Quadrilatero

di SILVIO SERANGELI

DPCM: la scala A scende in portineria

“Bisogna farsi sentire, caro lei. A noi chi ci rappresenta? I centri sociali, i fascisti sfascia tutto?”. Il rag. ***  si è espresso così, a metà mattinata, quando è più affollato il via vai (pane spesa frutta e verdura del giorno) dei condomini del Quadrilatero Portuense, scala A, fra i quali, quando siamo a Roma, sono burocraticamente annoverato insieme a mia moglie Elena. Un appello lanciato con composto furore, perché va detto che la scala A, in questione, presenta un’età media ben al di sopra dei settant’anni, e che è abitata da tanti ex professori, direttori di banca, impiegati statali, generali: tutti ovviamente in pensione. Il portiere ***, di molto più giovane, cerca di placare gli animi, si rivolge al rag.  e ad alcuni di noi che  sostano nell’androne molto ampio, tutti a debita distanza con apposita mascherina e reiterata schizzatina dell’amuchina portatile (confezione molto costosa, ma piccola e comoda da mettere in tasca, insieme ai fazzolettini e alle immancabili pillole medicinali); dicevo del portiere che ci invita alla calma: “Non mi direte mica che vi mancherà la movida? I film non ve li vedete in televisione fra una corsetta prostatica e l’altra al bagno?”. Un ragionamento tutto sommato non lontano dalla nostra realtà serale, ma la protesta monta, come si legge di questi giorni dai titoloni di giornali e tv che non vedono l’ora che ci scappi il morto. E monta anche fra la nostra popolazione estremamente educata e dai modi d’altri tempi: “Passi pure che le reggo il portone; che bella bambina: uno splendore, complimenti; vedo che anche lei per la frutta si serve da Luciano…”. Su di noi, persone di una certa età della scala A del Quadrilatero Portuense si abbatte la paura strisciante di un futuro che non si vede. Certo siamo molto soddisfatti perché abbiamo avuto la prima fila per fare il vaccino antinfluenzale e magari quello per evitare la polmonite, ma la nostra movida significa soprattutto raggiungere la pace dei sensi quando ci verrà finalmente iniettato il nuovo vaccino. Anche noi abbiamo i nostri sogni, le nostre aspettative e ci rode molto vedere che tutta l’attenzione è dedicata all’altro mondo: quello che magari butta le mascherine lungo i marciapiedi, che si affolla sotto i condomini, che, in sostanza se ne frega, perché tanto il virus mica ce l’hanno loro. E ti capita di vedere quest’altro mondo che non può fare a meno di accalcarsi per sciare, mentre gli altri si accalcano per lavorare per quattro soldi. “Qui ci vorrebbe la Cina, non questo casino organizzato – il sig. *** ex capotreno FFSS scandisce ad alta voce. – Ma quale censura, ma quale stato totalitario, lì funziona tutto e tutti in ordine. Le caciare dei talk show: nella spazzatura, un solo telegiornale che informa, e  non ci sarebbe la scostumatezza di continuare mandare la spensierata pubblicità del gruppo di giovani str…. che si delizia coll’immancabile Campari: tutti felici e contenti, mentre si contano i morti”. “Io non sono comunista, ma come in Cina ci vorrebbe un’autorità  per bloccare le false notizie, e l’istigazione  a fregarsene dei divieti” Lo fa notare la signora *** ex funzionario del Vaticano,  molto elegante e a passo veloce nonostante i suoi ottant’anni, sempre rincorsa dal marito, il prof. *** ex del Liceo Virgilio, che non regge il suo passo. “Con mio marito non guardiamo più i telegiornali, non riusciamo neppure a divertirci con Ballando con  le stelle, pensi un po’. Il virus ci ha rovinato anche il piacere per il ballo in tv”. La protesta, civile e verbale, finisce qui. Qualcuno propone una piccola manifestazione che ci tiri su di morale, ci faccia stare insieme, dalla stessa parte, sempre alla debita distanza, con mascherina innestata, spruzzatina periodica di amuchina d’ordinanza. Vediamoci domattina alle sei e mezza alla pasticceria bar Coppelia per un cappuccino bollente con spolveratina di cacao e cornetto alla crema, tanto il coprifuoco  finisce alle cinque,  ci alziamo tutti presto e cominciamo a girare per casa come trottole. Alla proposta aderisce anche il portiere, che intanto ha indossato i guanti di lattice per distribuire la posta e qualche pacco Amazon. Va detto che la scala A del Quadrilatero Portuense potrebbe facilmente vincere il premio fedeltà della suddetta distributrice di tutto a prezzi convenienti, perché siamo il terminale naturale degli ordini di figli e nipoti di calzini, asciugamani, pezzi di ricambio auto, pile, zaini, caricabatterie. Per noi è un piacere, e la distribuzione dei pacchi da parte del portiere è una sferzata di energia, perché ci sentiamo utili e, soprattutto, al passo con i tempi, anche se poi, a differenza di figli e nipoti, i calzini preferiamo toccarli con mano anche se costano cinquanta centesimi in più, e per le pile c’è una vasta scelta dal cinese, al di là della strada, sempre cerimonioso e sorridente. La manifestazione si scioglie. Le parole d’ordine sono state lanciate, e domattina al bar non andrà nessuno. Ma la scala A del Quadrilatero Portuense ha una sua dignità, vive questo momentaccio in silenzio, lontano dalla cialtroneria protagonista assoluta, che fa finta di niente. La manifestazione, la piccola mobilitazione si è conclusa ordinatamente. L’ascensore ci riporta nelle nostre confortevoli abitazioni. Ma questo è un mondo che non fa notizia. Tutti chiusi in casa gli ultrasessantenni! Che dire dei nostri malumori, delle notti in bianco, della noia accumulata sui libri e sulle parole crociate, del fastidio quando accendi la televisione e vedi la faccia di Salvini e della Meloni. Che fine hanno fatto i nostri viaggi programmati, e i compleanni di famiglia, e le gite, e la spensieratezza con cui affrontare le giornate che escono giuste, senza dolori e malanni. E la mascherina che porti e ti appanna gli occhiali e ti fa mancare il respiro? Noi, quelli del Quarilatero Portuense siamo tornati al tutto chiuso. E gli altri? Tutti contro il Governo, come se nel resto del mondo ci fossero fiumi di ambrosia. Protestano, e hanno ragione perché avere un ristorante e non cucinare è perfino un controsenso, e girare un film, preparare uno spettacolo senza poterlo proporre al pubblico sembra una follia. Ma anche in questo caso purtroppo manca una lettura corretta del contesto. Questa è una guerra, con i bombardieri sempre in azione, e non si vede neppure lontanamente la contraerea. Qui i contagi crescono e i morti pure, e sull’agognato vaccino le notizie non sono certo rassicuranti. Finalmente, sono arrivati i tanti agognati disordini con i tele inviati col fiatone in diretta fra le masse urlanti di lanciatori e ladri.  Facendo un po’ di attenzione sui siti dei giornali, leggi che Mediaset dovrà cancellare alcuni programmi perché i suoi vip  si sono attaccati questa rogna, che il Giro d’Italia è finito, passato come un fantasma, che il campionato di calcio, che conta più i contagiati che i punti in classifica, è diventato una  farsa, che interessa poco anche ai tifosi più scalmanati. Ma c’è buona novella che riguarda il sindaco della petite ville. Con la giunta al completo è sceso in piazza contro i decreti del Governo, alla testa di quei commercianti che l’altro ieri erano imbufaliti contro il suo outlet Fiumaretta. Ahiaiaiai! Ma lui, che leggo esser assurto agli onori della segretaria allargata di pane e nutella con il truce commissariato e guardato a vista,  sa fare solo questo. Governare un città? Meglio sbraitare e chiedere le elezioni. Ma lui è stato eletto. E che ha fatto?

***le persone, i pensieri, i luoghi sono reali.

SILVIO SERANGELI