IL DISORDINE DEL MONDO

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

Lo scontro di civiltà. Alla fine della Guerra Fredda vennero fuori due teorie smentite dalla realtà. La prima proponeva la “fine della storia”: il venir meno del comunismo sovietico rendeva il mondo unilaterale e si concludeva la dialettica dei due poli (in senso hegeliano  si portava a compimento il culmine della storia con la vittoria dello stato liberale). La seconda teoria proponeva una de-occidentalizzazione del mondo a favore di altre civiltà emergenti.

Il fallimento della prima tesi è ovvio. Sulla seconda tesi necessita soffermarsi.

Scontro di civiltà significa che un insieme di culture, di ideologie, di modi di essere, di visioni del mondo (weltanshauung) collidono costringendo ad una  sostituzione di un modello con l’altro. Questa tesi portava a compimento quel diffuso “tramonto dell’Occidente” già preconizzato dal fortunato testo di Splenger(1818).

La falsificabilità di questa tesi risiede nel fatto che l’Occidente come modello culturale non investe solo l’Occidente (Europa, Stati Uniti) ma l’intero pianeta dei paesi sviluppati. Chi può negare che il consumismo, il ricorso diffuso di tecnologia avanzata, i modi di uso della tecnica, i modelli comunicativi, non interessino paesi come la Russia, la Cina, l’India, i paesi Arabi? Come più volte abbiamo fatto notare in precedenti articoli l’Occidente non è un luogo fisico bensì è un modo di essere diffuso, rivendicato, consolidato tanto da essere minaccia ecologica del pianeta! L’occidentalizzazione nei paesi emergenti, tuttavia, non ha significato un guadagno in termini di diritti sociali ma solo diffusione degli aspetti produttivi, tecnologici, consumistici .

 Quando la Russia propone il modello della “terza Roma”contro il malcostume occidentale commette un “reato di ipocrisia”. Quando la Cina si vanta del suo “comunismo” sa bene di agitare un falso obiettivo. Quando l’islam annuncia di possedere la verità religiosa del monoteismo puro agita questo presupposto solo come velo per coprire il solo intento di annientare gli altri e perseguire il secolare intento del dominio.

Alla tesi dello scontro di civiltà dobbiamo opporre, in onore di una vera realpolitik, solo una mera  “volontà di potenza”. L’equilibrio della Guerra Fredda venendo meno ha dissolto quel “potere che frena”facendo scaturire volontà egemoniche alternative all’Occidente. Mosca , Pechino e parte dell’islam hanno iniziato a coltivare l’idea di conquistare spazio vitale ai danni dell’”Occidente come luogo geografico” grazie ai successi acquisiti nell’aver interiorizzato l’Occidente come modello produttivo.

Le modalità della volontà di potenza sembrano apparire differenti nei vari centri del potere. Putin agisce rivendicando il grande sogno nostalgico dell’impero di Pietro il Grande: il passato che si fa presente. La Cina agisce attraverso la penetrazione economica: il mercato come luogo di scontro. L’islam agisce con l’arma di sempre: l’azione come obbedienza ad un presunto “commando divino”.

Il comune denominatore è quel rifiuto ad occidentalizzare il sociale. La democrazia, il bilanciamento dei poteri, i diritti civili, il rispetto delle minoranze,il rispetto della diversità, sono considerate solo zavorra che rischia di frenare la “verticalizzazione del potere”. L’Occidente viene così  interiorizzato nei termini materiali ma si impedisce ogni forma di democrazia liberale. Il verticale è la colonna portante che va protetta abolendo ogni ricorso alla orizzontalità del processo decisionale: tecnocrazia autocratica, niente altro!

Togliendo il “velo di Maya” dell’ipocrisia ecco, dunque, comprendere che lo scontro fra civiltà si riduce solo alla classica “trappola di Tucidide”: la tendenza alla guerra è dovuta solo e soltanto al fatto che una nuova potenza emergente tenta di sostituire una potenza già consolidata come potenza egemone. Una storia vecchia quanto il mondo!

Dunque, togliamoci di torno qualsiasi prurito che anela a vedere nello scontro una lotta fra culture diverse e che potrebbe far sperare per alcuni osservatori nostrani a  qualcosa di giusto nelle rivendicazioni degli antagonisti dell’”Occidente come luogo geografico”. Le critiche fatte contro il modello occidentale sono tutte da accettare con il solo limite che queste critiche valgono per l’Occidente come modello tecnologico, non come espressione geografica: è il modo di produrre, è il consumismo sfrenato, è il dramma ecologico ad essere oggetto di critica perché riguarda l’intero pianeta, non solo l’”Occidente come luogo geografico”!    

Il nostro mondo. Se abbiamo chiarito che cosa si nasconde in questo scontro che nulla ha a che vedere con civiltà in competizione, il passo successivo è quello di evidenziare l’esistenza occidentale di un venir meno delle difese immunitarie che permettono l’entrata nel sistema di pericolose contaminazioni  intese ad indebolire il sistema a tutto vantaggio dell’azione aggressiva esterna.    Il dissolvimento della sovrastruttura ideologica nel mondo occidentale ha inciso profondamente sulla capacità di conoscere e decifrare il reale procurando una serie di effetti deleteri (un vero e proprio cupio dissolvi del nostro modo di essere).

In primo luogo l’eccessiva semplificazione del reale che in molti casi rasenta la banalizzazione dei fatti in altri significa l’eliminazione forzata del dubbio.

 In secondo luogo l’abitudine consolidata ad essere destinatari di una comunicazione filtrata dai media che in continuazione trasmettendo fatti  del mondo rende il cittadino semplice spettatore di un mondo che appare pura rappresentazione illudendolo che  la minaccia sia sempre lontana. Eppure il terrorismo non è finzione scenica. A questo proposito Ezio Mauro intervenendo in più occasioni sul tema evidenzia come tutto questo spieghi la fatica di chiamare il pogrom col suo nome per mantenere una distanza che salvi i nostri meccanismi ideologici: come è possibile che di fronte alla chiarezza pedagogica dell’assalto di Hamas e dell’invasione russa dell’Ucraina noi siamo incapaci di farci investire integralmente dall’accaduto, per giudicarlo nella sua essenza passando dalla commiserazione alla “condivisione”?

In terzo luogo, la logica binaria domina i giudizi. Un tempo  ciò che risultava vero si anelava a farlo proprio ora “solo ciò che è mio, lo considero vero!”  Figlia dell’abbattimento della complessità è la scorciatoia preferita per eliminare il dubbio. E’ l’era della “post-verità”.  E’ la strada maestra del fondamentalismo che certo non è solo religioso.

Ultimo punto. Dichiararsi “antisionisti” in un momento in cui l’Iran vuole la distruzione di Israele, in cui esiste un Hamas significa essere “antisemiti”ovvero condividere l’odio che va diffondendosi sempre più (Concita De Gregorio).

La giusta condanna della prepotenza di Israele e dei suoi invadenti e tracotanti coloni non conduce ad allinearsi con chi vuole l’eliminazione di questo popolo! Stare dalla parte delle vittime evitando la conta delle stesse è la via più accettabile(è la via di Francesco).

 La difesa del popolo palestinese martoriato da sempre non conduce a pensare Hamas come il  fronte di liberazione! Lucio Caracciolo pone bene in rilievo l’inesistenza di una rappresentanza “vera” del popolo palestinese. Vera significa che faccia gli interessi di quel popolo e non gli interessi iraniani mirati all’annientamento di Israele.

 L’impianto del popolo ebraico in Israele non può essere considerato alla stregua della colonizzazione fatta  dei vari paesi europei  nel passato. Quella terra non è uno spazio neutrale occupato da uno stato coloniale. Non si può far finta di non sapere  il nesso sostanziale e millenario che lega quel popolo a quella terra. Una terra , tuttavia, che era abitata da tempo da un popolo non ebreo. Da qui nasce l’angoscioso problema della coesistenza. L’intolleranza dell’ala oltranzista ebraica ha più volte impedito una convivenza. Il fondamentalismo arabo ha strumentalizzato il popolo palestinese per raggiungere scopi  che poco hanno a che vedere con il benessere di quel popolo. Siamo giunti, però, al punto estremo: la convivenza è l’unica via per evitare sofferenze da ambo le parti e per evitare un conflitto che molti paesi amerebbero intraprendere(si pensi a Putin e Teheran veri responsabili del disordine attuale).

Il terrorismo di Hamas non può essere combattuto solo con l’intelligenza artificiale ma soprattutto con l’intelligenza naturale , ovvero capire che continuando a bombardare non si riuscirà mai ad isolare i terroristi dal popolo palestinese. Israele deve esibire questa razionalità evitando di cadere nella” trappola di Teheran- Putin”(Provenzano, PD).

Ma un punto deve essere chiaro:  la presenza di Israele in quella terra non è un accidente della storia, non può essere considerato solo in termini di interessi geopolitici (che pur esistono). Il vicecancelliere tedesco Habeck ha dichiarato: la sicurezza di Israele è essenziale per noi tedeschi in quanto nazione. Le ragioni  di essere contro l’antisemitismo  (e della ipocrisia di essere solo antisionisti!) sono evidenti. La coscienza europea vieta, dopo il passato remoto e prossimo di essere indifferenti. La cultura europea ha molte radici, una di queste è la cultura ebraica (Atene, Gerusalemme, Roma). Chi si professa cristiano conosce bene l’apporto vetero-testamentario e, soprattutto 3 figure ebraiche fondamentali: il Gesù della storia (altro dal Cristo della fede!), Paolo di Tarso, Simon Pietro. In termini laici l’elenco è immenso. Nella fisica e nelle scienze basti menzionare: Einstein, Von Neumann, Freud, Bohr, Feynman. Nella letteratura: Heine, Kafka, Pasternak. Nella musica:  Mendelssohn, Offenbach, Rubinstein, Mahler. Nella pittura: Velazquez, Pissarro, Modigliani, Chagall. Nella filosofia: Spinoza, Marx.  Come possiamo, dunque,  non dirci “ebrei”?

La libertà dell’Europa si difende sotto le mura di Gerusalemme”.  La frase attribuita ad Ugo La Malfa potrebbe essere una profezia del dramma odierno ?

Battiamoci tutti non per la parte ma per il tutto in nome delle vittime dell’una e dell’altra parte: fermare l’assalto, stabilire la tregua, liberare gli ostaggi, ristabilire i confini determinati dal diritto internazionale, ricostruire Gaza, imporre la logica “due popoli, due stati”, scongiurare che il Mediterraneo sia un “mare nostrum di chiunque.

L’agenda dell’”Occidente come luogo geografico” è fitta.

CARLO ALBERTO FALZETTI

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