Sinistra: arrendersi o reagire?
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Vorrei provare a ragionare con gli amici di SpazioLibero Blog , che so condividono in gran parte una certa visione , se non ideologica, almeno culturale, che possiamo definire di sinistra , di una possibile rivincita della sinistra. Per farlo, però, mi corre l’obbligo di partire da alcune premesse:
- Stiamo parlando di un fenomeno mondiale e non solo italiano. Usciamo dal provincialismo. Purtroppo la destra, oltre che il nostro Paese, governa l’ Inghilterra, la Germania, gli USA con un tipo come Trump , che , sempre più spesso, assomiglia ad una caricatura dei repubblicani americani. Ha vinto in molti Stati europei ( Ungheria, Austria, Danimarca, Belgio, Polonia…). Ha eletto uno come Bolsonaro in Brasile. Inoltre la sinistra pare perdente da un punto di vista culturale. E’ lo spirito dei tempi che sembra essersi spostato da quella parte.
- Parliamo del futuro e non del passato. La nostalgia è bandita. Il primo che mi sventola una bandiera rossa verrà coperto dagli sberleffi. Ci interessa trovare soluzioni utili ed efficaci per costruire una sinistra del terzo millennio. Ideologie vecchie di due secoli non possono essere considerate né utili né efficaci.
- Lasciamo perdere le responsabilità , gli errori e le colpe di questo e quell’altro. Ci sono state di sicuro. Altrimenti non ci troveremmo in questo stato.Quindi nessun “ e allora il PD ? “ e neppure discorsi su Renzi. La situazione è un filino più grave delle sorti del politico di Rignano sull’Arno ( ed anche di quelle del Partito Democratico italiano).
Insomma, il problema è culturale, prima che politico. Le elezioni vanno e vengono, una volta si vince e una si perde. Ma ciò che sembra davvero, profondamente, mutato è lo zeitgeist, lo spirito di questi nostri tempi, che appaiono irrigiditi, induriti, spaventati, scarsamente propensi all’innovazione e all’apertura, più cinici che ottimisti, più disincantati che idealisti, forse persino un filino depressi.
Insomma di destra. Intendendo con destra la chiusura, la paura, la difesa dei confini, l’innalzamento di muri e barriere. E con sinistra il suo opposto. Certamente la caduta del Muro di Berlino e la conseguente sconfitta di una idea che si contrapponesse al Capitalismo hanno dato un fortissimo contributo a questa situazione. Il Capitalismo, addirittura declinato in versioni ultraliberiste e iperfinanziarie, è il padrone assoluto del Pianeta (Russia e Cina comprese, che prima gli si opponevano). E se le regole del gioco le fanno i Mercati è chiaro il perché si sia imboccata questa strada. Al Mercato non interessa altro che fare soldi. E se al vertice della piramide c’è la finanza, il meccanismo per fare più soldi sarà avere molti soldi da investire.
Questo, di conseguenza , porterà a far si che diverranno sempre più ricchi i ricchi e sempre più poveri i poveri. E questo perché i soldi non INFINITI. Perché le risorse non sono infinite e non è neppure infinito lo spazio da conquistare e sottomettere, sia in senso reale che figurato. Mi scuserete la divagazione economica, indegna persino di un vecchio bignamino. Ma credo che ci siamo capiti.
In un Pianeta capitalista, governato dai mercati finanziari, lo spazio per la sinistra si riduce per forza. E persino la vecchia social-democrazia , con le sue pretese di limitare lo strapotere dei mercati, nel nome della giustizia sociale e del rispetto delle persone, rischia di finire tra gli attrezzi del modernariato , assieme al mangiadischi e al juke-box. Inoltre, nell’ultimo decennio è successo qualcos’altro, la cui cifra essenziale contribuisce ad affossare ulteriormente un modo di pensare e di affrontare l’esistente che possiamo continuare a chiamare di sinistra. Naturalmente sto parlando di quella che Alessandro Baricco, nel suo interessantissimo libro “ The Game”, uscito una decina di giorni fa, chiama l’insurrezione digitale, cioè quel fenomeno che ha messo al centro della vita delle persone il web, i social, gli smartphone, cambiando profondamente il loro modo di rapportarsi con la realtà ed imponendo quello che Baricco chiama l’individualismo di massa. Quel modo, cioè, assolutamente individuale, ma al contempo estremamente di massa (hanno un profilo Facebook oltre 2 miliardi di persone) di utilizzare i tools ( gli strumenti) del mondo digitale per informarsi, spendere, scegliere, viaggiare, etc. Strumenti che, inoltre, permettono di saltare le mediazioni, di abituarsi ad avere risposte in tempo reale, di ridurre la forza e l’importanza delle elite.
Questo meccanismo, però, che Baricco chiama the game, è pensato per utenti singoli, per giocatori singoli, cui assegna punteggi (i followers, i likes). Non è pensato per i gruppi, le comunità. E’, se mi permettete la forzatura, un meccanismo di destra. Inoltre rischia – e lo stiamo, io credo, toccando con mano – di trasformarsi da strumento di individualismo di massa in strumento di egoismo di massa.
Quindi, ricapitolando: il capitalismo finanziario governa l’economia (e di conseguenza la politica) ed è sicuramente di destra; la rivoluzione digitale governa la comunicazione (e di conseguenza la politica) ed è (quasi) sicuramente di destra. Ci stupiamo, quindi, che lo spirito dei tempi penda pericolosamente da quel lato? Certamente no. E quindi non c’è niente da fare? Dobbiamo arrenderci all’evidenza di una sconfitta epocale, attendendo, con pazienza, tempi migliori per le magnifiche sorti e progressive del popolo ? Spero di no. Ed allora che fare (come diceva quello …)?
In primis direi che è indispensabile utilizzare il game. Bisogna, insomma, provare ad usare le armi dell’avversario per combatterlo. E’ oggi impensabile che una controffensiva culturale non passi (anche) attraverso l’uso dei social network.
Li usano le persone, i partiti, i giornali e i telegiornali. Li usa il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e persino il Papa. E’ un terreno sul quale bisogna certamente confrontarsi. Per farlo in modo efficace, però, è indispensabile utilizzare e formare competenze specifiche. La comunicazione sui social ha, infatti, regole tutte sue. Affrontare Twitter come scriveresti un volantino da consegnare ai banchetti equivale a perdere tempo. Ma, per venire ai contenuti, è assolutamente indispensabile alzare il livello dello scontro dal punto di vista ideale. Da troppi anni la Sinistra mondiale si è fatta portavoce del buonsenso e del realismo, certamente giusti antidoti alla demagogia. Solamente che – come dice in un bell’articolo, su La Repubblica del 26 ottobre, il segretario del PD Maurizio Martina –, ad un certo punto, il realismo è diventato ideologia: “ diciamo chi siamo. Perché delle due l’una: o torniamo idealisti senza illusioni, o lasceremo il campo agli illusionisti senza ideali…” Bisogno dirselo, una volta per tutte, che il realismo è una ideologia davvero troppo lieve, specie se paragonata a chi sollecita le paure del diverso ed inneggia a valori sempiterni come la Patria. Inoltre bisogna smettere di inseguire un fantomatico centro, che probabilmente non esiste più.
E’ invece indispensabile diventare molto più radicali. E questo per due ordini di motivi. Il primo ha a che vedere con i modelli comunicativi. Nei social la moderazione non funziona. I distinguo, le sfumature, le elucubrazioni non interessano nessuno. Un tweet non può essere più lungo di 280 caratteri. E nessuno legge un post su Facebook con più di 5 righe di lunghezza. Persino la durata degli articoli sui giornali cartacei si è molto ridotta, negli ultimi anni. Ma la radicalità deve essere soprattutto nei contenuti. Non si possono più usare sfumature per evitare di affrontare le enormi disuguaglianze, figlie della globalizzazione e della finanziarizzazione dei mercati. Questo significa che bisogna volere che i diritti, le tutele e le opportunità debbono essere uguali per tutti. In tutto il Mondo. Per farlo è necessario partire dalle inaccettabili sperequazioni prodotte dalla precarizzazione del lavoro e dalla perdita di dignità che ha colpito i lavoratori, incapaci di unirsi (anche per quanto abbiamo visto) e quindi in balia di ricatti e di sfruttamento. I giovani che non trovano lavoro, i cinquantenni che lo hanno perso e non lo ritrovano e che non prenderanno mai una pensione decente, gli immigrati che vogliono migliorare la loro condizione. Costoro sono meritevoli di tutele. E’ per costoro che bisogna combattere, anche adattando le modalità di tassazione, per colpire i giganteschi guadagni delle ormai potentissime corporation della tecnologia e dei nuovi media.
Analoga radicalità è indispensabile anche in materia ambientale e nella lotta al cambiamento climatico, la cui urgenza è ormai un fatto scientificamente assodato. La nostra società deve – e sottolineo deve – comprendere che alcune decisioni, in fatto di abbattimento dei gas serra, non sono più procrastinabili. Questo, peraltro, prevede ingenti investimenti per riconvertire gli insediamenti umani ed industriali. Quindi lavoro. Quindi sviluppo. In ultimo , bisogna essere radicali anche nel multilateralismo, proprio in contrapposizione al sovranismo crescente. Questo significa pace, disarmo, risoluzione dei conflitti con organismi sovranazionali rafforzati. Questo significa che è indispensabile aiutare davvero a casa loro i più poveri. Questo significa che da noi bisogna rilanciare il concetto di Europa Unita, con una unità finalmente politica e non solo economica. Le persone, con le loro necessità, devono tornare al centro dell’azione politica. Non si può aver paura di dire che tutti hanno diritto ad avere i mezzi per provare ad emanciparsi dalla povertà e ad inseguire i propri sogni.
Tutti hanno diritto all’istruzione e all’accesso al web. Tutti hanno diritto ad avere una vita libera da malattie e da violenza. Tutti hanno diritto ad avere aria pulita da respirare ed acqua buona da bere. Dobbiamo lottare per rendere universale ciò che oggi è solo per alcuni. E questo è esattamente l’opposto di chi vuole alzare muri, mettere dazi e chiudere le frontiere. E’ infinitamente più semplice sfruttare le paure per indurre la gente ad odiare. Ma è molto meglio provare a convincere il Mondo che la risposta è invece nell’amore.
ROBERTO FIORENTINI
Bell’articolo Roberto, direi sintetico ed esaustivo, che lascia aperti spazi ad una complessa comunicazione. Sei veramente esperto nella comunicazione sul web, che io, personalmente, non sono capace di fare. Spesso mi hai detto che sono criptica nelle mie considerazioni, ma è il vizio per aver insegnato per tanti anni l’ obsoleta storia della filosofia.
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Invece di arrendersi, parlo della sinistra, non solo del P.D. che da vari anni ha perso la “bussola,” reagissimo andando a studiare quello che nelle altre nazioni europee stanno elaborando i movimenti o partiti tipo il Labor Party, Il PSE con Podemos, Il partito di Tsipras
o anche i verdi tedeschi, forse usciremmo dal nostro provincialismo , per elaborare insieme un nuovo progetto per una nuova Europa.
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Condivido il tuo pensiero ma poi mi chiedo da dove e come si comincia; sicuramente il primo passo è prendere consapevolezza che i partiti in generale e i partiti della sinistra in particolare, avendo perso su tutta la linea sia in Italia che nel mondo, devono trovare un modo nuovo di comunicare ed eliminare anche nella organizzazione sezioni che non servono a nulla se non a permettere a poche persone, sempre le stesse, di gestire un potere che serve solo a loro ma che non produce, come era una volta, consensi ampi. Penso a luoghi dove ci si possa liberamente riunire per parlare e dibattere i problemi e capaci di fare da cassa di risonanza in città; ma il discorso è troppo lungo e forse sarebbe opportuno una discussione che coinvolga quante più persone ma di presenza
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Mi ritrovo su molte cose che dici. Che bisogna essere radicali ( cioè più di sinistra) nel combattere le disuguaglianze, nel limitare lo strapotere economico delle multinazionali del web, nel combattere i cambiamenti climatici , per la pace contro il neocolonialismo che affama e rende misera la vita di milioni di persone nel mondo. È quello che sostengo da una vita. Il come realizzare tutto questo è il problema dei problemi. C’è un ciclo storico dominato da un’ideologia di destra che dura da ben 30 anni e non accenna a finire. Precarietà, insicurezza , bassi salari, ma fino a quando uno Stato può permettersi una popolazione impoverita oltremodo quando la mia generazione, che ha conquistato diritti e salari e pensioni dignitose, scomparirà? Quale Stato può permettersi questo senza rischiare una rivoluzione o una dittatura che abbia come orizzonte una guerra o una soluzione finale contro qualche nemico inventato? Spero di non vedere tutto questo.
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Anna Luisa, il come Roberto lo ha detto, bisogna essere “radicali” che non vuol dire “più di sinistra”, ma che vuol dire non fare sconti. Un esempio vicino a noi: sull’ambiente non ci possono essere sconti, magari per qualche posto di lavoro, o per qualche risparmio.
Roberto magari confermerà se ho compreso oppure no. Così per i migranti, bisogna essere “radicali” combattere le guerre e gli sfruttamenti, aiutarli a casa loro davvero, opponendosi radicalmente ad ogni guerra e ad ogni tipo di sfruttamento. E via dicendo. Ed è un modo che mi piace, tutt’altra cosa dalla ricerca del successo elettorale a costo di sporcarsi un po’.
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Per Luciano ( e Anna Luisa ) : non lo so , precisamente, cosa voglia dire ” più radicali ” e nemmeno so cosa significhi ,oggi , ” più di sinistra “. Sarei stupidamente superbo se pensassi di poter dare una risposta in tal senso. Ho provato a specificare alcuni temi, assolutamente non esaustivi. Se perseguire il bene comune, combattere le sperequazioni e difendere il Pianeta sono cose di sinistra , allora va bene la lettura di Anna Luisa. Credo , però, che sia arrivato il momento di eliminare alcune etichette novecentesche. Bisogna combattere l’odio. E non c’è dubbio che i confini, i muri , i dazi e la chiusura dei porti siano scelte di odio. All’odio, si sa, si contrappone l’amore. Verso gli altri, verso la nostra Madre Terra. Questo, io credo , dovrebbe essere il nostro orizzonte. Contrapporre , in modo deciso ( e quindi radicale ) l’amore e l’altruismo all’odio e all’egoismo imperanti. Sono ingenuo, un filino hippie ? Forse si. Ma davvero credo che ” All you need is love “.
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