LO SCACCO DI PROMETEO: LE FERITE DELL’OCCIDENTE.

di CARLO ALBERTO FALZETTI

In che mondo stiamo vivendo?

Non è giunta l’ora della riflessione per l’Occidente di un approfondito esame di coscienza?

Per poter criticare l’Occidente, come tento di fare, necessita, però, che siano chiari due presupposti cui aderire.

Primo: rifiuto sostanziale di ogni fondamentalismo religioso e politico (dittatura, pensiero unico). L’Occidente ha lottato per secoli contro queste mostruosità riuscendo con enorme fatica a liberarsene. L’Occidente è tolleranza.

Secondo: distinzione netta tra guerra e bestialità. Nelle azioni di guerra si può essere a favore o contro una delle parti. Nella bestialità essere parte dell’Occidente significa condannare con decisione ogni atto della bestia umana. L’Occidente è civiltà.

Aderendo a  questi due punti abbiamo il diritto di riflettere sull’attuale ruolo dell’Occidente.

Il mondo è sempre stato lacerato da odio, rivalità, ingiustizie. Lo sbocco naturale di queste pulsioni è stata la guerra. Dunque, che c’è di nuovo sotto il sole?

Eppure, una novità esiste in quella visione del mondo che possiamo definire, in modo allargato, con il termine “Occidente”. Occidente: non un luogo preciso ma una modo di vivere, una visione del tempo. La novità consiste nel fatto che, per la prima volta, il tempo che scorre non è inscritto in nessun disegno. Il tempo dell’Occidente è un tempo ormai del tutto privo di senso. Dominato dalla tecnica, che tutto invade, la società non persegue nessuna utopia. La tecnica non redime, non persegue scopi, la tecnica funziona e basta! (come tante volte ci ha indicato Galimberti).

Questo decadimento è talmente serio da minacciare anche i due fondamentali presupposti sopra richiamati.

Se così è allora come farà l’Occidente ad affrontare la realtà che lo circonda?

Ancora una volta il punto di partenza per poter meglio argomentare possiamo derivarlo dal mito greco.

Corifea                 Nel donare ai mortali forse non sei andato troppo oltre?

Prometeo           Sì, ho impedito all’uomo di pensare alla morte.

Corifea                Che tipo di farmaco trovasti per questo male?

Prometeo           Seminai in loro cieche speranze!

(Eschilo, Prometeo incatenato, Primo episodio)

La vita è precaria, contingente, instabile. In ogni momento può emergere il disordine e l’ente svanisce per tramutarsi in altro.

E’ per compensare la storia che l’uomo ha creato la “metastoria”. Una storia superiore che tenta di annullare il negativo della storia “ordinando il mondo”. Avere fede nella metastoria ti concede tregua, ti lenisce il dolore, ti permette di affrontare il negativo minacciante. Sai dov’è l’alto, dove il basso, dove la sinistra dove la destra.

Questo il dono  di Prometeo : il farmaco delle cieche speranze!

Speranza nei cieli, speranza nella salvezza futura, speranza in un mondo migliore, speranza  nella rivoluzione di sinistra o di destra che sia.

Il farmaco dove dentro c’è di tutto: il cielo, l’irredentismo, la rivoluzione sociale, la passione scientifica, l’impegno solidaristico.

Il divenire, l’esser per la morte, viene così depotenziato. Viene fermato con la speranza della vita eterna o viene addormentato con l’anestetico di una vita super impegnata culturalmente nel presente.

La metastoria ha così protetto, cullato, alleviato lungo il corso della nostra storia .

Ma che succede se, d’un tratto, si rimane solo con la storia?

Che succede se la metastoria entrando in  agonia cede il passo alla sola struttura sottostante?

Una storia senza più sovrastruttura protettiva sarebbe un sogno angosciante. Una storia senza più direzione non dovrebbe nemmeno possedere questo termine essendo solo un semplice “accadere”.

Ebbene,  non si tratta di alcun sogno:  questo il nostro tempo, il tempo delle passioni tristi!

Ogni metastoria è finita!

Certamente c’è ancora qualcuno che tenta si sventolare qualche bandiera, agita crocifissi, si dimena dai pulpiti, invoca, impreca, indica.

Ma il vento della noia affloscia i loro vessilli. L’indifferenza svilisce  il crocefisso.  La saturazione rende i discorsi  un flatus vocis.

E’ questo il nostro tempo.

La “cieca speranza” si è convertita in altro. Ha perso il suo sostantivo. Le è rimasto solo l’attributo.

La cecità è il nostro tempo occidentale. Una cecità in termini di senso della vita che sembra  convivere a proprio agio con la ricchezza di risultati  tecnologici.

I messaggi pubblicitari che ogni giorno ci invadono indicano una sola cosa: depredare l’ambiente che ci circonda carico di  prodotti e di servizi tecnologici. Eppure dovremmo accorgerci che più possediamo tecnologia (strumenti) più siamo posseduti dalla tecnica (assenza di ideologia).

Il futuro da promessa (come è in tutte le utopie) si è semplicemente trasformato in minaccia!

Nessuno più ormai riesce a trovare ciò che desidera. Desidera solo ciò che trova (sul mercato). E’ il tempo dell’apologia della “voglia da soddisfare ad ogni costo”.

Siamo sommersi, soffocati dalla “utilità dell’utile”( prodotti, utensili, macchinari, ..). Ma quanto sarebbe necessario desiderare l’utilità dell’inutile : creatività intellettuale, amore, dialogo, libertè-egalitè-fraternitè (tre termini che vanno sempre coniugati assieme o sono inesistenti).

Lo scacco di Prometeo:  lo sperare ha cessato di scaldare i cuori dell’Occidente , mentre sembra essere vivo altrove, fuori del “dominio Occidente”.  Noi che abbiamo vissuto un passato di utopia e l’abbiamo ora soffocata siamo circondati, assediati dall’utopia degli “altri”.

Perfino la lotta per la sopravvivenza e per i diritti (pericolo ecologico, pericolo atomico, pericolo batteriologico, diritti civili ) si è trasformata in una passione triste, oggetto solo di campagne mediatiche ripetitive che si mescolano al “rumore” degli intrattenimenti ed alla pubblicità, implacabile ed ineffabile rispetto al dolore del mondo, alle atrocità che ci riportano indietro di mille anni.

La domanda finale è allora questa:  nel momento della fine di ogni utopia, di ogni rivoluzione e della promessa salvifica cristiana la sola storia, per l’Occidente, può rappresentare un sentiero degno di esser vissuto ?  Come reggeremo il confronto con l’utopia che ci circonda e che proviene dagli “emergenti” e dai “dannati della terra”? Noi che, avendo perso la “felicità”, tentiamo solo di evitare l’infelicità?

Alla base di questa terribile domanda c’è la stanchezza e la delusione dell’Occidente !!

L’Occidente (occidere, occasus) è il luogo dove tramonta il sole. Se il futuro dovesse corrispondere al significato del termine sarebbe “il dramma” dell’Umanità proprio perché , dopo una immane lotta, questo “luogo di vita” è riuscito ad esprimere tolleranza e civiltà. L’Occidente deve, per il bene dell’umano, risvegliarsi dal sonno della ragione (da non confondere con la “ragione calcolante” di cui è ben dotata) e riprendere lo spirito dell’utopia che seppur “cieca” speranza  è pur sempre una fuga dall’attuale vuoto dello spirito.

In un modo pieno di odio, di diritti negati, di egoismo, di futilità, di stupefacenti contraddizioni, il ruolo dell’Occidente è essenziale potendo decidere se la via sia quella della redenzione umanitaria o dell’apocalisse. La tecnica spinta al massimo livello ha ottenebrato le menti soffocando ogni possibile visione utopica (basti pensare alla modestia dei politici a livello internazionale). Il nichilismo che ci caratterizza ha svuotato i cieli della speranza: il cielo della religione, il cielo dell’utopia laica. La corrosione dei valori operata dal nichilismo è stata enorme.

Tuttavia spetta solo a questa “terra del tramonto”  l’immane compito di essere il “potere che trattiene” dall’apocalisse del pianeta.

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 Prometeo non  dona speranze, ma “cieche” speranze!  Dunque i greci non si illudevano sulla realtà della speranza come avverrà per l’utopia cristiana e l’utopia laica. Erano consapevoli che le speranze sono illusioni mentre la giusta via è “guardare in faccia il dolore del vivere” senza nutrire false utopie. Questa è la grande differenza fra il mondo giudaico-cristiano-illuminista ed il mondo greco(il mondo della “tragedia”). Nel momento in cui la tecnica ha dissolto le speranze che, seppur cieche, rappresentavano un formidabile farmaco, il modello greco potrebbe ritornare ad essere un alternativa? Ma questo è un discorso diverso da affrontare.

CARLO ALBERTO FALZETTI

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