il DI MAIO – manuale di storia per la scuola media
di ETTORE FALZETTI ♦
“Il Novissimo testo che riscrive veridicamente l’intera storia mondiale all’insegna dell’ onestà, della competenza e del rigore scientifico”
(Affinton post)
Cap 1: storia medio e vale
Nel 712 alle quattro meno un quarto il califfo Usain Bolt al Hoseini sbarcò nel porto di Madrid al comando di oltre diecimila guardie ecologiche in bicicletta e da lì dilagò in tutta la penisola siberica. Desiderava il riscatto della millenaria cultura islamica contro la casta cristiana che per lungo tempo aveva oppresso la Palestrina dopo la crociata del III secolo avanti Cristo, finanziata dalla lobby dei lebbrosi.
Dopo la vittoriosa battaglia di Ronzisvalle contro le armate di Ruggero Orlando e Cristiano Ronaldo, il califfo varcò gli Appennini e occupò la Sciampagne devastando i vigneti da cui ricavavansi bevande destinate a allietare le corrotte serate di grandi banchieri e disonesti lacchè dei poteri forti. Contro di lui si armò Carlo Martelli, sinistro (ma non troppo) figuro, già in passato colluso con il maggiorduomo di palazzo Bettino Cracksi. Lo scontro decisivo avvenì a Puah tié, dove il califfo perse, ma ai supplementari per un rigore assai dubbio.
Decisivo per la vittoria fu il sostegno insperato dato ai crociati da Cunibrando, re del Ponto, che accorse con un seguito di trentamila carabinieri sommozzatori, mille hacker, seicento pusher, dodici bimbiminkia, centosettanta auto blu e non meno di centoventimila volontari della protezione civile che percepivano un soldo di 40000 denari al mese (ma forse alla settimana o all’anno, la questione è storicamente controversa).
Aveva allora Cunibrando un’età fra i trenta e i trentuno anni. Neppur trentenne, dopo la vittoria nella tappa dello Stelvio, aveva assunto il comando generale delle armate pontine su incarico del sostituto procuratore Gargiulo, dietro pressione del margravio di Toscana Matteo di Rienzo, ma contro la volontà della gente honesta del contado che lo accusava di reiterati genocidi di pollame.
I cronisti dell’ epoca ce lo descrivono alto, biondo, con ricciuti capelli corvini e di bassa statura, di fragile costituzione fisica e di imponente muscolatura. Glabro, con una lunga barba rosa che gli scendeva al petto, strabbico all’ occhio destro, con una marcata balbuzzie, aveva un forte ascendente sui soldati grazie alla sua fluente e profonda voce e allo sguardo magnetico. Era solito, alla vigilia dei combattimenti, incitare le truppe con fiammeggianti orazioni funebri e un grido di battaglia sonoro e feroce, il suono dei gaiser, mutuato da guerrieri vichighi, come testimoniato da Strabone, Travaglio e Caressa.
Dopo la vittoria Carlo e Cunibrando insequirono il nemico fino alle lontane Americhe con Isabella , tre caravelle e un cacciaballe, come afferma il Fò. Fu a Santiago di Venezuela che Usain, ormai stremato, chiedette e ottenette un onorevole resa grazie alla mediazione del caciucco del luogo, Pino Chet secondo, detto il rovina popoli.
Respinta l’ offensiva e tornati in patria, Carlo Martelli e Cunibrando si darono alla riorganizzazzione dell’impero casalingio (l’etimo è incerto, ma pare che il formaggio non c’entri) all’insegna dell’onestà e della conpetenza, costituirono un direttorio eletto da tutto il popolo delle reti (pescatori, cacciatori di quaglie, attaccanti argentini). Tale direttorio era composto da due persone, di cui due di diritto, Carlo e Cunibrando, gli altri a rotazione. Le leggi venivano approvate per schiocco delle dita da tutto il popolo riunito nelle arengarie: quelle che ricevevano lo schiocco più sonoro –a inzindacabbile giudizio del direttorio- entravano immediatamentemente in vigore e vi restavano fino ai vespri del giorno successivo. Grazie a questo sistema politico avanzatissimo, basato sulla volontà generale, e ad armate motivate e fedeli, i casalingi estendettero progressivamente il loro potere non solo su tutto il continente, ma anche sull’incontinente disgregando ogni artificiosa e corrotta organizzazione a carattere sovranazionale, dall’Internazionale FC di Milano alla Nazionale senza filtro e all’Eurospin. Soggiogate le barbariche tribù silvestri degli hollandesi e dei merkelmanni imposero giuste e honeste leggi e sobri costumi, proibendo loro la selvaggia pratica guerresca e truculenta dei giochi olinpici che furono sostituiti col Vaffae dies, gioconda e pacifica festa canora.
Riunita ormai in pace l’Europa dagli Appendini alle Anne, Cunibrando tornò nelle paludi Pontine dove fondò la città di Littoria, oggi nota come Frosinone, dove si ritirò per il resto della sua lunga vita avendo ben sedici mogli da quattro figlie diverse.
Rimasto solo al comando, Carlo, convertitosi al Bignamesimo, si dedicò a promuovere la cultura avvalendosi della guida illuminata del Beato Kitesephìla cui si deve fra l’altro la codificazione dell’alfabeto casalingio composto –con mirabile ed efficace sintesi- da sole due vocali, tre conzonanti, un laik, un dontlaik, due asterischi, un cancelletto e dal pittogramma 😛 . Questo articolato alfabeto attraverso svariate conbinazioni consentiva di esprimere compiutamente gli oltre 34 lemming di cui si componeva il ricchissimo vocabolario casalingio.
Nel 687, all’una meno venti, Carlo morì assassinato da alcuni sigàri toscani al soldo della Società segreta Bilderberg & Bilderberg, ma lasciava dietro di sé la più grande, compatta e civile compaggine statale che il mondo avesse conosciuto dai tempi di Checchennina, la leggendaria regina di Babilonia e Calzedonia.
Fu sepolto con tutti gli onori sotto il letto del fiume Pasubio, a poche decine di migliaia di miglia dal villaggio che gli aveva dato i natali cinquantaquattro anni e dieci minuti prima.
ETTORE FALZETTI
Grande Ettore, così ti riconosciamo! Paola e Marcello
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Ben sai, Paola, che parodie e nonsense mi hanno attratto fin dai tempi del liceo. Su Facebook tu fai riferimento alla Bustina di Minerva provocandomi un qualche rossore. In effetti Eco considerava il parodiare un lubrificante della macchina culturale e addirittura un dovere intellettuale. Alcuni accademici paludati consideravano i suoi divertissements con parodie, calembours e paronomasie un vezzo da semiologo e non nascondevano un certo imbarazzo nel vedere il famoso collega trattare temi di una qualche importanza attraverso generi così minori. Io credo che afferrassero meno della metà di quello che Eco scriveva; se magari avessero riletto una seconda o terza volta, probabilmente avrebbero compreso (oltre a ulteriori significanti dettagli) quanto il farsesco possa essere più efficace –su identiche questioni- della denuncia indignata.
Ringrazia Marcello del consenso, oltre che -naturalmente- del prezioso lavoro che presta per la riuscita del blog.
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L’articolo mi ha fatto molto sorridere! In ogni caso, nel mio minimo interesse per la politica, penso che di gaffe ne siano state fatte tante, e non tutte da Di Maio (mi viene in mente Renzi che parla di “palestiniani”), né tutte hanno scatenato così tanto clamore. Lei che ne pensa?
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Vero, le gaffes sono equamente diffuse, magari però qualcuno parla oltre le sue possibilità. Per quanto mi riguarda ho preso spunto dalla più recente e clamorosa
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Ho impiegato 30 secondi a leggere questo articolo, con vivo piacere. Arrivato in fondo capisco che a rileggerlo, certo di ritrovare altri significati e messaggi. Leggendo poi i commenti vedo che sono in compagnia di estimatori di Umberto Eco del quale molto ho letto, e, quando l’ho letto, l’ho fatto sino all’ultimo punto. Cosa che non posso dire per altri autori dei quali al massimo giungo alla decima pagina. Ci sono pagine che rileggi più volte per capirne qualcosa, spesso invano, quelle di Eco le rileggi non per capirle ma per afferrarne ad ogni passaggio qualche cosa in più, ciò che al primo passaggio è sfuggito. Ho idea che molto m’è sfuggito di questo articolo, lo rileggerò, ma permettetemi di non far uso di “like”, mica per niente, ma per quella cappa che mi sa tanto violenta, non è forse vero che è spesso usata come rafforzativo? Odio i rafforzativi, sanno tanto di arroganza e prepotenza. Perciò niente “like” ma certo un bel “mi piace” non te lo leva nessuno.
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potresti usare il laik casalingio..
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Wow divertente
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ma anche, come dice Nicola qui sotto, tragico
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“Penso che talvolta l’umorismo sia più tragico del tragico perché meglio sa raccontare la tragicità del nostro tempo. L’umorismo è l’intuizione dell’assurdo”. Se lo diceva Ionesco che faccio, non mi associo?
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Come potresti non associarti tu, più volte mio sodale nel genere? D’altra parte la cantatrice calva si pettina sempre allo stesso modo..
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