Dalle foci del Marangone a Torre Valdaliga

di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

La Compagnia Portuale ha deciso di finanziare il lavoro di Antonio Maffei (Presidente della Centumcellae) che descrive la storia del nostro porto a partire dal “Grande Approdo dei Tirreni” in epoca, cioè, della Prima Età del Ferro. Entro maggio prossimo il testo dovrebbe essere presentato al pubblico. E’ una sintesi di tutti i lavori di ricerca effettuati da una fitta schiera di nostri concittadini appassionati e professionalmente ben preparati nel dominio dell’archeologia. Fa onore alla Compagnia aver voluto sponsorizzare lo studio di un luogo che rappresentata il “luogo proprio” del lavoro di questa antica compagine.

Di seguito, si anticipa l’introduzione al testo di Maffei.

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Il modello standard che spiega la “rivoluzione villanoviana”,avvenuta nell’Etruria Meridionale a partire dall’inizio della Età del Ferro ( IX secolo),individua nello sviluppo produttivo la causa di un sinecismo concentrato su aree prossime alla costa o in stretto collegamento con vie fluviali. Questa aggregazione urbana che darà luogo alle grandi metropoli di età storica ( Veio, Cere, Tarquinia, Vulci e tutti gli altri grandi insediamenti dell’Etruria Centrale)  sconvolge l’ordine socio-economico esistente nella precedente Età del Bronzo Finale. Da questa rivoluzione emerge una società diversa, meno egualitaria quanto a distribuzione della ricchezza, meno isonomica quanto ai diritti fra  gli individui, non più chiusa ma aperta a culture diverse. Le radici della civiltà etrusca sono da individuare in questo sommovimento economico e sociale.

Questo intenso sviluppo produttivo è posto in stretto rapporto con il commercio mediterraneo , specie greco, che interessa le coste italiane. Lo scambio merceologico è basato, essenzialmente, tra una importazione in Etruria di attività manifatturiere,  ceramica e prodotti della metallurgia, contro una esportazione di materia prima mineraria. Nel corso del villanoviano recente, cioè l’VIII secolo, la marineria etrusca inizia a dotarsi di naviglio valido ponendosi con un certo dinamismo che si tramuterà in seguito in una vera e propria talassocrazia mediterranea. La pirateria etrusca è posta in corrispondenza  con la fase di “ostentazione della ricchezza” ( VIII-VII secolo) che fa seguito alla fase di “accumulazione” del surplus commerciale ( IX secolo).

Questo, in estrema sintesi, il modello generale.

Il lento, laborioso lavoro di esplorazione e di scavo effettuato in decenni da parte della “Associazione Centumcellae”sul litorale , sull’arco del Mignone e sui Monti della Tolfa ha individuato una realtà di grande interesse riferibile al periodo del Bronzo Finale e della Prima Età del Ferro. Se si aggiungono a queste ricerche quelle effettuate dalla Scuola Svedese e dall’equipe franco -tedesca (CNRS e Università di Tubinga), il quadro generale mostra un area che presenta qualche perplessità circa l’accettazione rigida del modello ortodosso sopra descritto. In ogni caso, l’area in oggetto meriterebbe una attenzione maggiore rispetto a quanto fin qui emerso dai maggiori studiosi della materia.

Siamo, tuttavia, ben lontani dall’asserire che  le ricognizioni effettuate in questo lembo di terra possano “falsificare” la tesi standard. Ci si limita ad evidenziare che esistono alcuni punti interrogativi che dovrebbero meritare una risposta puntuale, una riflessione più meditata che, se non sono tali da intaccare il paradigma accettato, possono condurre a formulare casi di eccezionalità o episodi di anticipazione rispetto alle datazioni accolte.

 Fernando Barbaranelli nella sua certosina e professionale ricerca dalle foci del Marangone a Torre Valdaliga ebbe un giorno a scrivere, a mo’ di conclusione dopo il copioso lavoro effettuato, di esser presente ad un vero e proprio “affollamento demografico”: nella costa civitavecchiese non esisteva , nella Prima Età del Ferro, soluzione nella continuità degli insediamenti. Asserendo ciò si rendeva ben conto che quanto rinvenuto era la parte minore dell’esistente dal momento che i lavori del porto traianeo avevano, per sempre, vanificato la parte centrale, forse la più importante dell’insediamento costiero.

Odoardo Toti attraverso la sua opera, che anticipava metodologie oggi in uso comune (Poligoni di Thiessen), individuava un assetto urbano fiorente in  epoca protovillanoviana sui Monti della Tolfa legato alla estrazione del minerale ed aperto al traffico d’oltremare. Le ricerche da parte dell’equipe franco-tedesca sulla Castellina del Marangone sono una piena conferma di questa apertura ai traffici marittimi in età del Bronzo Finale.

Se, per questioni di spazio, ci fermiamo a questi pochi accenni, tralasciando la numerosa schiera dei tanti ricercatori che hanno con passione operato nell’area, possiamo avanzare alcune domande che, come già detto, dovrebbero meritare risposte congruenti.

  1. Le comunità proto villanoviane dei Monti della Tolfa con il loro sbocco portuale della Castellina non sono una testimonianza di una precocità marittima dei “Tirreni”( Si consenta questa denominazione greca). Il dinamismo commerciale tirrenico sarebbe anticipabile?
  2. Con l’inizio della Età del Ferro, come accade in tutta l’Etruria, si assiste all’abbandono delle antiche sedi protovillanoviane per guadagnare siti vicini alla costa. Ciò accade anche per il nostro territorio con l’abbandono dei villaggi dei Monti della Tolfa a favore della linea costiera. Ma la numerosità di questi siti di costa può essere spiegato solo come semplici nuclei di minore entità riferibili al sinecismo dell’area tarquiniese? Non appare sottovaluta l’entità di questo aggregato?
  3. Perché l’area dei Monti della Tolfa non è riuscita a fare sinecismo nonostante la lunga tradizione mineraria e di relazione commerciale marittima?

L’Autore del testo che si sta presentando è stato uno dei ricercatori più fertili nell’area in questione. Il suo lavoro sintetizza anni di ricerche. Si può discutere circa la certezza con la quale affronta il tema della linea costiera nella Prima Età del Ferro attribuendole enfaticamente il ruolo di “Grande Approdo dei Tirreni del Mare”. Ma per essere critici è necessario aver risposto, o comunque aver fatte proprie le domande sopra indicate o, comunque domande similari.

Circa il ruolo di “pirateria”attribuito dall’Autore a questi inizi di marineria se può render perplessi per l’assurdo anticipo rispetto a quando narrato dagli scrittori classici  è opportuno ricordare che l’attività commerciale usuale fosse interpretata, dal punto di vista greco, come atto di ostilità e di molestia stante l’aspra competitività esistente nel commercio di mare. In altri termini, marineria commerciale concorrenziale può farsi sinonimo di pirateria secondo un ottica greca.

Da ultimo, è necessario evidenziare come un esame storico completo renda giustizia di una fascia di costa la cui vocazione da sempre sembra essere stata (data la naturale configurazione rocciosa) quella legata alla funzione di approdo. L’investimento Traianeo non è l’atto nativo della portualità. È solo un momento, un momento di grande dimensione, della storia del luogo.

E’ merito indiscutibile del nostro Autore aver evocato il genius loci di un lembo di terra tirrenica.

CARLO ALBERTO FALZETTI

 

L’immagine inserita nel titolo è tratta dal sito di CARTOGRAFIA STORICA DI ROMA E PROVINCIA. Risale al 1696 ed è di Giacomo Filippo Ameti.