Realtà virtuali ed esperienze reali

Ricordi di una città virtuale agli albori della rete.
di LUCIANO DAMIANI ♦
Negli ultimi anni novanta la rete, che andava a 14,4 kb secondo, iniziava a produrre esperienze davvero nuove. Il tempo era quello nel quale ci si collegava alla rete digitando il numero telefonico, per molti ancora interurbano. Una specie di scatola emetteva una sorta di trillo modulato un biiibiribip indicava il tentativo di connessione, dalla sua modulazione capivamo se l’operazione era riuscita oppure no. I gigabyte non si immaginava che esistessero. La rete comunque, iniziava a produrre esperienze importanti, le persone iniziavano ad interagire in modo un po’ più complesso di ciò che concedevano le “blackboard”, le bacheche nere dove ci si poteva solo scrivere del semplice testo bianco similmente ad un gesso sulla lavagna, il monitor da verde era appena passato alle migliaia di colori. Questa era l’epoca, un signore dal nome fantasioso Clay, aveva messo, su un server di un amico, delle pagine fantastiche, nel senso di fantasiose, oggi le chiameremmo “fantasy”, nelle quali lui e qualche amico, vestiti i panni di dame e cavalieri, popolavano con i loro scritti quello che fu dall’inizio chiamato il “Castello del Net10”. Come spesso accade, in ambienti in pieno fermento, le idee si moltiplicano, lievitano e si autoalimentano così che l’originario castello fantastico prese le sembianze di una vera comunità virtuale che man mano prendeva forma ed acquistava tutti gli aspetti di una Città Virtuale, era il 1996, con i suoi rioni tematici le sue strutture ecc. Il ricordo è ben vivo, ne feci parte dapprima come semplice cittadino, con una casa di benedite udite, 20Mb., nella quale pubblicare le mie cose, poi acquisendo nuove funzioni come responsabile di quartiere e di iniziativa e quindi come Sindaco della città. La città fu battezzata col nome di Pegacity, rappresentata da un ciuchino alato, una sorta di Pegaso. Questa esperienza proponeva rioni tematici nei quali, ogni iscritto, aveva gratuitamente un suo spazio web, poteva partecipare alle attività del rione e della città. Ogni rione aveva un responsabile eletto che partecipava al “Consiglio Comunale” che decideva sulle attività sociali e generava il governo cittadino con i suoi assessori e sindaco. Ogni riunione era verbalizzata accuratamente e il verbale pubblicato, i cittadini potevano porre questioni sullo stesso, porre domande o proposte che dovevano essere obbligatoriamente discusse in consiglio. Ogni rione aveva le sue attività, ad esempio il quartiere degli artisti diede vita ad una galleria d’arte nella quale venivano esposte le opere di computergrafica realizzate dai cittadini. La cosa notevole di tutto ciò fu però l’esperienza di democrazia virtuale, le riunioni virtuali spesso impegnative e combattute, la necessità statutaria di rispondere esaurientemente alle istanze dei cittadini e lo spirito collaborativo fu premiato da una grande partecipazione. Gli iscritti erano migliaia e le iniziative erano davvero molteplici. Avevamo anche un periodico mensile Pegazine, a cui partecipavo, con tanto di rubriche, editoriale compreso. All’epoca, era il tempo della migrazione di albanesi, uno dei nostri redattori entrò in un campo e ne fece un bel pezzo giornalistico. I redattori erano in buon numero, sicuramente più di dieci, compresi alcuni professionisti, a coprire tutta una serie di rubriche, dalle interviste impossibili, ai personaggi del passato, ai servizi sulle problematiche di genere. Insomma era un periodico piuttosto corposo. Ogni primavera ci si incontrava dal vivo, ed io, non ricordo l’anno, organizzai l’incontro qui a Civitavecchia. Riuscii ad organizzare una visita guidata alle Terme, allora chiuse, grazie all’aiuto del dott. Toti, che certo non se ne ricorderà. Andai a trovarlo in farmacia, gli chiesi come avrei potuto fare e lui mi diede le info ed i numeri giusti. Insomma riuscii a farmi aprire quel cancello, se non ricordo male mangiammo cacciagione da Tramontana. Ciò a dimostrare, se mai ce ne fosse necessità, che il virtuale, quando produce attività e rapporti umani, non è poi tanto virtuale. Il rapporto, fatto dapprima di condivisione di idee ed iniziative, a volte sfociava in vere amicizie. Una di queste persone l’ho ritrovata ed incontrata dal vivo solo pochi mesi fa, con grande gioia.
Come tutte le cose di questo mondo arriva sempre una fine, arrivò dopo qualche anno di attività anche per Pegacity, se la memoria non inganna una delle uniche due comunità virtuali del tempo, l’altra era Clarence. La nostra città, che si era mantenuta esente da spazi pubblicitari e che offriva spazio libero e gratis ai suoi abitanti, si trovò a fare la scelta, farsi pagare, ospitare spazi commerciali oppure chiudere i battenti. La decisione fu difficile, io avevo già passato la mano, ma comunque ricordo che la decisione di terminare l’esperienza fu difficile e dolorosa, ma fu quella che prevalse, così Pegacity spense le sue luci. So che qualcuno anni dopo provò a riaprirla ma non ne seguii le sorti, certe cose sono irripetibili, per lo meno certe emozioni sono difficili da replicare ed anche gli anni fanno la loro parte.
Ho trovato qualche scampolo di notizie e numeri negli archivi digitali nascosti nella rete, ad esempio nel settembre del 2003 la città contava 15365 abitanti, 18 quartieri tematici, 16 iniziative di rilievo.
Il 30 novembre 2003 la città termina l’attività, il server sul quale Pegacity occupa 2 Gigabyte di spazio ed un traffico medio 300kb/sec viene definitivamente spento, all’epoca erano cifre importanti per permetterne la gratuità. Dopo 8 anni di attività e passione il cicchino alato, simbolo della città, cesso di sbattere le ali.
M’è stato chiesto di condividere in questo Blog la mia esperienza, lo faccio con piacere e con un pizzico di commozione, del resto le esperienze forti lasciano il segno nel profondo delle persone.
La foto che rappresenta l’articolo era la grafica di una “campo” di un quartiere della città, le scritte sui palazzi indicavano le case degli iscritti, i portoni pulsanti attivi, e le frecce portavano lungo altre vie in altre piazze. Ogni quartiere era rappresentato in modo diverso e caratteristico.
LUCIANO DAMIANI