IL POPOLO: UNA COMUNITÀ IMMAGINATA. GLI “ΗΛΊΘΙΟΣ ” POST-MODERNI

di SIMONETTA BISI

Gli antichi Greci avevano coniato un nome per chi non prendeva parte agli affari pubblici, e da quello ci è giunta la parola Idiota.

“Non diciamo che un uomo che non si interessa alla politica sia un uomo che si fa gli affari suoi; diciamo che qui non ha niente da fare”. Pericle così commenta la partecipazione dei cittadini ateniesi alla politica, (David Held, Models of Democracy, Stanford University Press, 2006, Libro II, capitolo 40, p. 14).

Nell’antica Grecia l’Idiota, nel senso etimologico della parola greca “idiotes”, era colui che poneva al di sopra di tutto i suoi interessi particolari, da “idios” proprio. Si riferiva infatti a quei cittadini interessati solo al loro guadagno privato, al proprio interesse, e privi di valori.

L’Idiota non si interessa del bene comune, e non merita il privilegio di essere cittadino perché non ha rispettato il suo dovere: andare a votare. Da un passaggio su Solone in un’opera attribuita ad Aristotele, alcuni studiosi hanno dedotto che vi fosse una esplicita legge che sanzionava coloro che, potendolo fare, non votavano:  “…Inoltre, [Solone] vide lo stato spesso impegnato in controversie interne, mentre molti dei cittadini per pura indifferenza accettavano qualunque cosa potesse accadere. Egli dunque fece una legge con espresso riferimento a tali persone, decretando che chiunque, in caso di conflitto fra le fazioni, non abbia preso le armi con nessuna delle parti, perdesse i diritti di cittadino e cessasse di avere qualsiasi parte nello Stato.” (L. Loddo, Aristotele, Solone e le leggi democratiche: indagine critica e criteri di selezione, Quaderni di Erga-logoi, 2018).

Con linguaggio attuale possiamo collocare in questa categoria i tanti menefreghisti che riducono il tutto al proprio particolare, disinteressati a quello che succede intorno a loro, e soprattutto indifferenti alle questioni politiche. L’andamento crescente dell’astensionismo elettorale, il numero sempre più basso delle iscrizioni ai partiti, la riduzione dei luoghi di aggregazione, l’irrisoria quota di persone che sceglie di destinare a un partito la quota del proprio reddito – mentre molto alte sono le quote destinate a confessioni religiose, fondazioni, associazioni no-profit – ne sono un significativo indicatore.

Il cittadino “Idiota” non comprende il valore del bene comune: sporca le strade, non raccoglie le eiezioni del proprio adorato cagnolino, non rispetta il codice stradale, si infuria se deve pagare le tasse, considera “uguali” tutti i politici – destra sinistra centro per me pari son – sfruttando però tutte le risorse che il deprecato Stato mette a disposizione, in primis la sanità pubblica.

Insomma, l’Idiota postmoderno è esattamente colui che, pur potendo agire, non fa. Non fa per gli altri, ma fa per sé stesso e per la propria famiglia. In genere è conservatore, cattolico non praticante, debolmente intollerante, rifiuta estremismi. Tende a non impegnarsi nelle battaglie ideologiche a meno che non si attenti alla sua situazione di privilegio.  Tra loro i golden boy dell’alta finanza, la classe dirigente delle multinazionali, ma anche altre fasce di cittadini ad alto e medio reddito che limitano la loro partecipazione alla cosa pubblica per disinteresse adducendo a pretesto gli oneri lavorativi. I personalismi della politica vincono su tutto.

A questo, va detto, corrisponde un notevole disinteresse della politica alle questioni che interessano i cittadini. Lo spettacolo delle aule parlamentari semideserte su temi di grande interesse politico, etico e culturale – basti ricordare per tutti il fine vita e la legge Zan – non hanno provocato una reazione in quella parte della cittadinanza che al momento non si riteneva interessata a quegli argomenti.

Presi da impegni contingenti, politici e Idioti si assomigliano nel loro lato peggiore: il proprio ed esclusivo interesse come guida del comportamento, gli uni nelle aule parlamentari, gli altri evadendo le responsabilità della scelta democratica. Salvo quando il personale interesse dipenda dalla politica.

La reazione scomposta contro la parola tabù “patrimoniale” lo rivela molto bene.

Questo conservatorismo moderato di chi ha ancora qualcosa da perdere, lo sgretolamento di partiti oramai barcollanti, incapaci di dare riposte chiare e di parlare di contenuti, ha lasciato un ampio spazio che negli anni è stato colmato da una galassia indefinita, soggetta a conversioni di rotta improvvise e inspiegate, senza legami storici (in questo consiste la differenza con i partiti propriamente neofascisti), che nel gergo comune definiamo “populista”.

La competenza degli incompetenti.

Così “il disagio” è andato al voto, utilizzando lo strumento retorico per focalizzare un nemico e per intercettare le richieste politiche che vengono dal basso. Questa galassia ha votato, e ha riempito il Parlamento italiano di personaggi giudicati su base personalistica: la democrazia diretta si avvale dei like sui social, come negarlo a un’amica, a un amico? E chi ne ha scambiati di più qualche volta è entrato in quelle aule che aveva promesso di aprire come una scatoletta.

Mantenendo la formula dei cosiddetti “idealtipi”, cioè esasperando i tratti caratteristici di un settore della popolazione, come possiamo stilizzare le peculiarità di chi appartiene (o è appartenuto) alle nuove forme emergenti del disincanto vero partiti e ideologie? A queste persone non spetta il termine di Idiota perché non sono indifferenti alle sorti del loro Paese e del mondo. Sono animati dal desiderio di distruggere ma incerti su cosa edificare sulle macerie dei partiti. Sono arrabbiati, molto arrabbiati, e convinti di essere nel giusto.

Pur nella loro varietà hanno alcuni tratti unificanti: sono affascinati da tutto ciò che è ascientifico, perché la scienza non ha verità assolute, mentre su Facebook le verità assolute partorite dalla disinformazione ci sono e raccolgono milioni di like. Dei propri disagi incolpano sempre “l’altro” e sognano l’avvento di un decisore, qualcuno cui assegnare una delega in bianco, insomma: un vero uomo. Sì, un uomo nel senso di maschio: questa tipologia di persone non considera possibile una donna in un ruolo apicale. Ma, questo va specificato, è ambisesso: precisamente di uno o dell’altro così come da tradizione. Il Salvini, per esempio, nel periodo del suo massimo appeal, era attorniato da donne giovani, meno giovani e anziane desiderose di portarselo a casa almeno in un selfie.

Ritengono di essere contro il sistema, ma se gli si domanda: quale? Ripetono l’ultimo aggiornamento Facebook sui complottismi in agguato. Non sanno esattamente chi sono ma sanno per certo chi non sono (politici, immigrati, burocrati, intellettuali). Si situano politicamente in un’ipotetica zona neutra perché ripudiano ogni idea che abbia riferimenti ideologici. La loro parola preferita è: no.

Nel tempo, è giusto notarlo, questa galassia è implosa, ma molti tra loro sembrano essere stati colpiti dall’effetto Dunning Kruger (David Dunning e Justin, 1999). Una sindrome psichica che comporta, anche in persone equilibrate, soprattutto se guidate da un mix tossico di rabbia e narcisismo, la certezza di avere risposte giuste a tutto. Quante volte si incontrano persone incompetenti che non si rendono minimamente conto dei loro limiti? Anzi, sono talmente accecate da diventare prepotenti e aggressive nel difendere la loro posizione. In Psicologia, l’effetto Dunning-Kruger è un pregiudizio cognitivo in cui le persone con poca esperienza o abilità si convincono di avere esperienza o abilità superiori.

Oggi, che come affermava Umberto Eco la rete dà voce a una legione di imbecilli”, incrociare questi personaggi è sempre più frequente. Il problema è che questi personaggi sono presenti anche tra i parlamentari.

Dunning evidenzia anche come all’incompetenza spesso si accompagni la supponenza perché gli incompetenti nutrono un’incondizionata fiducia nelle proprie capacità. Non hanno percezione dei propri limiti e ignorano i propri errori. Infine, fanno fatica a riconoscere la competenza altrui e possono arrivare a disprezzarla.

Il vero problema degli incompetenti è che non sentono la necessità di farsi una cultura e, dall’alto della vetta in cui si collocano, guardano il mondo mettendo in discussione la credibilità e l’autorevolezza degli interlocutori. Chi ha assistito ai più popolari talk show televisivi potrà confermarlo.

Lunghi sono stati i tempi che hanno preparato l’esplosione di rabbia, disagio, chiacchiericcio e desiderio di rivalsa. Sono stati proprio gli Idioti postmoderni – tra cui quelli che hanno ruoli di rilievo nei partiti, nei parlamenti e nelle istituzioni – a provocare una sfiducia generalizzata, un disamore verso le cosiddette élite e la loro perdita di credibilità. Invece, a fondamento delle democrazie liberali di successo, dovrebbe esserci una fiducia collettiva nell’onestà e sincerità delle informazioni date da funzionari pubblici, giornalisti, esperti e politici.

Il decadimento della verità e quella che lo stesso Biden ha chiamato «recessione democratica» procedono di pari passo, con un rischio: “l’avvento” di chi, Unico, comunica la verità, smaschera le informazioni false dei media dell’establishment, racconta i “fatti reali”. Una volta legati alla sua persona, i sostenitori non si preoccuperanno più di distinguere fra vero e falso. Gli crederanno perché credono in lui.

Mi piace qui citare il lavoro di una ricercatrice statunitense. Ruth Ben-Ghiat, che nel suo libro Strongmen: Mussolini to the Present,( WW Norton & Co, 2020) mette a nudo i leader autoritari degli ultimi cento anni. Il tratto caratterizzante, dice Ruth Ben-Ghiat, è l’uso della mascolinità come simbolo di forza e arma politica. Tutti gli autoritari / dittatori del mondo – percepiti come figure maschili “forti” come Orbán, Trump, Bolsonaro e Mussolini – sono saliti al potere perché possedevano una personalità che evocava sentimenti. Il linguaggio e la teatralità sono stati costruiti per creare un marchio e ispirare il desiderio di un salvatore al posto di un politico. E ci avverte.

Le cleptocrazie di Vladimir Putin e Mobutu Sese Seko, i luoghi di tortura di Augusto Pinochet, i sistemi di sfruttamento sessuale di Benito Mussolini e Muammar Gheddafi, l’implacabile disinformazione di Silvio Berlusconi e Donald Trump: tutti mostrano come il governo autoritario, lungi dal garantire la stabilità, sia foriero di un caos distruttivo.

Ma questo non è il momento di arrendersi. È il momento di ascoltare la lezione su cosa può andare storto quando regna l’apatia. È il momento di intensificare la lotta – non di rinunciarvi. Quando non c’è lotta per il futuro, il mondo precipita all’indietro, nell’abisso dell’odio, della stupidità, della violenza e della catastrofe. Raccontando gli atti di solidarietà e dignità che hanno annullato gli uomini forti negli ultimi cento anni, Ben-Ghiat chiarisce vividamente che soltanto vedendo l’uomo forte per quello che è possiamo fermarlo, ora e in futuro.‎

SIMONETTA BISI