L’Almanacco civitavecchiese di Enrico Ciancarini. “A Civitavecchia poeticamente s’annegò”. Una triste storia ottocentesca.

di ENRICO CIANCARINI ♦

È una storia molto triste quella che ho rintracciato leggendo vecchi giornali di oltre un secolo fa. Una storia che si svolse a Civitavecchia, nell’arco di pochi giorni, fra ottobre e novembre del 1880.

La Gazzetta piemontese, primogenitrice della Stampa, nel numero del 22 ottobre pubblica poche righe dedicate al Suicidio di una tedesca: “la letterata tedesca Elisa Linhart si è suicidata a Civitavecchia, gettandosi in mare da una barca in cui trovavasi sola”.

Il Corriere della Sera del giorno successivo, dedica alla notizia più spazio, riprendendo fra le Notizie varie, un articolo apparso sul giornale romano, La Capitale, in cui si racconta di “un suicidio compiutosi l’altra sera a Civitavecchia in circostanze tristemente drammatiche”. L’articolo ha come titolo Suicidio d’una letterata tedesca:

“Una signora, giovane ancora e bella, straniera all’apparenza, discesa a riva, domandò di una barchetta per fare una gita in mare. Il barcaiuolo, al quale si rivolse, fece adagiare la signora nel suo guscio e diede nei remi”. Per il Corriere la donna non è sola sulla barca, con lei c’è un marinaio.

“Nulla traspariva dalla fisionomia di lei che fosse in preda alle angustie, all’agitazione: e il barcaiuolo continuava a remare, fornendole di tanto in tanto qualche indicazione sul porto …

Ad un tratto la signora si alza e si getta in mare, ove annega.

Chi era?

È una storia tristissima!

Una bella signora tedesca, alta, snella, elegante, con lunghi capelli diffusi sulle spalle, giunse a Roma cinque o sei giorni fa, e prese alloggio in una camera mobiliata, nelle vicinanze di Montecitorio!

Ella si chiamava Elisa Linhart”. Era nata nel 1848 a Brandeburgo e pubblicava sui giornali tedeschi racconti e novelle. Una sua raccolta di novelle, in due volumi, s’intitola in italiano Nella tempesta della vita e altre narrazioni. Moltissimi libri su internet in lingua tedesca parlano di lei.

Proseguiamo a leggere l’articolo del giornale milanese:

“Era separata dal marito, per non si sa qual dramma, e per divagarsi da una tetra malinconia che l’opprimeva, andava viaggiano per il mondo. Parlava benissimo l’italiano, il francese e l’inglese.

Donna assai colta, anzi erudita, temperamento poetico, fibra artistica, ella scriveva appendici per un riputato giornale di Berlino, per cui ritraeva non scarsi guadagni dal frutto della sua intelligenza.

L’altro ieri ella stava a pranzo con i padroni di casa, quando ricevette il corriere di Berlino. Aperte alcune lettere, trasalì e divenne pallidissima.

. Che avete, signora? – Eh! Nulla … ho ricevuto adesso cattivissime notizie.

Poi, non parlò più e si chiuse nella sua camera.

I vicini la udirono passeggiare su e giù tutta la notte, come in preda alla più angosciosa agitazione.

La mattina, alle 5, ella uscì di casa, lasciando al portiere un biglietto in cui diceva semplicemente che si sarebbe assentata per pochi giorni, dovendo recarsi a trovare alcuni amici suoi fuori di Roma.

Erasi recata a Civitavecchia a fare … ciò che ha fatto. Infelice!”

Il giorno dopo, sempre sul Corriere, nella rubrica Lettere romane si torna a parlare del suicidio a Civitavecchia della scrittrice tedesca “letterata ed autrice di romanzi, giovane, bella ed elegante: la signora Elisa Linhart. Divisa dal marito, ella era già venuta altre volte a passare l’inverno in Roma. Giunta pochi giorni, fa, ella era nella sua consueta tranquillità, quando alcune lettere dalla Germania la turbarono profondamente, e ieri l’altro col pretesto d’una gita qualunque si recò a Civitavecchia, dove si fece portare da un barcaiuolo – o andò sola, facendosi dare una barchetta – ben lungi dalla costa e là si gettò a mare e vi perì miseramente.

Sapremo, forse, i veri motivi della tragedia, se pure ella non ha distrutto tutte le tracce scritte, massime quella lettera fatale che la turbò tanto e la decise alla catastrofe”.

La tragedia non finì qui! Civitavecchia tornò di nuovo sulle pagine del Corriere qualche giorno dopo. Domenica 7 novembre, la rubrica Notizie varie accoglie un articolo intitolato Un suicidio per imitazione. Quando si dice l’esempio”

Cianca Numa 2

“Vi ricordate la disgraziata signora Elisa Linhart che a Civitavecchia si è suicidata annegandosi? Ebbene sentite questa. L’altro giorno, giunge a Civitavecchia un giovane signore e prende alloggio all’albergo Orlando. Quasi subito esce e va al porto; là offre a un barcaiuolo 20 lire, perché lo lasci andare solo in barca. Il barcaiuolo, insospettito dalla abbondante mercede che gli si offriva, e rammentandosi del caso della signora Linhart, si rifiuta di prestargli la barca.

Il signore non s’inquieta per questo, anzi dà cinque lire al barcaiuolo e se ne torna all’albergo Orlando; il giorno appresso due colpi di arma da fuoco mettono sossopra la casa. Si accorre alla stanza del giovane signore e lo si trova gravemente ferito. Le ferite sono tutt’altro che leggere, ma si spera di salvarlo.

Precedutosi alle debite indagini dell’autorità, si è venuto a sapere che si chiama Numa Campi; è di Bologna, studente di medicina. Prima del tentato suicidio egli aveva telegrafato, si dice, al conte Rasponi di Bologna, dicendogli che lo aspettasse a Civitavecchia.

Nella sua camera, fra le altre carte fu trovata una poesia. La riscrivo:

A ELISA LINHART – Mors amica mea

Dentro  l’immane, orribile

Baratro che mi aspetta e mi sconforta

Con il riso d’amor, povera morta!

Io t’amo, o bella incognita,

T’amo pel lungo tuo aspro soffrire,

Povera Elisa, attendimi

Ché come te anch’io voglio morire.

Ecco m’arride placido

Da lontano il tuo volto lusinghiero

Ed una tomba candida

M’accenna mestamente in cimitero.

Là dormiremo immemori,

pallido Elisa, del sofferto pianto.

Solenne inalterabile

È la pace dei morti in camposanto.

Civitavecchia, 20 – 10 – 1880. N. Campi.”

Numa Campi non morì a Civitavecchia per quei due colpi di pistola, si salvò e anni dopo si laureò in medicina all’Università di Bologna. Nel 1904 fu eletto deputato nel collegio di Rocca San Casciano per il Partito repubblicano. In quell’elezione fu sostenuto anche dai socialisti. In Parlamento per una sola legislatura, si distinse per il suo acceso anticlericalismo. Alla fine della carica, si stabilì a Livorno dove esercitò la professione di medico, morendo il 25 maggio 1923. A lui la città toscana ha dedicato una via.

Il titolo di questo Almanacco è tratto da La Scuola cattolica. Periodico religioso – scientifico – letterario di Milano Anno X, Volume XIX (1882), che alle pagina 372 e 373 ricorda il suicidio di Elisa Linhart e il tentato suicidio di Numa Campi, studente in medicina, pubblicando la sua poesia definendolo “scettico infelicissimo”.

Come avevo anticipato, è una storia tristissima che sentivo il bisogno di condividerla con Voi cari lettori.

ENRICO CIANCARINI

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