DIES NATALIS

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Sono nato in un’ora precisa, in un giorno preciso, in un mese preciso, in un anno preciso.

E prima di quella data?

Dove ero prima di quella data?

Per un tempo incalcolabile il mondo ha vissuto senza di me. Tutto si è svolto senza il mio essere.

Il mondo si è formato, la vita si è evoluta, la storia è andata avanti. Tutto senza la mia presenza.

Dove ero prima di quella data?

Posso solo rispondere:  gettato in un dato istante, giunto dal nulla! Ed allora, perché gemere se, un giorno, dovrò riprendere quel mio stato millenario? Rientrerò nel nulla? Probabile.

Eppure, mi è difficile abituarmi del tutto a questa idea.

E’ la vita ad invocare la permanenza! E’ l’invocazione di una foglia cadente, d’un animale in agonia, di ogni uomo che vorrebbe, se le condizioni lo permettessero, ritardare il momento.

.   .  .

Quante sono state le mie vite non vissute!

Non vissute solo perché il caso è intervenuto.

Non vissute solo perché nato in un luogo e non in un altro.

Non vissute solo perché nato in un tempo e non in un altro.

Ho incontrato persone, forse poche, forse troppe, ma spesso è  il caso che me le ha poste di fronte.

Ho scelto perché volevo scegliere ma ho scelto, anche, perché spesso non avevo altra scelta.

In questo minuscolo arco di tempo entro il quale si svolge il mio essere  quante le possibilità perse? Quanti gli incontri non avvenuti? Quante le scelte errate ? E per ogni scelta giusta quante altre potevano ad essa sostituirsi?

Quante occasioni mancate solo perché quel giorno, quell’ora, quell’incontro, quella disposizione dell’animo….

Avrei potuto fare questo, avrei potuto fare quello. Questo ho fatto,  non quello.

.   .   .

Mi accorgo di continuare a dire “io”.

Davvero posso dire che ho una identità?

Ripercorrendo tutta la vita, andando a ritroso con la memoria, davvero posso trovare una mia identità?

Davvero esiste una  identità che possa unificare tutti i miei stadi della esistenza? Il corpo si è alterato nel tempo. Se confronto le immagini nella loro evoluzione posso solo esclamare: ma in quanti esseri mi sono “incarnato”?

.   .   .

Ed ancora, con chi ho condiviso la vita? Chi da sempre non mi ha mai abbandonato?

Esiste una sola univoca risposta:  l’ombra!  Quell’ombra che tenta di emergere quando la coscienza si quieta e qualcuno mette in scena uno spartito, spesso scabroso, che io sento estraneo.

I sogni! Quel lungo tratto di esistenza in cui la coscienza si è resa passiva accogliendo identità a me, ancora una volta, estranee.

Forse estranee se esaminate alla luce della coscienza, ma non “del tutto” estranee : come potrei essere così ipocrita!

Ancora una volta: davvero posso parlare di una mia identità?

Io sono solo la coscienza o il mio io è anche l’ ombra?

Quanto la Regina della Notte mi domina?

.   .   .

Ecco! Questo è il limite.

Il limite oltre il quale non posso andare. Qualunque posizione io avessi, qualsiasi potere io esercitassi  il limite mi costringe entro il recinto. Ogni àpeiron mi è precluso.

Il limite della relatività temporale, la vita è un attimo.

Il limite della limitata libertà, il caso dispone.

Il limite della non identità, l’io sono i molti.

Il limite di ospitare l’ospite inquieto , l’ombra.

Sono solo un attimo del tempo. Una increspatura dell’onda che con velocità  ritorna ad essere mare.

Eppure, . …

eppure  quanto desiderio esiste nell’ andare oltre questo limite!

La terra accoglie le esistenze, le permette la vita. Poi è la volta di altre esistenze ad essere accolte. Nessuno sarà mai padrone di alcunché.

Dovremmo lasciare ciò che abitammo nelle stesse condizioni nelle quali lo trovammo. Dovremmo  lasciare migliorato ciò che usammo.

I Padri ci lasciarono, non tutti per loro colpa,  macerie. La nostra generazione visse una stagione mite.

Il futuro era, un giorno, carico di aspettative. Al momento è un cielo vuoto, un insieme di passioni tristi, una minaccia umanitaria, una possibile apocalisse nucleare.

Profonda è, dunque, l’ inquietudine, ora, nel momento del nostro passaggio.

Quale terra affideremo? Quale ambiente? Quali ideali saranno ereditati?

CARLO ALBERTO FALZETTI

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