La costituzione del 1948: un equilibrio effettivo tra opposte forze politiche.
di PAOLA ANGELONI ♦
“Qui siamo oltre la dittatura,
questi sono serial killer,
avete davanti dei serial killer
del futuro dei vostri figli” …
“Renzi ha una paura fottuta
del voto del 4 dicembre.
Si comporta come una scrofa
ferita”.
La Costituente del 1946 ha corso il rischio di un isolamento utopistico, ma in effetti è riuscita a creare quella costituzione che molti chiedevano e che era imposta dalla realtà italiana.
La costituzione del 1948 ha visto una continua alternanza tra la sua attuazione ed il momento dell’ evasione costituzionale. Riprende valore solo quando l’equilibrio tra le forze politiche si ricompone. La tentazione autoritaria viene evitata sempre ricorrendo alla conservazione di condizioni di equilibrio effettivo tra le opposte forze politiche e recuperando la prospettiva pattizia segnata nella carta.
La costituzione nasce fragilissima, solo successivamente si impone come legge fondamentale alla realtà italiana. La sua vicenda è legata alle variazioni del tessuto politico e sociale del paese. Sempre la costituzione rimane distante da questo tessuto, avendo la carta costituzionale una costruzione a vocazione pluralista e liberaldemocratica rispetto alla quale l’ambiente politico si mostra poco recettivo. E’ infatti un ambiente poco disposto alla convivenza ideologica, ma orientato verso sbocchi integralisti. Solo nel 1972, con la quinta legislatura, il disegno costituzionale è realizzato. Si giunge al varo delle regioni a statuto ordinario, alla disciplina degli istituti a democrazia diretta, all’approvazione dello Statuto dei lavoratori.
Ancora prima, con l’adozione del governo di centro-sinistra, viene attuata la nazionalizzazione dell’ industria elettrica, l’istituzione della scuola dell’obbligo, l’ammissione delle donne a tutti i pubblici impieghi.
E’ un lungo percorso di attuazione costituzionale. Nel 1956 entra in funzione la Corte costituzionale, per avviare l’opera di revisione della legislazione pre-repubblicana. La Corte deciderà sui temi delle libertà personali, di riunione e di manifestazione del pensiero. Nel 1957 si attiva il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e, nel 1958, il Consiglio superiore della magistratura.
Il “patto costituzionale” rimane sempre sotteso alla carta del 1948. Lo stesso Gronchi, nel 1955, viene eletto capo dello Stato con l’apporto determinante dei voti della sinistra. La Democrazia cristiana deve convincersi a coabitare con le forze socialcomuniste. Alle elezioni del giugno 1953, accantonata la linea degasperiana, la Democrazia cristiana deve considerare ineliminabile la presenza della sinistra marxista nella politica del paese. Ben diverso era il clima degasperiano, dove si sceglie la linea del “congelamento” costituzionale. La ragione è evidente: l’attuazione del garantismo della carta del 1948 metteva in moto limitazioni del suo potere. Il risultato fu che la maggioranza democristiana rimase evasiva sul tema dell’attuazione costituzionale. E dire che la costituente aveva lasciato in eredità al futuro parlamento l’attuazione del nuovo impianto costituzionale. Quando si apre la prima legislatura esiste solo una macchina statale formata da parlamento, governo e capo dello Stato. In pratica non esiste nulla del disegno pluralista voluto dai costituenti (apparati di garanzia, Regioni, istituti di democrazia diretta). Sul piano dei diritti di libertà sopravvivono norme della legislazione fascista (testo unico di pubblica sicurezza, codici penale, civile e di procedura) che seguitano ad essere applicate.
Questo è il processo lentissimo e contrastato degli sviluppi della storia costituzionale. Ma c’è un motivo di fondo, di natura tattica, che fa valutare con sfavore la possibilità di un arresto del processo costituente; socialisti e comunisti sono convinti che l’esperienza centrista avrà breve durata, d’altro canto non vedono alternativa alla politica della ”mano tesa” alle forze cattoliche (patto di Salerno). La Democrazia cristiana, come forza di governo, è tutta legata al gioco internazionale e rigidamente conservatrice, mentre il partito, in seno all’Assemblea costituente, è aperto alle istanze di base e alla vocazione riformista. Non si vuole pertanto una rottura, ma unità interna del partito.
Ma il processo contrastato della storia costituzionale ha altri motivi di fondo. Sono i problemi di politica contingente che più toccano gli interessi del paese ed attengono alle vicende della crisi economica, all’ordine pubblico, alle relazioni internazionali. Sono problemi affidati al dominio dell’esecutivo e in particolare di De Gasperi, incline a rivendicare le prerogative governative. L’Assemblea invece non riesce ad essere cassa di risonanza della vita politica del paese.
I costituenti mirano alle distanze lunghe, pienamente consapevoli della portata storica del loro ruolo e, in seno all’aula di Montecitorio, l’UNITA’ ANTIFASCISTA resta unico punto di riferimento utilizzabile ai fini di un programma dello Stato per le generazioni future.
Atteggiamento di completo distacco, quindi, e di generale separazione durante l’intero corso di lavoro tra gli indirizzi di politica costituzionale elaborati in seno all’Assemblea e gli indirizzi di politica contingente formulati dall’esecutivo. E’ il dominio dell’esecutivo ed il controllo parlamentare incontra così notevoli difficoltà. E’ De Gasperi che rivendica le prerogative governative, specie nei rapporti internazionali. Il nodo, appunto, è l’operazione politica di De Gasperi, che pone come primo punto il risanamento economico proposto dal governo, perseguito a spese delle riforme progettate e sostenute dalla sinistra.
La strategia delle grandi forze politiche è, dunque, mutata. Fin dai primi mesi del 1947 viene superata la prospettiva unitaria dei Cln, nel giugno del 1947 l’Assemblea registra il “colpo di Stato“ di De Gasperi. Viene così definito nell’intervento di Togliatti durante il dibattito sulla fiducia (20 giugno 1947); secondo Togliatti l’eccezionalità del regime costituzionale provvisorio avrebbe imposto, fino all’entrata in vigore della Costituzione, solo governi rappresentativi di tutte le principali forze politiche. Il viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti, nel gennaio del 1947, sancisce il definitivo allontanamento dei comunisti e dei socialisti dall’area di governo. Ben diverso era il clima politico prima dell’ estate del 1946, fondato su di un processo di intesa sul progetto dell’Assemblea costituzionale. Tale progetto vide la luce come costituzione repubblicana, approvata il 22 dicembre 1947, con 453 voti favorevoli e 62 contrari, frutto di un equilibrio effettivo tra le opposte forze politiche.
PAOLA ANGELONI
Bibliografia : Italia 1943-1950 La ricostruzione. A cura di S.J.Woolf.
Domanda: la Costituzione è mai stata faro e “linea guida” dell’azione politica in questo paese? O è stata per lo più una sorta di ostacolo alle strategie di vario colore?
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In senso retorico la Costituzione è un ” faro ” per l’ azione politica del Paese.Il messaggio che vorrei mandare- e vale anche per la grave situazione presente- è che , allora, le forze riformiste e rivoluzionarie ( CLN e partito comunista) aderirono alla realtà storica dell’ Italia, caratterizzata dalla disgregazione. Non giunsero alla rottura con la conservazione, ma furono obbligati alla politica di unità nazionale. Questo nobile compromesso che è la Costituzione nella sua intoccabile prima parte ” deve” essere linea guida dell’ azione politica.
Coloro che oggi affermano il NO per fare la rivoluzione sappiano che con l’ attuale disgregazione in atto nel Paese i tempi non sono maturi, come non lo furono nel Risorgimento e con la Resistenza , origine della carta costituzionale. In definitiva, sono state rivoluzioni passive, dove il popolo non è stato mai protagonista, mentre i ” Padri ” ( Mazzini e Togliatti ) furono costretti dalla realtà oggettiva a subordinare ogni istanza rivoluzionaria a quella dell’ unità nazionale.
Ci riusciranno Grillo e Salvini a fare la rivoluzione di Popolo ??!!
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Mi scusi,signora Paola,ma lei non è stata chiarissima: al netto di Grillo e Salvini,che c’entrano come i cavoli a merenda,lei è per difenderla e mantenerla la nostra bella Costituzione,o è tra quelli che la vogliono scarnificare…ce lo dica chiaramente,la prego.
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Riformulo la domanda: poniamo che vinca il SI, fra dieci anni torneremo a votare per restituire il potere che adesso si toglie alle Regioni con qualcuno che ci dirà che s’ha da fare per far funzionare meglio la publica amministrazione, per dare voce ai cittadini perchè tutti staremo meglio e viceversa stessi slogan degli attuali? Allora la domanda vera è: non è che la Costituzione è ed è sempre stata una scusa o un impiccio a seconda delle convenienze, e quindi tutto meno che ciò che dovrebbe essere? Se fosse così, non ci sarebbe, infine, necessità di riformare la “politica dei partiti”?
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Ipazia, Grillo e Salvini sono posti nel frontespizio, per marcare la differenza tra il linguaggio di oggi e quello sofferto dell’assemblea costituente nel 1946. Certo, anche io come Lei avrei preferito porre come frontespizio il monumento ” Lo avrai, Camerata Kesserling” di Piero Calamandrei, ma le nostalgiche come Lei che voteranno NO al referendum, devono aver coscienza che la scena politica sarà ancora nelle mani di conservatori ” tecnici ” come Monti e di nuovo schiava di populismi alla Grillo e Salvini ed ancora soggetta all’ ignoranza civica dei Di Battista, che si sono assunti il compito storico di cambiare l’ Italia, pur non conoscendo nulla della storia d’ Italia. Io voterò SI e manterrò intatta la Parte Prima della Costituzione. Ma il mio impegno civico l’ ho già mantenuto, insegnando per anni a leggere la Costituzione, forse poco, forse non abbastanza…
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Vede,signora Paola,io non mi sarei aspettata da lei che usasse,a giustificazione del suo Sì alla riforma,il trito argomento del dopo,del Paese che va a finire in mano ai Monti, ai Salvini o ai Grillo et similia.Tale argomento avrebbe dovuto lasciarlo a prerogativa degli sciocchi o dei troppo furbi,e dimostrarmi quali “magnifiche sorti e progressive” attendano l’Italia con l’entrata in vigore del nuovo testo.Non può farlo,perché lei sa,meglio di me,che con la nuova Costituzione tutto il potere si concentrerà nelle mani dell’esecutivo e sa,meglio di me,che ciò costituisce l’anticamera di ogni regime dittatoriale o,per lo meno,autoritario.E’ questo che si concede,pur di non far cadere il Governo,uno dei Governi più antipopolari che abbia conosciuto il nostro Paese?Veramente si mette a repentaglio la democrazia,per tenere in piedi chi ha distrutto cento anni di lotte operaie,attraverso la legge di riforma dei rapporti di lavoro? Sconsolante! Veramente nella sua nota qualcosa di consolatorio c’è: se lei ha spiegato per tanti anni la nostra Costituzione,e sono sicura che lo ha fatto con tutta la passione civile di cui è capace,i suoi alunni,il quattro Dicembre,non potranno che votare No,e di ciò potrà andare orgogliosa.
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Paola, credo tu abbia colto nel segno perché credo fosse ben chiaro anche per chi contribuì alla stesura della nostra bella Costituzione che alcune parti si sarebbero dovute adeguare ai tempi futuri. E’ interessante rileggersi l’intervento di Piero Calamandrei nell’Assemblea Costituente del 4 marzo 1947 per meglio comprendere questo spirito. Bravissima
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