PARLIAMO ANCORA DI NOI – PENSIERI PER IL BLOG CHE VERRA’

di NICOLA R. PORRO

Sono rammaricato di non aver partecipato all’incontro di domenica 28. Un malore improvviso mi ha privato di questa opportunità ma ho seguito con interesse e con l’aiuto della telematica il dibattito che si è sviluppato. 

Mi associo a quanti hanno sottolineato il valore della nostra esperienza: forse l’operazione culturale di maggior successo prodottasi a Civitavecchia (e non solo) da quando la rivoluzione digitale ha confinato il nostro bisogno di socialità negli spazi – insieme angusti e sconfinati – disegnati dai nuovo media. Al gruppo dei promotori, e segnatamente al suo ispiratore Fabrizio Barbaranelli, va riconosciuto il merito di una bella intuizione e la capacità di darle forma concreta attivando un circuito di competenze diverse lungo un arco temporale ormai significativo.

Mi sbarazzo subito della questione “legale”. Ho vissuto per anni esperienze di associazionismo di terzo settore a scala nazionale e so quanto sia utile e prezioso disporre di opportunità fiscali e di uno status giuridico che sostenga disinteressate strategie di “promozione” nelle sue diverse accezioni e declinazioni: culturale, sportiva ecc. Sono risorse che surrogano in Italia antichi ritardi e carenze delle istituzioni pubbliche nel sostegno all’azione volontaria. So bene quanto sia diffusa la tentazione di valersene per scopi non sempre coerenti con le intenzioni dichiarate, ma davvero non è questo il nostro caso. Perciò ben venga qualunque legittimo strumento che serva a consolidare la nostra rete e a valorizzare la funzione che è venuta assumendo.

Per parte mia mi sento in dovere di una quasi autocritica. Per deformazione professionale ho sempre diffidato di produzioni culturali un po’ naif, esposte al rischio dell’eclettismo, non governate da rigorosi strumenti di supervisione. Involontariamente proiettavo sul blog modelli e procedure propri della pubblicistica specializzata. Man mano, però, mi sono fatto sedurre dalla fantasiosa anarchia che pervade la nostra sperimentazione collettiva. Anche perché essa non ha in alcun modo inficiato qualità e rigore di contributi, come quelli a più voci dedicati alla storia locale, che trovano pochi paragoni in altri contesti (compresi quelli accademici). 

Ho così cominciato a riflettere sull’effetto di ritorno che le tecnologie esercitano – o possono esercitare – anche sulla produzione culturale. Non è vero che il medium sia il messaggio, come pensava McLuhan mezzo secolo fa agli albori dell’età televisiva. Un medium condiviso genera però inevitabilmente l’esigenza di “riconoscersi” in una riflessione condivisa. La quale non deve e non può discriminare nessuno. Ci siamo ritrovati per affinità, senza bisogno di professare appartenenze: vogliamo comunicare, non catechizzare. 

Dal canto mio, ho provato a sperimentare alcune modalità di comunicazione di immediata utilità pratica, come quando ho sviluppato un corso di sociologia a dispense a uso dei miei studenti di Cassino con i quali la pandemia mi impediva di interagire in presenza. E mi ha fatto piacere che questo “impiego di servizio”, dettato da un’esigenza concreta, abbia sollecitato la curiosità di qualche compagno di avventura.  Sì, perché il blog esiste e funziona se è uno strumento versatile, un’arena aperta a “utilizzazioni” inedite o impreviste. Analogamente, ho trasferito sul blog riflessioni e stimoli suscitati dall’attualità o da tematiche che ritenevo di potenziale interesse collettivo (come la lunga “serie” dedicata ai populismi). Ho imparato molto da questa esperienza: la necessità di adattare il linguaggio a tempi, situazioni e interlocutori diversi, l’efficacia delle immagini, lo sforzo di gestire “l’ingombro” grafico in base a criteri a me non (più) familiari. Sono conseguentemente del tutto favorevole ad attivare rubriche che facilitino l’accesso ai nostri ormai corposi repertori tematici e insieme incoraggino potenziali collaboratori un po’ disorientati dalla fantasiosa anarchia che alimenta la nostra “offerta” e privi di un rapporto diretto con il territorio.  

Per parafrasare un vecchio slogan ambientalista: dobbiamo sforzarci di “pensare globalmente e comunicare localmente”. E per finire: grazie al blog di aver contribuito a riattivare antiche amicizie, a scoprire gli interessi che abbiamo maturato, per le letture che abbiamo potuto commentare insieme e per i ricordi che abbiamo (non troppo malinconicamente) rinverdito. Tante monadi che comunicano fra loro e con gli altri cessano di funzionare come monadi: ha preso forma una comunità inedita. Auguriamole lunga vita!

NICOLA R. PORRO