La città, il “fumo” e le cicche.

di PIERO ALESSI 

Il titolo non vuole essere un inganno. Molti avranno pensato che mi volessi riferire al consumo di sostanze più o meno proibite. Non si tratta di questo. E’ solo la constatazione di quanto il nostro territorio, e la città in particolare, abbia stabilito con i fumi, in generale,  un pessimo rapporto a danno della qualità della vita, della salute e dell’ambiente.

Sulle emissioni delle centrali elettriche e sui suoi danni molto si è detto e non penso di poter aggiungere nulla alle sagge considerazioni che movimenti, associazioni, e in definitiva l’intera città, ha prodotto e consolidato negli anni. Anche sui fumi delle navi si è sviluppato un dibattito ed una attenzione che, seppure ad oggi, non abbia prodotto risultati ha quantomeno stimolato una certa consapevolezza. Ancora di fumi si è ragionato in occasione della realizzazione di un “forno crematorio”.

Insomma, si può dire che Civitavecchia ha stabilito un certo malsano rapporto con il “fumo” anche se, a suo merito, ha  dato vita, contro i suoi effetti più negativi, ad importanti battaglie.

Vorrei con i toni bassi, propri di chi apre discussioni di marginale interesse, aggiungere un altro tema che riguarda la salute del nostro ambiente, che non riceve alcuna attenzione e riguarda, sia pure in maniera indiretta, il fumo; in questo caso quello di sigaretta.

Sulla base di quanto pubblicato in Italia, fonte ISTAT, i fumatori sono il 22% della popolazione. Possiamo assumere questa media valida anche per la nostra città. Dunque, in città, sarebbero circa 11.000 coloro che abitualmente fumano. Sempre statistiche nazionali ci dicono che la media delle sigarette fumate da ciascuno è, in via approssimativa, di 10 al giorno. Ora, supponiamo che di queste solo una (stima per difetto) sia finita nell’ambiente. Quindi si parla di 11.000 cicche al giorno, Cioè 330.000 al mese. 3.960.000 l’anno. Moltiplichiamo questo dato per i circa dieci anni che,in base ad autorevoli studi, è il tempo medio di degrado e si arriva a circa 40.000.000. Quaranta milioni di cicche che circolano nel nostro ambiente cittadino (terra e acqua). Naturalmente, nel caso che i “mozziconi”abbandonati siano stati più d’uno per giorno le cifre indicate andrebbero aumentate con una progressione impressionante.

Ho voluto fare riferimento a questa questione perché si tratta di un argomento che non chiama in causa grandi interessi economici, grandi aziende, grandi battaglie ma interroga i nostri quotidiani comportamenti individuali, il nostro senso civico per un verso ma, dall’altro, chiama anche alla responsabilità la pubblica amministrazione, che avrebbe il dovere, con campagne mirate e provvedimenti adeguati organizzare la nostra vita. Purtroppo, da quelle latitudini, non provengono segnali di buone pratiche per affrontare incisivamente il degrado urbano, o iniziative finalizzate a recuperare il senso di comunità e il rispetto per i beni comuni. Inoltre, un comportamento superficiale e sbagliato ingenera un danno per tutti e non preoccuparsene è segno preciso di una grave indifferenza sociale e culturale che si ripercuote in tutti gli ambiti, non ultimo persino quello politico. Se noi tutti, con maggiore responsabilità, non partiamo dal considerare questa martoriata città come un qualcosa che ci appartiene, come un patrimonio da tutelare, non può affermarsi e crescere una classe politica che,  al di là degli schieramenti, abbracci l’impegno politico come un servizio reso e non come un ascensore per affermare le proprie misere ambizioni personali.

Così, viene dimostrato che anche a parlare di cicche e di questioni apparentemente banali si finisce per incontrare la politica, la cultura, il senso civico e l’etica.

Partire dalle piccole cose, alle volte, può significare affrontare i grandi interrogativi del nostro tempo e del nostro vivere civile.

Per finire questo piccolo intervento semiserio vi è un’altra forma di fumo che è altrettanto tossico: esso è rappresentato dalle promesse di chi, privo di passione e competenze, e con buona dose di impudenza si candida, in compagnia della propria arroganza, presunzione ed ignoranza,  a governare città e nazioni intere.