NATO Training Mission in Iraq e Afganistan

Intervista a DANIELE DI GIULIO a cura di ANDREA MORI

Generale, che cosa significa NATO Training Mission (NTM) in Iraq e Afghanistan?

La NATO (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, alleanza internazionale di cui l’Italia è un paese membro, ha il compito di sviluppare la collaborazione nel settore della difesa) definisce la NTM (Missione di addestramento della NATO) come un intervento militare di “non combattimento” ma semplicemente di consulenza.

In particolare, il compito della NTM-I (I=Iraq) era di contribuire allo sviluppo sia delle forze armate irachene sia della polizia locale addestrandone il personale, sviluppandone dottrina e organizzazione. Iniziata nel dicembre 2004 presso base irakena di “Ar Rustamiyah”, situata a sud-est di Baghdad, si è conclusa il 31 dicembre 2011.

Invece, la NTM-A (A=Afghanistan) attivata nel novembre 2009 e terminata al 30 giugno 2014, ha avuto il compito di fornire una formazione di livello superiore all’ Esercito nazionale afgano (ANA) e all’Aereonautica afghana (AAF), compresi i college della difesa e le accademie, oltre ad essere responsabile dello sviluppo della dottrina, formazione e consulenza della polizia nazionale afgana (ANP).

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Incontro con Ufficiali iracheni del JSC

Con quali incarichi e per quanto tempo hai operato nelle due missioni? 

In Iraq sono stato assegnato alla NTM-Forward (avanzata) in affiancamento presso il Joint Staff College (JSC), Scuola di Guerra dell’Esercito irakeno. In particolare, ricoprivo l’incarico di “coordinatore” degli ufficiali superiori della NATO (in totale 6 di cui 2 italiani) che fornivano assistenza agli insegnanti militari iracheni impiegati nel Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze in cui i frequentatori erano 21 colonnelli irakeni, suddivisi parimenti in sciiti, sunniti e curdi. Inoltre, fungevo anche da consulente per il Generale Sabeen Bahlod (Direttore del Corso). Il nostro compito era di far acquisire agli ufficiali frequentatori la capacità di procedere alla concezione, pianificazione e conduzione di attività militari interforze e di Forza Armata in ambito nazionale ed internazionale. Ho svolto il mio incarico per oltre 10 mesi  (da luglio 2006 al maggio 2007).

Nella NTM-A, il cui comando era dislocato in una base statunitense a Kabul, ho ricoperto l’incarico di Deputy Commander (Vice Comandante) e ho dovuto sostituire  il Comandante canadese Gen. Wayne Eyre per  circa 15 giorni. In tale circostanza, ho verificato con maggiore chiarezza i compiti della nostra missione che consisteva nella formazione e specializzazione di tutto il personale  dell’esercito afgano (compreso sia  i corsi per medici e paramedici sia il sostegno alla gestione degli Ospedali militari) e delle forze di polizia. Il mio impiego è durato da febbraio a giugno 2014.

Considerando che questa tipologia di missione non comporta attività di combattimento, il rischio di essere uccisi o catturati dai terroristi è minore?

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Organigramma del NTM-A

Bisogna considerare che si opera in Teatri di guerra asimmetrica (forma conflittuale in cui una parte strutturalmente più debole adotta forme di lotta non convenzionali), con tutte le implicazioni in termini di rischio, difficoltà, sacrificio, in cui l’attentato purtroppo risulta essere la normalità. Pertanto, è necessario avere a disposizione una valida Intelligence che fornisca un continuo aggiornamento sulla minaccia sia esterna che interna (personale locale con cui si viene a contatto).

Durante la mia permanenza presso la base irakena di “Ar Rustamiyah” (sede del JSC e dell’Accademia militare), abbiamo subito una moltitudine di attentati da parte di terroristi che dall’esterno lanciavano razzi e colpi da mortaio sulla base (400 attacchi in circa 10 mesi): tali azioni hanno comportato una serie di feriti e morti tra il personale istruttore. L’Intelligence inoltre ci aveva informato che il personale NATO poteva essere oggetto di rapimento da parte di civili irakeni presente nella base e quindi era necessario muoversi in tale struttura in due e sempre in assetto da combattimento.

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Visita presso un Centro di Addestramento afghano

I rischi occorsi durante mia permanenza nel Teatro operativo afghano sono state di altra tipologia. Infatti, in qualità di Vice Comandante, dovevo talvolta presiedere ad attività che si svolgevano presso i Centri di addestramento afghani o direttamente presso il Comando ISAF: questo comportava spostamenti con autovetture (raramente elicotteri). Pertanto, nonostante che gli spostamenti fossero effettuati per brevi distanze e utilizzando due autovetture SUV blindate con a bordo un team di scorta, il pericolo di incombere lungo le strade di Kabul in un attentato con ordigni esplosivi improvvisati era probabile. Inoltre, quando si accedeva nelle caserme afghane, per rispetto nei confronti del  Comandante locale, non indossavamo il giubbotto anti-proiettile pur mantenendo la scorta. In tale contesto purtroppo era possibile che membri della sicurezza afghana, alleate con le forze NATO, rivolgessero le armi contro i colleghi occidentali. Infatti, il 5 agosto 2014,  durante una visita di una delegazione della NATO, Sher Alam, soldato afghano di guardia all’ingresso dell’Accademia militare di Camp Qargha nella periferia di Kabul,  ha imbracciato una mitragliatrice e ha esploso dozzine di colpi contro tale rappresentanza militare, prima di venire abbattuto da un cadetto dell’esercito afghano. Nell’attentato è rimasto ucciso il Generale statunitense Harold. J. Greene e sono stati feriti 15 militari alleati tra i quali 6 statunitensi, un generale di brigata tedesco e due ufficiali britannici.

Quali sono stati gli episodi di questa tua esperienza che ti hanno maggiormente “toccato”?

La domanda non è di facile risposta perché in realtà la lista è molto lunga ma cercherò di fare una cernita per individuare quelli più significativi.

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Dislocazione basi Al Rustamiyah e Camp Cuervo a Bagdad

La missione in Iraq, considerando la durata di oltre 10 mesi e il rapporto umano instaurato con tutte le componenti presenti sia nella base irakena (esercito irakeno, personale NATO, “contractors” addetti alla vigilanza) sia nella base dell’esercito statunitense attigua di Camp Cuervo, ha comportato un vissuto estremamente intenso:

  • Il 5 agosto 2006, il sottoufficiale addetto alla segreteria del comando, mi chiamò terrorizzato perché era appena giunto un messaggio dell’Intelligence in cui si comunicava che l’indomani probabilmente circa 3000 “insurgents”  avrebbero attaccato la base e che bisognava predisporre un’evacuazione d’urgenza. Tale messaggio fortunatamente  fu successivamente annullato; 
  • Il 22 novembre del 2006 alle ore 14.00, insieme ad un altro collega concordammo un incontro con due rappresentanti della JSC nei pressi dell’ingresso che adduceva alle aule. Stranamente nella base in quel primo pomeriggio non si scorgeva alcun militare irakeno e attorno alle 14.30, decidemmo di allontanarsi dal luogo dell’appuntamento e di rientrare nelle aule. Dopo un paio di minuti, in rapida successione, arrivarono 3 colpi di mortaio da 120 mm. sullo stesso punto in cui noi eravamo in attesa, distruggendo i locali adiacenti (salvi per miracolo!);segreteria del comando, mi chiamò terrorizzato perché era appena giunto un messaggio dell’Intelligence in cui si comunicava che l’indomani probabilmente circa 3000 “insurgents”  avrebbero attaccato la base e che bisognava predisporre un’evacuazione d’urgenza. Tale messaggio fortunatamente  fu successivamente annullato;
  • durante un colloquio con un frequentatore di etnia curda,  il quale mi regalò una bandiera curda e un CD in cui si riportavano i luoghi più suggestivi della sua terra, mi spiegava che il Kurdistan iracheno era completamente diverso dal resto dell’Iraq e che la sua gente si sentiva molto vicino alla nostra cultura: in televisione addirittura trasmettevano il “grande fratello”!

In Afghanistan comunque ho vissuto altresì delle esperienze particolarmente forti che mi hanno fatto crescere umanamente:

  • il 3 aprile 2014 (2 giorni prima delle elezioni presidenziali), Kabul era stata considerata dallo NATO zona rossa (estremamente rischiosa e maggiormente soggetta ad attacchi dei terroristi) e pertanto era consigliabile non spostarsi con autovetture. Il Gen. Wayne Eyre, nonostante la situazione di pericolo, mi ordinò di raggiungere con autovettura l’aeroporto di Kabul per un importante riunione (gli altri partecipanti avevano usato gli elicotteri). Iniziato il movimento, mi resi subito conto che le strade, sempre viste caotiche ed affollate, stranamente erano deserte ma questo non mi rendeva più tranquillo. Dopo 10 minuti, arrivammo incredibilmente all’ingresso dell’aeroporto senza alcun intralcio, ma all’improvviso una serie di colpi di fucile d’assalto raggiunse la fiancata del nostro primo SUV blindato: immediatamente il capo scorta uscì dal velivolo e in qualità di responsabile della sicurezza mi fece cenno di non muovermi. Dopo un lunghissimo minuto di confronto, realizzammo che era stato del fuoco amico afghano. Gli addetti alla vigilanza ci avevano scambiati per terroristi e avevano avuto una reazione incontrollata che avrebbe potuto comportare conseguenze tragiche;
  • ogni volta che uscivo con la scorta dalla base statunitense veniva verso la mia autovettura una donna in burka insieme con i suoi due bambini per mano, chiedendomi l’elemosina. La prima volta controllai le mani (unica parte visibile) per escludere che fosse un uomo (terrorista) pronto a posizionare una mina magnetica sotto il SUV e successivamente venni a conoscenza della sua triste storia: era rimasta vedova e secondo la legge locale avrebbe dovuto sposare il fratello dell’ex-marito, in quanto come donna non poteva svolgere alcun tipo di lavoro. Stoicamente aveva rinunciato a tale soluzione e preferiva provvedere lei stessa al mantenimento dei propri figli.

Dopo le missioni hai avuto bisogno di un certo tempo per riabituarti alla normale realtà della vita nella tua famiglia, nel lavoro, nella società?

Al rientro in patria, non ho subito particolari disturbi da stress post traumatico però ho dovuto “raffreddare” la mia prontezza di reazione a giro di orizzonte e cambiare le mie azioni per renderle meno istintive: in casa ad ogni forte rumore improvviso andavo in “stato d’allarme”, perché in 10 mesi in Iraq, soprattutto durante la notte, a seguito di attacchi improvvisi sono stato allertato moltissime volte e ho dovuto mettermi in assetto da combattimento nel più breve tempo possibile. Parimenti, dopo gli spostamenti nel traffico caotico e pieno di insidie di Kabul in cui osservavo con molta attenzione tutti coloro (potenziali attentatori suicidi) che si avvicinavano alle nostre autovetture a piedi o con scooter, una volta rientrato in Italia ho dovuto “resettarmi” per tornare alla normalità.

ANDREA MORI