, edizione 1893). Non per sciocca imitazione ma quale doveroso omaggio alla magistrale opera (non priva di qualche invenzione che non ne sminuisce il valore) del grande storico domenicano. Ne avevo dato una prima anticipazione nella mia “Premessa” di autore, del dicembre 1985, alla prima edizione di Chome lo papa uole…

«Riferimento principale di questo studio è stata la ricostruzione accurata delle fasi di formazione del tessuto edilizio e di evoluzione del territorio, la cui trascrizione grafica ha potuto essere qui riprodotta solo in minima parte, a causa del formato del volume. Confido di poter corredare, in seguito, questo lavoro di un atlante. Ho, comunque, messo a disposizione dell’Amministrazione comunale il materiale elaborato e già esposto in occasione di pubbliche mostre sulla storia urbana. Mi sono avvalso dell’imponente documentazione giuntaci dai secoli passati, analizzata criticamente per discernere ciò che costituisce vera e propria fonte storica da ciò che rappresenta consapevole o incoscia idealizzazione dei fatti e della forma civitatis. Ho ritenuto utile, peraltro, anche questo tipo di testimonianze e ne ho sottolineato il valore, in quanto vi si rispecchia un’interpretazione dell’immagine della città che ha, spesso, carattere ideologico. In questo senso, ho tenuto presenti tutte le storie municipali, tra le quali eccelle, per completezza scientifica e livello letterario quella di Carlo Calisse (del quale ricorre il 40° anniversario della morte, essendosi spento il 22 aprile 1945, mentre la città sconvolta dalla guerra dava inizio, ancora una volta, alla sua ricostruzione). Anche in essa non mancano alcune distorsioni della verità storica: tra queste, il disconoscimento del ruolo e della lunga vitalità di Cencelle.

«Queste note, che non aspirano a proporsi come una nuova storia organica della città, ma si pongono proprio e unicamente come rilettura critica di tale storia, in un ambito e con finalità strettamente urbanistiche, hanno dovuto evidenziare anche quelle distorsioni. Come ho detto, dal punto di vista metodologico, esse rappresentano elementi conoscitivi importanti, in un esame che ha sì per oggetto la città reale, ma anche il suo significato e la valutazione che di essa vien data storicamente. Concludo, quindi, questa premessa con un reverente pensiero al grande civitavecchiese Carlo Calisse, che – malgrado la caparbia fedeltà ad alcune interpretazioni preconcette – ha onorato la città natale di un insuperabile monumento storiografico. Con Lui, credo doveroso ricordare quanti hanno dedicato la loro attività allo studio, alla progettazione, all’esplorazione del passato di questa città: la loro opera, i loro disegni, i loro resoconti sono la base delle nostre conoscenze, l’indispensabile supporto alle nostre indagini e riflessioni.

«Accanto ad essi, non posso dimenticare quanti, nel corso dei secoli, in questa città hanno vissuto e, spesso, sofferto, operando in faticosi ruoli subalterni o costretti ai remi delle galere o, profughi, incalzati da assalitori spietati o, ancora, semplicemente cittadini, la cui lotta quotidiana per l’esistenza ha rappresentato la vera storia della città: una moltitudine, dalla quale solo pochi nomi riemergono dall’inesorabile oblio del tempo, che ci sembra di vedere ben presente innanzi a noi, a ricordarci che il fine autentico di una città e, quindi, anche di uno studio sulla città, deve essere la realizzazione delle migliori condizioni di vita per la sua popolazione.»

Ho potuto pubblicare alcune delle “cento tavole” nella seconda edizione dell’opera, in due volumi, a dicembre 2005, realizzata con il decisivo e convinto sostegno di Ezio Calderai.

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Scrivevo, infatti, nella “Introduzione al secondo volume”, dopo aver auspicato che la nuova edizione favorisse «quegli “scambi” tra studiosi (ma anche tra cittadini) di cui parlo nella “Premessa”, ossia l’interazione che dovrebbe scaturire da questo genere di elaborazioni, stimolando ulteriori approfondimenti, confronti di dati e nuovi sviluppi delle idee, permettendo la condivisione del patrimonio conoscitivo alle nuove generazioni e fornendo così alla memoria collettiva i mezzi per superare la pigrizia e l’agnosticismo delle convinzioni preconcette». Per cui concludevo lo scritto richiamando in modo esplicito quel desiderio tanto perseguito: «Devo, quindi, ringraziare con particolare calore il presidente della Cassa di Risparmio di Civitavecchia avvocato Calderai e il dottor Benedetti, presidente della Banca C.R. Firenze, per la stima che mi hanno voluto dimostrare e per la nuova occasione offertami di contribuire ancora una volta alla meritoria azione culturale della Cassa ed anche di realizzare una prima pubblicazione (qui circoscritta ad una selezione di quindici delle ottanta tavole elaborate in questi anni) dell’atlante che mi ero ripromesso di aggiungere agli scritti.»

È spontaneo ripetere qui il ricordo commosso e addolorato di Ezio – già espresso nella puntata del 5 ottobre, BC 56 –, “mio” Assessore all’Urbanistica che riuscì a far divenire realtà la nostra gratitudine a padre Labat (aprile 1990) e che volle accomiatarsi con un “convinto riconoscimento” di estrema sensibilità, alla conclusione della comune esperienza nell’amministrazione locale (gennaio 1991), “mio” presidente-editore che ha espresso la levatura culturale e professionale nella sua “Prefazione”, “mio” Sindaco ed anche Amico e poi molto altro, sempre con sentimenti di rispetto e di stima, fino al suo straordinario lascito letterario-storico-politico, conclusosi in questi giorni sul Blog, una “lectio magistralis” che è veramente “magistra vitae”. Come è spontaneo, per me, associare al mio Atlante delle cento tavole anche il ricordo riconoscente di Vittoria Calzolari, Mario Ghio, Renato Amaturo, Arnaldo Massarelli e, da ultimo nel tempo, Giovanni Carbonara, amici, colleghi, maestri, che fin dai primi momenti della stesura di quelle tavole mi hanno costantemente sostenuto e stimolato a terminare il lavoro, apprezzandone l’utilità e l’approfondimento, insistendo vivacemente nel dissuadermi dal farne delle “belle copie” ben disegnate e con annotazioni scritte al computer. Sotto questo aspetto, ringrazio anche Margherita Eichberg e Gloria Galanti, per la cordiale dimostrazione di stima espressami con l’organizzaione della mostra e dei due convegni nella sede della Soprintendenza a maggio 2019.

Tra le molte analisi di documenti per verificare gli sviluppi della storia del territorio, oltre all’evoluzione politica e amministrativa, è stato approfondito lo studio dell’organizzazione ecclesiastica e quindi l’appartenenza dei centri abitati alle diverse Diocesi, visualizzando in grafici le migrazioni delle sedi episcopali tra i centri principali della Tuscia. Altri grafici su base geografica riportano le analisi delle preesistenze e persistenze archeologiche nella città e nel porto di Civitavecchia sulla base dei ritrovamenti, delle fonti e della letteratura in materia, così come si è formata una documentazione quasi completa (per quanto è stato possibile) sui beni architettonici, sui monumenti e sulle opere di pubblico interesse (immobili, complessi edilizi, isolati, aree ed edifici e altri beni culturali e ambientali), dei quali la legislazione nazionale e regionale prevede provvedimenti di tutela e valorizzazione.

La seconda e la terza figura mostrano due esempi di questi aspetti della documentazione, una con alcuni elaborati del “progetto di ricostruzione” di Santa Maria e degli edifici della Prima Strada – serviti di base per la benemerita e molte altre volte ricordata “Macchina del Tempo” di Roberta Galletta – e l’altra con la ricerca sugli stemmi gentilizi che mi portò a scoprire quelli dipinti sulle lesene della chiesa negli anni Trenta (“E in tempo di Corona riecco la Nobiltà”, qui su SLB del 23 luglio 2020), tra i quali quello di Giulio Calderai.

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Credo così che i Lettori si sian fatti un’idea della mia tecnica di documentazione (020.6).

FRANCESCO CORRENTI

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