MERITO E COMPETENZE
di TULLIO NUNZI ♦
Chissà se in questa città si abbia la consapevolezza di come da parte di tutti i partiti politici, e non solo, si sia sempre praticato “quell’estetismo della fedeltà’” tipico di una politica e di un modo di intendere arcaico e stantio.
Credo che gran parte dei problemi derivino proprio dalla incapacità di applicare nelle scelte economiche fatte, le categorie del merito e delle competenze.
Problema che tutti si dovrebbero porre, in particolare nelle scelte di società partecipate comunali e non o di società pubbliche o semi pubbliche.
Il costo del non merito e dell’incompetenza infatti ha determinato una classe dirigente mediocre; molto spesso non preoccupata del futuro di imprese e cittadini, bensì preoccupata a preservare se stessa.
A ciò si aggiunga che scelte fatte per vicinanze politiche, e non per merito hanno impedito di riattivare l’ascensore sociale, che avrebbe permesso di dare speranze ai giovani, oggi assai critici verso questo tipo di politica.
Un giovane che vede scelte fatte per semplice fedeltà, e molto spesso nei confronti di incompetenti, che si spacciano per manager (alle vongole) concorderebbero con quello detto da un premio nobel” un sistema che premia pirati, produce pirati, non ingegneri”.
Allora la speranza è che la politica, a mio avviso determinante per favorire processi economici, non vi entri direttamente, né sia pervasiva e tracimante; a politica deve avere forme di rappresentanza, non controllare ampie fette del sistema produttivo ed economico, utilizzando una cultura ormai arcaica che privilegia i valori dell’appartenenza al senso civico che promuove gli obbedienti e mette da parte gli indipendenti (anche se svegli).
Familismo, clientelismo demerito, tutte parole fruste che dovrebbero sparire dal vocabolario della buona politica, e che permetterebbero di mettere fine a quella “lottizzazione dello spirito” che ha creato danni irreparabili e mediocrità gestionali, a scapito di imprese e cittadini.
TULLIO NUNZI
La politica dovrebbe essere capace di riformare se stessa, cosa propedeutica alla riforma del paese, ma al di la delle buone e sincere volontà di alcuni, questa fa finta di nulla e preferisce spacciarsi per riformatrice avendo come obiettivo la propria legittimazione che la conservi negli anni. Così è per la burocrazia, ha bisogno di legittimarsi, per far ciò non può adottare principi di semplificazione e vera meritocrazia, deve mantenere la “necessità” di mettere il timbro, ad ognuno il suo. In queste “necessità” si innestano tutti i meccanismi che ben conosciamo. Tutto è istruito al mantenimento dello stato delle cose. E chi è pubblico dipendente lo sa bene.
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Articolo breve, succinto, chiaro e soprattutto vero. Spesso non occorre scrivere pagine intere per sviscerate verità che si possono riassumere in poche righe. Il problema è che la politica e’ perfettamente conscia di questo, ma dovendo alimentare se stessa fa finta di non vedere e continua a privilegiare se stessa tenendo tutti a bada con piccole elargizioni comuni non interessandosi a progetti reali di sviluppo che li costringerebbe a fare scelte assottigliando il numero dei propri consensi. Ma ormai credo che la corda sia arrivata al limite.
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D’accordissimo solo così si spiega come hanno fatto certi colleghi a stare sempre in mezzo e non dico altro
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