Almanacco civitavecchiese di Enrico Ciancarini – Le visitatrici. Le prime “agenti di finanza” alla Dogana di Civitavecchia.

di ENRICO CIANCARINI

Lo scrittore francese Paul Brisset, nel racconto di viaggi “Roma” (traduzione italiana 1862) narra l’esperienza negativa da lui vissuta nel trattare con la dogana civitavecchiese:

Chiunque, per mare, vada a Roma e sbarchi a Civitavecchia, è alla bella prima tentato di credere ch’ei pose piede in una terra assai governata, se non ben governata. Si han mille noie, mille vessazioni dalla polizia e dalla dogana pei passaporti, i bauli, i libri, le armi. Si crederebbe di essere su terra dell’Austria.

Altrettanto sfavorevole è il giudizio che pronuncia la più famosa George Sand nel romanzo “La Danielle” (1856) quando scrive che la protagonista, appena sbarcata a Civitavecchia, deve sperimentare l’ostilità e l’avidità della dogana pontificia: “una vessazione barbara. Qui ci si salva con il denaro, ma è pur sempre offensivo non potersi salvare con le parole”.

La Sand, consuocera del nostro Calamatta, era notoriamente un’accesa anticlericale ma addirittura un santo, don Giovanni Bosco, cade nel peccato d’ira quando si lamenta nelle sue memorie del trattamento che gli riservano gli addetti alla dogana nel porto di Civitavecchia, sfacciatamente indifferenti all’abito talare che indossa il sacerdote piemontese. Anche lui è costretto ad elargire mance ai vari funzionari necessarie a velocizzare le pratiche d’ingresso nello Stato della Chiesa.

Le lamentele sul trattamento a cui la Dogana di Civitavecchia sottoponeva chi sbarcava nello scalo cittadino furono sempre numerose tanto da costringere le massime autorità ecclesiastiche ad intervenire emanando severe e precise norme sulla questione.

Il 30 dicembre 1829 monsignor Mario Mattei, Tesoriere generale della Reverenda Camera Apostolica e futuro cardinale, emette una Notificazione e un Regolamento sulle visite personali alle Porte delle Città Franche. La loro lettura permette di far emergere una piccola ma curiosa storia al femminile che si dipana per circa cinquant’anni nella Civitavecchia ottocentesca.

Le prime righe della Notificazione sottolineano che è “sempreppiù urgente il riparo reclamato da quanti zelano il buon’ordine, al contrabbando che si esercita nelle Città Franche, e specialmente a quello che ivi siegue a piccole riprese con gravissimo danno del Tesoro, della industria, e della moralità”.

Nello Stato pontificio le città franche sono due Ancona e Civitavecchia. Per la nostra città il porto franco ha origine dall’editto che il cardinale camerlengo di papa Urbano VIII promulga il 4 dicembre 1630. Le esenzioni saranno confermate dai successivi pontefici ed avranno termine con l’entrata di Civitavecchia nel Regno d’Italia, quando nel 1875, le franchigie doganali sono abolite.

La Notificazione del 30 dicembre 1829 al primo punto dispone che sia “ripristinata la visita personale” a cui dovranno sottomettersi “tutti indistintamente gl’individui, i quali uscendo dalle Porte della Città, mostrino sembianza di occultare generi o merci in frode dell’Erario, ovvero sieno stati preventivamente indiziati alla Forza, invitati dagli Agenti di Finanza a consegnarle” (punto 2). Ma se i sospetti ricusano “di prestarsi all’invito, o avendosi sentore dagli Agenti suddetti, che il genere o merce possa celarsi nell’interno delle vestimenta, saranno sottoposti alla visita personale” (punto 3).

È previsto che le autorità governative costruiscano i casotti adatti per procedere alle visite personali dei sospettati di contrabbando, scegliendo siti posti nelle vicinanze delle porte cittadine indicate dal Tesoriere.

Per gli uomini la perquisizione è affidata agli agenti di Finanza, “predecessori” dell’attuale Guardia di Finanza. Ma per le donne? Lo chiarisce il punto sei:

Affinché poi le visite si operino con quella decenza e fedeltà, che si conviene, e per allontanare ogni motivo di doglianza o reclamo, il diritto di scegliere le Visitatrici per le donne, rimane esclusivamente attribuito alla Curia Vescovile, come quella che più di ogni altro è in grado di conoscere le qualità personali di chi dee destinarsi a si delicato officio, onde si riuniscano nelle Visitatrici medesime tutte le prerogative necessarie per ben disimpegnarlo, singolarmente quella di una esperimentata onestà.

Dalla lettura della norma non si ha la certezza che la figura della visitatrice doganale sia stata istituita con la Notificazione del 30 dicembre 1829, forse il ruolo già esisteva negli anni precedenti ma il Tesoriere generale con il Regolamento ne disciplina con precisione funzioni, doveri e diritti. Al vescovo locale è affidata la selezione delle donne, in un numero per Civitavecchia forse di due o tre.

L’articolo uno stabilisce che “la visita sulle persone, tanto degli uomini, che delle Donne, le quali escono dalle Città franche di Ancona, e di Civitavecchia, dovrà essere una sola, regolare, e decente”. Le visite personali a Civitavecchia si svolgeranno nei casotti situati nei pressi di Porta Romana e di Porta Corneto.

Il ruolo delle visitatrici è ben illustrato negli articoli dal 3 al 6 che parlano esclusivamente di loro.

L’articolo terzo recita che “la visita personale delle Donne sarà fatto col mezzo di altre Donne a questo effetto prescelte dalla Curia Vescovile, e stipendiate dall’Amministrazione delle Dogane”. A tutti gli effetti abbiamo delle dipendenti pubbliche incaricate di svolgere un delicato ruolo di polizia fiscale, lo stesso che compete agli uomini agenti di Finanza. Oggi tale ruolo lo svolge la Guardia di Finanza e il personale della Dogana, utilizzando donne e uomini. Due secoli fa a Civitavecchia come ad Ancona, i principali porti del misogino Stato pontificio, era lo stesso: lo svolgevano gli agenti uomini e le visitatrici donne!

Il Regolamento prosegue con l’articolo quarto che prevede che “alle visitatrici compete una porzione sul prodotto delle invenzioni di contrabbando, che per la loro opera si effettueranno”.

Il quinto articolo fissa le regole di decoro a cui devono attenersi le impiegate: “Le visitatrici saranno obbligate a mantenersi colla più rigorosa nettezza, tanto nel corpo, che nel vestiario, ed eserciteranno il loro Officio colla più scrupolosa decenza”. Non essendo prevista una divisa per il loro esiguo numero, è raccomandata la massima pulizia personale e decoro nell’abbigliamento.

Il successivo punto prevede la possibilità che le visitatrici possano essere trasferite da un punto doganale all’altro “onde equilibrare fra tutte, i disagi, e i profitti delle visite, e prevenire ogni intrinsichezza pregiudicevole al bene dell’Amministrazione”.

L’articolo sette prosegue nel delineare i compiti e i doveri delle visitatrici: “tanto i Soldati quanto le Donne visitatrici saranno tenute responsabili del loro fatto irregolare, de’ loro cattivi modi, ed inurbani in occasione delle visite, volendosi che queste siano eseguite con regolarità, e decenza”.

L’ottavo puntualizza che “qualunque sia il luogo della visita, e la condizione delle Donne da visitarsi, non è permesso giammai ai Soldati Doganali di poter rimaner presenti alle ispezioni, ma appena consegnate alle Visitatrici, la Donna, o Donne, sulle quali cade il sospetto di occultato Contrabbando, dovranno allontanarsi dal luogo, e non vi ritorneranno, che dopo terminata l’ispezione per ricevere le merci intenzionate, se vi saranno”.

Saltiamo al decimo articolo che dispone che le visitatrici “hanno l’obbligo di prestarsi, tanto di giorno, che di notte”. Quindi hanno facoltà di dormire nei Casotti ma “chiusa la Porta, non è permesso sino alla riapertura il passaggio a persona alcuna”. L’undicesimo le obbliga ad effettuare le ispezioni personali sia nei casotti che in altri luoghi previsti per “le Donne di qualche riguardo”. Luogo che “sarà quello destinato dalla Curia Vescovile” (art. 12).

I soldati e le visitatrici “in caso di mancanza contro la regolarità, e la decenza, siccome ancora in caso d’illecite facilitazioni, saranno puniti, per la prima volta colla sospensione dall’esercizio, e dal soldo, per un tempo determinato da stabilirsi sul rapporto della delinquenza … per le Donne dall’Emo Vescovo. In caso poi di abuso di officio, concussione, ed altri delitti infamanti, le Donne saranno immediatamente espulse” (art. 13).

Non possono accettare mance, beveraggi, regalie di qualsiasi specie pena l’immediata espulsione.

Nel quattordicesimo articolo il monsignore Tesoriere, a salvaguardia della morigeratezza delle sue dipendenti, vieta con assoluto rigore eventuali rapporti fra le donne visitatrici e gli uomini (in divisa o senza) all’interno dei casotti. Nessuna promiscuità è tollerata, non sono assolutamente contemplati i peccati carnali:

Le Visitatrici non accorderanno l’accesso ai Casotti ad alcuna persona di diverso sesso, sotto qualsiasi pretesto, nemmeno di amicizia, o parentela, e gli Agenti di Finanza non potranno mai accedervi, sotto le pene per le une, e per gli altri, come all’articolo precedente”.

Sfortunatamente ad oggi non conosciamo né il numero né i nomi delle donne visitatrici che prestarono servizio alla Dogana di Civitavecchia. Nel bilancio preventivo del ministero pontificio delle Finanze del 1849 troviamo due annotazioni: “compenso annuo alle donne visitatrici nei porti franchi: Dogana di Ancona scudi 240; Dogana di Civitavecchia scudi 96”; l’altra riguarda l’“assegno dell’olio pei lumi occorrenti alla sorveglianza notteturna: Donne visitatrici Ancona scudi 19,20; Donne visitatrici Civitavecchia scudi 9,60”.

Dalle cifre riportate, risulta chiaro che alla Dogana di Ancona sono impiegate un numero maggiore di donne. Possiamo presumere che a Civitavecchia siano due o al massimo tre, numero necessario per svolgere il compito alle due porte della città indicate dal Regolamento.

La parola fine a questa curiosa microstoria al femminile la pone il ministro delle Finanze del Regno d’Italia che nel 1877 decreta la soppressione dei due posti di visitatrice alla Dogana del porto di Civitavecchia.

Un piccolo ma ulteriore segnale che conferma che lo scalo civitavecchiese con la fine del potere temporale della Chiesa ha smarrito la sua centralità ed importanza di porta marina della Dominante.

ENRICO CIANCARINI